Cosa c’è alla base delle divergenze tra Ue e Usa sulla Nato

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Cosa c’è alla base delle divergenze tra Ue e Usa sulla Nato

Cosa c’è alla base delle divergenze tra Ue e Usa sulla Nato

03 Aprile 2008

Le divergenze tra USA ed Europa sulla
NATO non sono un focolaio di crisi nelle relazioni atlantiche.

Sdoganare questo concetto, purtroppo, non
è facile. Eppure quello che sta avvenendo a Bucarest è un fenomeno molto diverso
da una autentica crisi atlantica. E’ vero, casomai, l’opposto: a fronte di una
strategia atlantica comune in costruzione, si registrano qua e là divergenze
tattiche.

D’altra parte, sarebbe improprio cercare
parallelismi tra Schroeder e Chirac, da una parte, e Merkel e Sarkozy
dall’altra.

E dire che proprio quest’ultima, invece,
è la linea seguita dai think tank americani, tipo la Heritage foundation, che
gridano al tradimento da parte dei cugini d’oltreoceano (significativo il pezzo
di Nile Gardiner della Heritage pubblicato sul settimanale neocon Weekly
Standard: “A Two-Tier Alliance“, che si può leggere liberamente all’URL http://www.weeklystandard.com/Content/Public/Articles/000/000/014/932bkxzu.asp).

In realtà, la similitudine più adatta a
descrivere gli eventi è forse quella del diverbio tra due coniugi (UE e USA)
sull’atteggiamento da tenere con un cognato di peso (la Russia).

Dall’epoca in cui Dominique de Villepin
tuonava contro Washington all’ONU, e i tedeschi seguivano a ruota la linea
francese, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero parecchia.

Berlino ha ripreso il ruolo di
interlocutore privilegiato degli Stati Uniti in Europa continentale,
riannodando i fili di una tradizione che risale all’epoca del Piano Marshall e
attraversa l’intera Guerra Fredda. Per interrompersi bruscamente sotto il
mandato di Gerhard Schroeder, molto attento a cavalcare l’antiamericanismo
diffuso in non pochi strati della popolazione tedesca, nel segno di un’intesa
totale con i vicini francesi.

Parigi, dal canto suo, ha segnato una
“rupture” – anche se in politica estera non è drastica come viene fatta
apparire – con il passato recente, e si sta dando un gran da fare  a rinsaldare le relazioni con l’altra sponda
dell’Atlantico.

Una linea atlantista che passa giocoforza
dal rientro nella NATO, da cui la
Francia gollista si era estraniata nel 1966. Se lo ricordano
ormai in pochi, quel fatidico anno: il 10 marzo 1966, in un promemoria
indirizzato alle altre 14 nazioni che all’epoca facevano parte della NATO, il
governo francese manifestò l’intenzione di ritirare il personale francese dal
quartier generale militare integrato della NATO, di non lasciare più le forze
francesi sotto comando internazionale e di richiedere l’allontanamento dal
territorio francese dei quartier generali della NATO, delle unità alleate, e
delle altre installazioni e basi che non fossero sotto l’autorità francese.

A questo punto, con Parigi e Berlino di
nuovo insieme e filo-atlantiste più che mai, il nodo non è più se stare con gli
USA o ballare da soli. Gli eventi politici ed economici dimostrano che
l’attuale frammentazione globale (il modello “a palle di biliardo”, tutti
disuniti e per conto proprio) è pericoloso per la stabilità del sistema.

Solo una grande alleanza, con una
dimensione tale da assorbire al proprio interno le innegabili differenze di
vedute dei propri consorziati, può garantire i “checks and balances”, pesi e
contrappesi capaci di evitare crisi ultimative.

Proprio sulla composizione di questa
alleanza si registrano divergenze tra Europa e Stati Uniti. La prima, infatti,
ha un approccio più conciliante con la Russia, mentre la seconda non ha ancora
rinunciato del tutto a giocare un ruolo attivo nelle repubbliche ex-sovietiche.

L’atteggiamento europeo non si spiega solo
con gli ovvi legami energetici ed economici sempre più stretti tra Mosca e il
Vecchio continente. Ma soprattutto con la necessità di cooptare – su tempi
medio/lunghi- i russi in un fronte che possa realmente fare pressioni,
condizionandola, sulla Cina.

Sul versante delle buone
notizie, queste colonne segnalano che negli USA il front runner repubblicano
John McCain ha già una visione di questo tipo. Il contenuto del suo discorso al
Los Angeles World Affairs Council (il testo dell’intervento lo si trova
all’indirizzo http://www.johnmccain.com/Informing/News/Speeches/872473dd-9ccb-4ab4-9d0d-ec54f0e7a497.htm)
segue infatti questo spartito: India e Brasile nel G8, Russia nel limbo – ma
non per troppo – in attesa che la grande alleanza entri a pieno regime.