Cosa c’è dietro le partecipate pubbliche

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Cosa c’è dietro le partecipate pubbliche

27 Gennaio 2009

Vi è un principio di diritto che molti enti locali risultano dimenticare: i risultati delle societa’ a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria, in termini di ammontare di spese e di debito, devono essere conteggiati insieme a quelli dell’ente pubblico costitutore.

 

In caso contrario, infatti, quest’ultimo potrebbe trovarsi, contemporaneamente, da un parte, in una situazione di sostanziale pareggio di bilancio e sana situazione finanziaria e, dall’altra, essere azionista di una societa’ di capitali gravata di ingenti debiti, dei quali dovrebbe comunque rispondere in modo illimitato se azionista unico o pro-quota se azionista di maggioranza.

Così ha deciso la Corte dei Conti, Sezione regionale di Controllo per la Lombardia, con la deliberazione del 30 ottobre 2006 n. 17.

Risulta invece prassi abituale di molte Amministrazioni locali costituire "società patrimoniali" a partecipazione pubblica che consentono di ridurre la spesa corrente a carico del bilancio del Comune al fine di rientrare negli obiettivi previsti dalla normativa sul Patto di stabilità.

Il vincolo del rispetto degli obiettivi previsti dal Patto di stabilità deve essere del resto contenuto sin dal documento di previsione e ciò perché il bilancio deve essere predisposto in base ai criteri della veridicità e dell’attendibilità.

Con la costituzione di società a capitale totale o maggioritario pubblico alle quali affidare la gestione di servizi pubblici e le attività proprie dell’ente costitutore, viene dunque creato un ente che, pur avendo natura formale di società di capitali, presenta le caratteristiche proprie di un ente pubblico, dato che la giurisprudenza costituzionale ha già chiarito che alla semplice costituzione di una società per azioni o a responsabilità limitata da parte di un ente pubblico non consegue necessariamente la natura privata della società, visto che il criterio da utilizzare per individuare la natura pubblica o privata di un organismo non è dato dalla forma rivestita (ente o società), bensì dalle risorse utilizzate nello svolgimento della sua attività, con la conseguenza che anche in presenza della forma societaria se l’ente utilizza risorse pubbliche è da considerare a tutti gli effetti ente pubblico.

Le considerazioni svolte sopra mettono quindi in luce che le società a totale partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria, costituite per lo svolgimento di alcuni compiti e funzioni pubbliche, mantengono la natura di ente pubblico, ove, per il raggiungimento dello scopo per il quale sono state istituite, utilizzino risorse pubbliche in misura superiore a quelle private.

Quindi i risultati delle partecipate devono essere conteggiati insieme con i risultati dell’ente pubblico costitutore, al fine di calcolare le grandezze di finanza pubblica relative al Patto di stabilità interno, visto oltretutto che se la società durante la sua attività genera debito non può che trattarsi di debito pubblico.

In caso contrario, del resto, l’ente locale potrebbe trovarsi, come detto, da un parte, solo formalmente, in una situazione di sostanziale pareggio di bilancio e sana situazione finanziaria e, dall’altra, essere invece azionista di una società di capitali gravata di ingenti debiti, dei quali dovrebbe comunque rispondere in modo illimitato se azionista unico, o pro-quota se azionista di maggioranza.

La mancata considerazione dei risultati delle società partecipate totalmente o maggioritariamente insieme con quelle dell’ente pubblico di riferimento comporterebbe del resto la possibilità che si creino situazioni occulte di debito, in quanto tali denunciabili davanti alla Corte dei Conti, anche considerato che, prima o poi, finiranno col gravare sulla collettività pubblica.

Insomma è un po’ come il gioco delle tre carte. Ma alla fine i “polli” che finiscono spennati siamo noi.