Cosa prevede l’accordo sulla produttività

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Cosa prevede l’accordo sulla produttività

22 Novembre 2012

E’ stato firmato ieri l’accordo tra il governo e le parti sociali – Cgil esclusa, ndr – sulla produttività. Dal premier Mario Monti, poi, la conferma per cui nel biennio 2013-2014 verranno messi a disposizione dall’esecutivo 1,6 miliardi di euro con la possibilità che diventino 2,1 miliardi – “per effetto degli emendamenti approvati alla Camera” sulla legge di stabilità, ndr – per detassare i salari legati ai risultati delle imprese. Di seguito, i punti principali del testo approvato a Palazzo Chigi.

Dall’accordo si evince il principio secondo cui “le parti firmatarie consolideranno un modello contrattuale nel quale il contratto collettivo nazionale di lavoro abbia la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, ovunque impiegati nel territorio nazionale, e la contrattazione di secondo livello, facilitata da idonee e strutturali politiche fiscali di vantaggio, operi per aumentare la produttività attraverso un migliore impiego dei fattori di produzione e dell’organizzazione del lavoro, correlando a tale aspetto la crescita delle retribuzioni dei lavoratori”.

In altre parole, si tratta di una sorta di rivitalizzazione dell’art. 8 del Dl 138 del 2011, poi convertito in legge 14 settembre 2011 n.148. Ovvero, di accordi, in deroga ai contratti collettivi nazionali tesi a realizzare specifiche intese finalizzate “agli incrementi di competitività e di salario”, nella misura in cui le parti si danno atto “della necessità di favorire, soprattutto attraverso la contrattazione di secondo livello, soluzioni coerenti con i principi enunciati negli Accordi Interconfederali e in quelli di settore, al fine di agevolare la definizione di intese modificative delle norme contrattuali più mirate alle esigenze degli specifici contesti produttivi”.

Inoltre, sempre dal testo dell’accordo, “la contrattazione di secondo livello” dovrà “disciplinare, valorizzando i demandi specifici della legge o della contrattazione collettiva interconfederale e nazionale, gli istituti che hanno come obiettivo quello di favorire la crescita della produttività aziendale”.

Sulla rappresentanza, invece, entro la fine del 2012 imprese e sindacati stabiliranno le modalità per eleggere i nuovi rappresentanti sindacali sulla base dei principi già concordati nell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011. La rappresentatività, in questo senso, verrà misurata attraverso il combinato disposto tra lavoratori per l’elezione delle Rsu e numero degli iscritti. Per essere ammessi al tavolo negoziale, inoltre, occorrerà superare la soglia del 5%.

E ancora, partecipazione dei lavoratori nell’impresa, “subordinatamente a un approfondito confronto con le parti sociali”, formazione e occupabilità delle persone e mercato del lavoro e misure di solidarietà intergenerazionale. Ovvero, l’idea sottesa al progetto governativo riguarda la possibilità di favorire forme di ‘staffetta’ tra lavoratori anziani e giovani a seguito, soprattutto, degli effetti della riforma delle pensioni Monti-Fornero contenuta nel ‘Salva-Italia’ del dicembre dello scorso anno.

Per il premier Mario Monti, “l’accordo è completo, condiviso e autosufficiente”. Mentre Corrado Passera, titolare del dicastero dello Sviluppo Economico, s’è voluto rammaricare della mancata firma della Cgil: “Siamo molto dispiaciuti della mancata firma della Cgil, si tratta di motivazioni che oggettivamente non tengono”, ha dichiarato, affermando tra le altre cose trattarsi di “un accordo che raccoglie vastissimo consenso fatto per favorire aziende e lavoratori contro la crisi".

Giudizi positivi, invece, sia dal leader della Confindustria Giorgio Squinzi, secondo cui l’accordo costituisce “l’inizio di una nuova fase di sviluppo e occupazione” e da Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl, e Luigi Angeletti, della Uil: per il primo, l’accordo servirà “a uscire dalle secche”; per il secondo sarà “utile per uscire dalla spirale bassi salari-bassa produttività”. E la Cgil? Da Susanna Camusso niet su tutta la linea. Secondo il segretario del sindacato di Corso d’Italia, perché l’intesa sarebbe "coerente con la politica del governo che scarica sui lavoratori i costi e le scelte per uscire dalla crisi".