Cosa insegna il referendum in Svizzera a buonisti e lepenisti di casa nostra

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Cosa insegna il referendum in Svizzera a buonisti e lepenisti di casa nostra

28 Settembre 2016

Domenica scorsa si è votato un Referendum, nel Canton Ticino, per proteggere il lavoro locale dalla concorrenza di quello Italiano. Per questo, da parte Italiana, si sono montate barricate e richiesto all’UE una fermezza maggiore contro la Svizzera. Ed abbiamo fatto bene, sia chiaro. Solo che la questione
andrebbe spiegata meglio nei suoi elementi fondamentali.

Prima di tutto: da un punto di vista formale non è cambiato nulla dopo il voto. Un po’ come la Brexit, per capirci. L’esito ha impegnato il Governo Cantonale a inserire nella Costituzione locale il principio di preferenza, a parità, di competenze, del lavoro locale. Questo vuol dire che il Cantone dovrà, in futuro,
approvare una norma del genere e che oggi, ovviamente, tale norma non esiste. Inoltre la competenza sul tema è condivisa col governo di Berna, che può quindi impedirne l’entrata in vigore.

Cosa che è del tutto probabile che faccia. E se anche non dovesse avvenire, la natura stessa del provvedimento lo rende difficilmente applicabile. La parità di competenze è assolutamente difficile da determinare. Inoltre, da sempre, il Canton Ticino importa lavoratori perché ne ha disperatamente bisogno. La disoccupazione locale è nella soglia fisiologica, quindi possiamo contarla zero. E non c’entra molto con il voto.

Si dice che gli Svizzeri abbiano votato contro il dumping salariale, ovvero la concorrenza al ribasso degli stipendi. Ma è falso. C’era un apposito quesito, che è stato bocciato. Come lo fu, qualche mese fa, uno sulla paga minima. No, decisamente agli Svizzeri il dumping salariale non fa così paura. Ci sono due
elementi che, invece, hanno contato e di cui si parla poco. Il primo è il classico “vietato l’ingresso a cani ed Italiani”. Solo che, essendoci evoluti, adesso i cartelli sono spariti, i cani sono ammessi e per impedire l’accesso a noi Italiani si usano i Referendum.

Viviamo nel secolo che vedrà la ricostruzione dei muri e delle frontiere, a riprova che libera circolazione di merci ed uomini non è la stessa cosa. E, purtroppo, ci stiamo accorgendo che il populismo sulle questioni migratori non risolve i problemi, ma te li fa tornare addosso come boomerang. In sostanza, il referendum spiega a Salvini che, se non distingui clandestini da immigrati lavoratori, prima o poi, diventerai tu il clandestino da cacciare per qualcuno.

Il Referendum, inoltre, è la morte dell’internazionale Verde-Nera che metteva insieme Front National, Lega dei Ticinesi e Lega Nord. La Lega ne esce con le ossa rotte e la consapevolezza che, prima o poi, scopri di essere il terrone per qualcun altro. Ma non ci fa una figura migliore nemmeno la sinistra. È, infatti,
del tutto improbabile che non abbia influito nelle scelte degli Svizzeri la tendopoli disumana a Como (dove, come l’Occidentale ha già raccontato, si ammassano migranti e clandestini che vorrebbero raggiungere il Nord Europa).

Saranno “solo” qualche centinaia di esseri umani, ma danno l’idea molto precisa di chi sarà la prossima generazione di frontalieri. E proprio per la prossima generazione si è votato. Pare strano ad un popolo vincolato ad un eterno presente come il nostro, refrattario alle conseguenze delle proprie ed al
futuro. Ma qualcuno guarda avanti e, forse, più che contro gli Italiani di oggi, ha votato contro gli Italiani di domani. Quegli stessi che la Boldrini sogna e che Renzi sta costruendo.

L’unica soluzione è moderata e liberale. Difendere frontiere e lavoratori. Condannare razzismo e buonismo. E lavorare per un mercato libero, dove i posti siano assegnati per merito e non per nazionalità. Qui, in Svizzera e dovunque.