Cosa ci fa Benedetto XVI in Tv? Il suo mestiere
07 Luglio 2008
Sfidando l’adagio che lo vuole riflessivo e riservato di fronte alle telecamere, in contrapposizione a un Woytila estroverso e perfettamente a suo agio davanti all’obiettivo, il professor Ratzinger comparirà sul primo canale RAI, il 5 ottobre prossimo, nel tardo pomeriggio, di fronte a una platea tutt’altro che ristretta, per aprire la lettura integrale della Bibbia trasmessa dalla televisione pubblica.
L’intervento papale inaugurerà un ciclo che vedrà alternarsi, per sette giorni e sei notti, di fronte al leggìo di Santa Croce in Gerusalemme – e agli schermi di Rai Educational – più di milleduecento lettori, dalle fisionomie più svariate: non solo religiosi, ma laici; non solo volti noti, ma persone comuni di ogni estrazione. Per l’esordio, Ratzinger sarà affiancato dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che leggerà in ebraico il medesimo primo libro della Genesi; a chiudere sarà poi sabato 11, con il XXII capitolo dell’Apocalisse, il cardinal Bertone.
Chi aveva definito Benedetto XVI un papa “antimediatico” – non solo e non tanto per le riserve espresse sui mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto in confronto alla telegenicità del suo predecessore Giovanni Paolo II – resterà forse deluso, o almeno stupito. E’ vero che, con la scelta di accettare la proposta della RAI, Ratzinger conferma la diversità del suo carisma da quello del suo grande predecessore: a ben vedere, una iniziativa del genere sarebbe forse stata più stretta a Woytila di quanto non lo sia per l’attuale pontefice. Eppure, tra la strategia comunicativa finora perseguita da Ratzinger e la scelta di declamare la Bibbia sul piccolo schermo non c’è alcuna contraddizione: tra le pubblicazioni, cui il pontefice ha sinora affidato di preferenza il suo pensiero – che spaziano dalle encicliche al “Gesù di Nazareth” -, e questa comparsa sul palcoscenico televisivo c’è meno distanza di quanta si potrebbe pensare.
Di certo, la partecipazione di Ratzinger sarà ben altra cosa rispetto ad altre recenti declamazioni televisive di testi celebri, come le esibizioni di Benigni o di Fo: si tratterà di una semplice lettura, senza alcun commento, senza alcuna velleità attoriale né superfetazioni interpretative, che tradirebbero – più ancora che lo spirito – la materia stessa dell’evento. Qui non sono previsti fraintendimenti, o deviazioni: facili a sperimentarsi per chiunque, provenendo dall’esterno, si accosti alla TV, col risultato di venirne assorbito, dimenticando il suo mestiere e mescolandosi alla grande corrente ormai incolore dell’”intrattenimento”. Qui non è in gioco nient’altro che l’essenza del messaggio sacro, nella sua forma più semplice e diretta, quella della parola rivelata, restituita come tale a chi vuole accoglierne l’annuncio.
Un modo nuovo per fare apostolato, da parte del Papa, e insieme un nuovo modo per ribadire quale sia la propria interpretazione del suo “mestiere”: non certo per allontanarsene, o per confonderlo con il mestiere altrui.