Cosa c’è dietro la caduta libera delle Borse

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Cosa c’è dietro la caduta libera delle Borse

Cosa c’è dietro la caduta libera delle Borse

04 Marzo 2009

Tutte le maggiori piazze europeee ieri hanno chiuso con pesantissimi ribassi. Milano ha registrato un pesantissimo – 2,42%, Parigi ha perso l’1,04%, Londra il 3,14% e Amsterdam il 3%. Più contenuti i cali di Francoforte, – 0,52% e Madrid -0,7%.

Dall’altra parte dell’Oceano anche Wall Street non è andate bene. Dopo un’apertura all’insegna del rialzo, a metà seduta vi è stato un deciso crollo. Così in chiusura il Dow Jones ha ceduto lo 0,59% a 6.723,47 punti, il Nasdaq in flessione dello 0,14% a 1.321,01 punti, mentre lo S&P 500 ha perso lo 0,65%, chiudendo per la prima volta dall’ottobre del ’96 sotto i 700 punti.

I listini europei sono stati sensibilmente condizionati dal pessimo trend americano. E negli USA la massima flessione dei listini è coincisa con le dichiarazione rese dal capo della FED, Ben Bernanke, alla commissione bilancio del Senato Americano. Il banchiere centrale ha affermato che "è meglio agire con decisione oggi per risolvere i nostri problemi. L’alternativa potrebbe essere quella di un episodio prolungato di stagnazione economica che non solo contribuirebbe a una ulteriore deterioramento della situazione fiscale ma implicherebbe anche in bassa produzione, bassa occupazione e bassi redditi per un lungo periodo”.

Dalle parole di Bernanke si desume che la situazione economico–finanziaria è ancora molto grave. Per questo motivo la FED intende mantenere i tassi di interesse bassi ancora per un po’ di tempo ed esorta il Governo Americano a investire ancora più risorse nella crisi. Non a caso il Governatore ha sottolineato le pessime condizioni AIG, esprimendo parole di rammarico per il livello di indebitamento raggiunto dal colosso assicurativo che è già stato in parte nazionalizzato. AIG ha registrato perdite nell’ultimo trimestre per 62 miliardi di dollari e per evitare il collasso necessita di un’ulteriore iniezione di capitale da parte dello Stato.

Va male anche il comparto manifatturiero. Le vendite delle Majors di Detroit registrano un pessimo andamento, nonostante gli ecoincentivi varati dal Governo. Di riflesso ieri il titolo GM ha chiuso con un -1% e Ford ha perso più del 3%.

Certo non è solo Wall Strett a influenzare i listini del vecchio continente. Ieri infatti il Commissario Almunia si è lasciato sfuggire che “Se dovesse emergere una crisi in un paese della zona euro, c’è una soluzione”, lasciando intendere che qualche Paese dell’Unione potrebbe andare in banca rotta. Ovviamente la dichiarazione rilasciata a mercati ancora aperti, ha gettato il panico tra gli operatori.

A nulla è servita la rettifica della porta voce del Commissario secondo cui nessuno Stato dell’Unione sarebbe a rischio di solvibilità. D’altronde in un clima reso già reso difficile dai dati negativi di vendite, produttività e occupazione, una simile dichiarazione si è rivelata una bomba. La leggerezza di Almunia in un clima di grande incertezza e sfiducia, è stata costosissima per tutte le piazze.

Oltre alle esternazioni del Commissario, pesano sui listini le pessime performance delle banche. Gli investitori infatti sono molto scettici a causa della estrema aleaotorietà della posizione di molti istituti. Pesano due fattori. Innanzitutto è difficile quantificare a tutt’ora quanti titoli tossici abbiano in carico alcuni istituti. Secondariamente le banche che in questi anni si sono radicate nell’Est Europa potrebbero patire la violenta frenata dell’economia di quest’area. Si calcola infatti che il sistema creditizio dell’Europa Occidentale abbia investito almeno 1500 miliardi di euro nei Paesi che recentemente hanno aderito all’Unione Europea. L’Italia con i suoi colossi Unicredit e Intesa sarebbe impegnata per almeno 200 miliari di euro. I finanziamenti erogati in queste aree sono stati diretti essenzialmente al settore edilizio e al credito al consumo. I primi ad andare in default in una congiuntura di stagnazione.

Di riflesso gli operatori sanno benissimo che gli interventi dei singoli Paesi UE volti a sostenere la domanda interna, ad esempio gli incentivi alle auto, possono sostenere le rispettive economie ma non possono agevolare la restituzione dei crediti alle banche che hanno investito altrove. Lo stesso Almunia ha chiarito che la ricapitalizzazione delle banche è un compito delle holding – capogruppo. In buona sostanza i Governi che saranno chiamati a sostenere i propri istituti lo dovranno fare anche per una fetta consistente di crediti andati in default in altre aree. E questo oltre a piacere poco ai Paesi UE genera ancora più panico e insicurezza negli investitori.