Corea del Nord, non sarebbe male espellere Pyongyang dall’Onu

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Corea del Nord, non sarebbe male espellere Pyongyang dall’Onu

29 Maggio 2009

Il difetto peggiore di uno “stato canaglia” è che non ci si può fidare di lui. Ecco perché la Corea del Nord fu inserita nella omonima lista già dall’amministrazione Bush. Un altro problema di questi stati è che, per tenerli sotto controllo ricorrendo unicamente alla diplomazia, bisogna affidarsi alle risoluzioni di condanna del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Pyongyang naturalmente ne ha già una pendente e negli anni scorsi, quando è stata messa all’angolo, isolata e minacciata dalla comunità internazionale (cioè quando la Russia e la Cina hanno mediato con le potenze occidentali in Consiglio di sicurezza). Allora il regime comunista fece un passo indietro, temendo che tirando troppo la corda alla fine sarebbe stato bastonato.

E’ la stessa crisi che stiamo vivendo in questi giorni, con le migliaia di soldati americani che affiancano l’esercito e la marina della Corea del Sud messe in allerta per rintuzzare un’eventuale attacco nordcoreano. Il Pentagono, ad ogni modo, non ha rilevato movimenti di truppe da parte della Corea del Nord e non ritiene al momento che sia necessario aumentare il contingente americano di 28.000 uomini presente attualmente nella regione. Ad affermarlo è il ministro della Difesa statunitense Robert Gates.

Per gli esperti di strategia di Pechino, Washington, Tokyo e Seul, è più probabile un conflitto lungo e a bassa intensità, che probabilmente coinvolgerebbe le rispettive flotte, come accaduto già nel 1999 e nel 2002. Ecco spiegato perché dal Pentagono non ritengono necessaria una nuova immissione di forze armate sul terreno anche se, va sottolineato, già una volta le valutazioni si sono dimostrate sbagliate e l’errore ha condotto proprio all’escalation degli ultimi mesi (da fine 2008 in poi): il rifiuto delle ispezioni nei siti nucleari, il lancio del missile a lunga gittata del 5 aprile e – ormai è storia recente – i nuovi esperimenti nucleari e missilistici che si sono succeduti da lunedì.

La notizia è che da ieri in Consiglio di sicurezza circola una nuova bozza di condanna degli esperimenti missilistici di Pyongyang (redatta da Stati Uniti e Giappone), con un invito a sottoporre il regime a sanzioni più dure di quelle già previste. John Bolton, l’ex ambasciatore americano alle Nazioni Unite, ha suggerito di espellere la Corea del Nord dall’Onu e non sarebbe una cattiva idea. Ma il problema è il “cui prodest”. Perché il regime juchista sta spingendo il Paese verso un isolamento ancora peggiore di quello in cui vive attualmente?

Alcuni osservatori sostengono che l’avventurismo di Kim Jong-il, un dittatore-zombie che guida il Paese sparendo e riapparendo in pubblico come in un film horror di serie B, non sia altro che un modo per terrorizzare la popolazione con la minaccia di un attacco esterno. Lo farebbe, dicono, per favorire l’ascesa di qualcuno dei suoi squali. Il 67enne leader nordcoreano è reduce da un ictus e il tempo a disposizione per trovare un successore inizia a scarseggiare. In questo quadro le schermaglie con la comunità internazionale servirebbero a serrare le fila, reprimere ogni forma di dissenso, puntando sulla propaganda patriottica, il controllo poliziesco e l’oppressione della popolazione –giustificata – secondo il leader – da cause di forza maggiore.

Si tratta comunque di un conflitto a due velocità. Da una parte ci sono gli strappi accelerati della Corea del Nord, dall’altra l’Onu che promette una risoluzione di condanna entro martedì, quando ormai la situazione potrebbe essere cambiata. La stessa ipotesi di sigillare i confini del Paese non spaventa Pyongyang: “E allora? Siamo sotto embargo da 20 anni”.