
Cosa insegna la pandemia: la ricchezza delle Nazioni è la ricchezza dello spirito

20 Maggio 2020
L’analisi della ricchezza di una Nazione è un procedimento complesso che richiede l’incrocio di tanti fattori, i quali, nei tempi moderni, vengono spesso ridotti a quelli meramente materiali ed economici, come la produzione, la crescita economica ed il PIL. Analisi di questo genere dimenticano, però, che la produzione materiale è anche un’espressione sensoriale e cioè il frutto dello spirito di chi opera dando forma alla materia. Già nel XVIII secolo, Adam Smith ne “La ricchezza delle Nazioni” teneva conto dell’arte e dell’intelligenza di chi vi opera. Un evidente esempio del nostro rapporto con la dimensione spirituale è ben visibile in questi tempi pandemici, dove la partenza economica sembra poter prevalere del tutto sulla celebrazione – sospesa – delle funzioni religiose.
Evidentemente, la considerazione di determinati indici non può che essere figlia del suo tempo: viviamo in un’epoca estremamente industrializzata e – come si è detto sopra – abituata a ragionare in termini di produzione materiale, la quale ha abbandonato progressivamente – ma non irrimediabilmente – il proprio cuore spirituale, come tensione interiore ad innalzarsi e migliorare sé stessi e la società. È da questa ricchezza interiore che derivano non solo la salute fisica e psichica, ma anche l’abilità di costruire, ripensare ed innovare.
È per questo che non possiamo far finta che questa pandemia non ci sia mai stata e non saranno solo video e foto a farcene ricordare: dobbiamo pretendere che sia l’occasione giusta per far uscire il meglio di noi, l’occasione perché il Bene insito dentro di noi e che troppo spesso nascondiamo possa trasformare tutto questo patimento in un rinnovamento, al fine di far fruttare tutte le nostre migliori virtù e tutto il nostro sopito ingegno. Pertanto, concepire la ripartenza – a prescindere dal nome che vogliamo darle – solo in relazione al numero, al tipo di attività o in base alla capacità degli imprenditori di soddisfare esigenze di sicurezza sanitarie, non solo non basta ma sembra rimetterci nella cosiddetta “fase 1”, quella dello status quo ante, di cui non potevamo che constatare la profonda secchezza spirituale dalle sue opere.
In questo senso discutere sulla riapertura delle Chiese è importante o, almeno, testimonia quella “fame” di uno spirito rimasto troppo a lungo lontano dalla celebrazione del sacro. È vero che anche in casa si può pregare, ma non sarebbero state costruite le Chiese se ciò fosse sufficiente. Però ciò che bisogna riscoprire è la nostra dimensione umana, come necessariamente dipendente da qualcosa di più alto: è in virtù di questa dipendenza che l’uomo – non un individuo – è costretto ad alzarsi e dare forma alla sostanza creando ricchezza. 20.