Cop 21, di cosa parliamo quando parliamo degli accordi sul clima di Parigi (aspettando Trump)
01 Giugno 2017
Come al solito Donald Trump tiene tutti con il fiato sospeso: gli Stati Uniti usciranno o no da “Cop 21” gli accordi sul clima siglati a Parigi qualche anno fa? Per i giornaloni la risposta è scontata: il Don è pronto a portare fuori gli Usa da Cop 21. In realtà, sapremo precisamente cosa ha in mente Trump intorno alle 21 di oggi ora italiana, quando il presidente americano, come ha annunciato, farà sapere che decisione ha preso.
In attesa di scoprirlo, vale la pena farsi qualche domanda. Le associazioni ambientaliste che a Parigi manifestarono contro Cop21, dicendo che contenere le emissioni inquinanti entro il 2 per cento era troppo poco, bisognava scendere all’1,5, cioè a livelli pre-industriali, adesso si stringono a coorte pur di salvare il salvabile. A quanto pare, Cop21 è diventata la nuova ridotta dell’associazionismo ecologista. E’ pur sempre una notizia.
Del resto Cop21 rappresenta per molti il minimo sindacale, all’epoca fu giudicato più che altro un successo diplomatico, certo non una vittoria, dopo il fallimento conclamato dei precedenti vertici sul clima, da Kyoto a Copenaghen. E allora viene da chiedersi: è su questa base che il sindaco di New York, De Blasio, chiama all’insurrezione gli altri primi cittadini americani dicendo che se Trump dovesse far uscire gli Usa da Cop21 lui gli accordi li applicherà lo stesso nella Grande Mela? Si accontenta di poco, De Blasio, pur di dare addosso a Trump.
Oltre agli ambientalisti e a De Blasio, lascia perplessi anche la posizione assunta dalla Cina, uno dei grandi inquinatori mondiali, con intere città che vivono e lavorano sotto una fitta coltre di polveri, e che in passato aveva sempre avuto un atteggiamento ostativo verso gli accordi climatici: Pechino si scopre alfiere degli accordi di Cop21, come per De Blasio, usati strumentalmente per cercare di mettere nell’angolo il Don.
Ma la domanda vera in fondo resta una sola: è credibile, oltre che sostenibile, un modello di sviluppo fondato unicamente sulle fonti energetiche alternative o rinnovabili? Per adesso non lo è. E questo non lo dice soltanto Trump, che dal supergasdotto con il Canada agli accordi con i Sauditi ha sempre ripetuto che la sua America non rinuncerà alla fonti fossili, petrolio e gas. Lo dicono anche molti scienziati: finché non troveremo delle fonti energetiche meno costose di quelle fossili non potremo modificare radicalmente i nostri modelli sociali, produttivi e di consumo. Chi dice il contrario, dice una bugia.
Intanto, aspettiamo di conoscere quale sarà la decisione di Trump, un presidente che ci ha abituato sempre a nuove sorprese, e anche sul clima non è detto che reciti un copione già scritto da altri.