Cosa scoraggia gli investitori (e fa flettere le Borse)
12 Novembre 2010
Piazza Affari ha chiuso molto male ieri, perdendo più delle altre Borse continentali, complici alcuni spunti negativi e la pessima performance del comparto bancario, sconvolto da alcune trimestrali non entusiasmanti e dalla situazione molto incerta del debito sovrano di alcuni paesi esteri. L’indice Ftse Mib ha ceduto il 2,41%, l’All Share il 2,15%.
Gli investitori sono notevolmente scoraggiati dalla speculazione sui titoli di Stato di alcuni paesi il cui debito pubblico è considerato troppo alto, ai limiti della soglia di sostenibilità, come Portogallo, Grecia e Irlanda. Anche per questa ragione la borsa di Dublino ha ceduto il 2,17%. Poco meglio ha fatto Atene (-2% netto), mentre la Borsa di Budapest ha registrato un calo addirittura del 4,71%. Altrove, Londra cede lo 0,99%, Parigi l’1,45%, Francoforte l’1%, Madrid l’1,68%, Amsterdam Stoccolma e Zurigo limitano le perdite. Il pessimo andamento delle piazza finanziarie europeo si è riflesso in modo negativo addirittura sulla valuta di Eurolandia, in forte calo sotto 1,37 dollari.
In particolare a proposito dell’Irlanda, ministri delle Finanze di Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito hanno diffuso al G 20 di Seoul una dichiarazione congiunta volta a rassicurare i mercati circa situazione politica e finanziaria dell’Irlanda.
Nel testo tecnico i ministri non parlano in modo esplicito di un paese, ma ribadiscono che è stato avviato all’interno delle istituzioni comunitarie un dibattito circa i meccanismi di risoluzione di future crisi. Ieri al contrario il Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, aveva dichiarato apertamente che l’Unione europea “è pronta a sostenere l’Irlanda”. Le promesse di Barroso e la manovra finanziaria in arrivo che prevede un giro di vite di 6 miliardi di euro, prima tappa di un programma di austerità da 15 miliardi di euro in quattro anni che dovrebbe riportare il deficit pubblico dall’astronomico livello del 32% di quest’anno a meno del 3% nel 2014, non sono bastate a fermare l’onda di speculazione sui titoli irlandesi.
Il potenziale defaut di alcuni Stati dell’Unione Europea non è l’unico timore degli investitori. In questi giorni infatti vengono pubblicate le trimestrali, e i risultati di alcune quotate sul Mibtel non sono particolarmente esaltanti. Per questa ragione Unicredit cede il 2%, Banca Popolare di Milano perde il 3,4%. In generale tutta la galassia dei titoli bancari risente delle maxi svalutazioni che gli istituti di credito hanno dovuto eseguire nei propri bilanci al seguito del pessimo andamento dei mercati internazionali. Gli analisti internazionali sono concordi nell’affermare che l’indice di settore ha lasciato sul campo ben l’11% nell’ultimo mese per questa ragione.
Guardando con ancora più attenzione in casa nostra, il tonfo registrato dal Mibtel ieri è dovuto non solo alla pessima performance dei bancari ma all’affondo di Mediaset e della galassia Ligresti.
I titoli del Biscione del resto risentono dell’incertezza della situazione politica perché gli analisti temono delle ripercussioni sulle aziende del Premier qualora dovesse lasciare Palazzo Chigi. Premafin e SaiFondiaria pagano invece la ristrutturazione in atto su tutto il Gruppo Ligresti. Sai-Fondiaria infatti, in controtendenza rispetto agli altri operatori del settore assicurativo, è caratterizzata da una profonda crisi di liquidità a cui dovrebbe sopperire la francese Groupama. Il gruppo assicurativo d’oltralpe insieme al finanziere Bretone Bollorè dovrebbero sottoscrivere un aumento di capitale tale da mettere nelle mani francesi il 17% del gruppo, con un’opzione a salire ulteriormente. La partita tuttavia è molto delicata dato l’incrocio di partecipazioni tra la scuderia di Ligresti e Mediobanca, senza contare che gli stessi francesi siedono nel board di Piazzetta Cuccia e persino in Generali dove Bollorè è il vicepresidente.
L’incertezza sulle manovre in atto su SaiFondiaria e Premafin, è aumentata dal Antitrust e Consob che a fronte di questi particolari legami azionari potrebbero aprire dei fascicoli di inchiesta, con il rischio di uno stop alla ricapitalizzazione.