Cosa deve fare McCain per vincere la corsa alla Casa Bianca

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Cosa deve fare McCain per vincere la corsa alla Casa Bianca

04 Ottobre 2008

John McCain sta correndo il rischio di perdere le elezioni contro Barack Obama. Riuscirà a rovesciare la situazione, rimontando fino alla vittoria? Ce la può fare, ma solo se terrà a bada quella parte dei suoi sostenitori che è ancora vittima di luoghi comuni legati al buonsenso tradizionale, arroccata in posizioni difensive e dominata dalla timidezza ideologica. 

Uno di questi luoghi comuni afferma che McCain avrebbe commesso un errore recandosi a Washington la settimana scorsa per collaborare alla messa a punto di un provvedimento salva-finanza, e che gi convenga cambiare discorso il prima possibile. Uno dei consulenti di McCain ha dichiarato al “Washington Post”: “Bisogna farla finita con la crisi finanziaria e cominciare a portare avanti una campagna elettorale normale”. 

Errore. 

L’improvvisa decisione di McCain di tornare a Washington è stata corretta. L’accordo annunciato domenica mattina è migliore della proposta originaria del segretario del Tesoro Henry Paulson, e migliore del risultato che giovedì scorso i Democratici spacciavano per definitivo. Se la legge verrà approvata in tempi brevi, e se riuscirà a rassicurare i mercati finanziari, McCain potrà rivendicare una parte del merito. 

L’obiettivo, però, non deve essere il ritorno a una “campagna elettorale normale”, perché non stiamo vivendo tempi normali. Stiamo affrontando una crisi finanziaria. Di solito il candidato del partito legato al presidente uscente tende a minimizzare la gravità dei problemi che la nazione sta attraversando. McCain farebbe meglio a rompere con questa consuetudine e a riconoscere la crisi, se non addirittura a sottolinearla. Può spiegare che per affrontarla quello che serve sono proprio la schiettezza e le qualità di leader di cui ha dato prova nel corso della sua carriera. McCain può dire agli elettori che quasi certamente ci troviamo in una fase di recessione, e che le cose andranno ancora peggio prima di poter migliorare.

McCain, inoltre, può far presente che la crisi finanziaria non sarà risolta da una legge, qualunque essa sia. Molti autorevoli economisti, per esempio, ritengono imminente una corsa al prelievo massiccio di liquidi. Forse il Congresso dovrà intervenire per autorizzare la Federal Deposit Insurance Corporation a fornire garanzie molto maggiori suoi depositi, e consentire al segretario del Tesoro di proteggere i titoli di credito. McCain può rivolgersi al Congresso e intimargli di prepararsi a votare una legge di questo tenore. Più in generale, può dire che ci aspettano tempi difficili, e che ci sarà bisogno di un presidente disposto a prendere decisioni forti. 

Per quanto riguarda la sua campagna, McCain dovrà liberare il suo candidato alla vicepresidenza dagli ex consulenti di Bush che sono stati ingaggiati per sostenerla, e che sembrano essere riusciti a improntare la campagna di Sarah Palin al tipico atteggiamento difensivo che ha contraddistinto la Casa Bianca dell’era Bush. McCain ha scelto Sarah Palin perché ha talento politico e perché è una buona comunicatrice, ma deve metterla in condizione di usare liberamente il suo talento e di comunicare con la propria voce. So che di recente McCain si è dichiarato insoddisfatto del modo in cui il suo staff ha gestito la Palin. Domenica scorsa ha spedito i due superconsulenti Steve Schmidt e Rick Davis per darle man forte. Come mi ha confidato un sostenitore smaliziato, “ogni minuto non speso per dire al popolo americano qualcosa che lo renda meno ben disposto nei confronti di Obama sarà un minuto sprecato”. 

Il principale argomento contro Obama è piuttosto semplice: Obama è troppo liberal. Alcuni mesi fa ho domandato a uno dei consulenti di McCain quale aspetto della visione di Obama potesse essere sfruttato meglio. Mi ha guardato come fossi un sempliciotto e mi ha spiegato pazientemente che nozioni come “conservatorismo” e “progressismo” sono ormai fuori moda. Può darsi. Il fatto, però, è che gli unici democratici che abbiano mai ottenuto la presidenza negli ultimi 40 anni – Jimmy Carter e Bill Clinton – hanno preso le distanze dall’ortodossia liberal. Obama, al contrario, è un liberal puro come l’acqua. In passato ha avuto anche alleati radicali. Il più noto tra questi è il reverendo Jeremiah Wright, e mi domando se Obama non abbia accidentalmente offerto a McCain l’occasione per ricordare al pubblico americano di chi si tratta.

Sabato scorso Obama ha criticato McCain per non essersi mai servito del termine “middle class” nel corso del dibattito di venerdì. I responsabili della campagna elettorale di Obama hanno perfino stampato un manifesto pubblicitario che sbandierava l’omissione di McCain. I responsabili della campagna di McCain potrebbero allora prendere in considerazione la possibilità di richiamare l’attenzione sul capitolo 14 dell’eloquente autobiografia di Obama, I sogni di mio padre, dove Obama cita un passaggio da un volantino della chiesa del reverendo Wright, un passaggio intitolato: “contro l’aspirazione alla condizione borghese”. 

© New York Times

Traduzione Francesco Peri