Cosa scrive il mondo arabo se muore Bin Laden?
07 Maggio 2011
La morte di Osama Bin Laden ha provocato diverse reazioni nel mondo arabo. La fine dello sceicco del terrore è stata tradotta come l’ennesima sfida dell’Occidente contro la mezzaluna, soprattutto in nazioni protagoniste di nuovi cambiamenti.
Se i Fratelli Musulmani hanno condannato l’uccisione del leader di al-Qaeda come un vero e proprio assassinio, un editoriale del quotidiano egiziano Al-Gumhouriyya ha criticato duramente il consiglio di sicurezza dell’ONU per essersi complimentato per l’esito della missione Geronimo: "Il Consiglio di Sicurezza ignora altri esempi di terrorismo e crimini ancora più odiosi e che non hanno causato migliaia ma milioni di morti”. L’editorialista si riferisce a Usa e Israele “colpevoli di crimini contro gli arabi e i musulmani” e descrive le due nazioni occidentali guidate da uomini ben peggiori di Bin Laden i cui crimini “sono niente in confronto a quelli di George Bush, le cui mani grondano del sangue di milioni di afgani, iracheni, somali e sudanesi, o ai crimini di Ariel Sharon, soprannominato ‘il macellaio’ per tutto il sangue che fatto versare a palestinesi e libanesi". Al coro di condanna egiziano si unisce anche la voce di Abu Omar al-Masri, membro anziano della Jama’a al-Islamiyya, il movimento cairota islamista considerato fuorilegge dagli Usa e dall’Ue. “L’uccisione di Osama ha aperto le porte dell’inferno e della vendetta dei musulmani”, ha difatti dichiarato al-Masri.
Parole confermate da un articolo apparso sul quotidiano egiziano Al-Yawm al-Sabi dove leggiamo che: “La morte di Bin Laden non è la morte di al-Qaeda. Bin Laden non aveva il controllo di tutta l’organizzazione: ci sono cellule locali, regionali, organizzazioni in Marocco, negli stati del Golfo, in Iraq, Somalia, Afghanistan, Pakistan, oltre che in Europa e negli Stati Uniti: al Qaeda non si fermerà”. Parole inquietanti, accompagnate da una cinica e dietro logica tesi. L’uccisione di Bin Laden, infatti, secondo il resto dell’articolo, è una mera “questione di propaganda, per aiutare il presidente americano Barack Obama ad essere rieletto”.
E di Obama parla anche Ibrahim al-Amin, direttore del quotidiano libanese al-Akhbar e vicino a Hezbollah. "È ripugnante il viso sorridente del presidente americano”, scrive sul proprio giornale, “gli americani sono pazzi criminali portati al potere dai loro popoli insensati e per questo meritano di essere danneggiati: nessuno di loro merita di vivere”.
La reazione di al-Amin all’annuncio di Obama dell’uccisione del Che Guevara islamico è la stessa di Abd-Bari Atwan, direttore del quotidiano londinese Al-Quds Al-Arabi: “E’ stato irritante dopo l’assassinio di Osama ascoltare il presidente americano dichiarare che giustizia era stata fatta”. E spiega il perché: “Barack Obama ha permesso che un uomo disarmato fosse ucciso. Questa è la prova che non è il presidente di un paese democratico, rispettoso dei diritti umani e impegnato nel far rispettare legge e giustizia. Obama è il capo di una banda specializzata in uccisioni, rapimenti e terrorismo; in un paese civile i colpevoli si portano in tribunale come fecero gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale per il processo di Norimberga”.
L’occasione di riaccendere il revival di propaganda anti-occidentale è stata colta al volo anche dall’editorialista siriano Ziad Abu Shawish, secondo cui “un paese in festa per un omicidio ne dimostra tutta la sua Umanità: gli Stati uniti incitano ad uccidere ovunque e questa cultura è stata dimostrata da migliaia di americani impegnati a festeggiare per le strade l’uccisione di Bin Laden”.
Queste idee, supposizioni, analisi, troveranno anche in Palestina numerosi lettori ed ampi consensi. Non a caso, Ismail Haniyeh, il boss di Hamas a Gaza, è stato il primo leader arabo a condannare l’uccisione di Osama ancora considerato “un santo e un guerriero arabo”, mentre ha incensato la sua esecuzione come “una continuazione della politica americana basata sull’oppressione e lo spargimento di sangue musulmano”. Le Brigate dei martiri di al-Aqsa, l’ala armata di Fath, invece hanno dichiarato: “Se Bin Laden è veramente morto come shahid questo non deve scoraggiare i combattenti dello Jihad a lottare contro l’ingiustizia, l’oppressione e l’occupazione nel mondo. In passato anche noi abbiamo perso molti uomini e comandanti ma sono episodi che hanno rafforzato la nostra determinazione e la nostra fedeltà nel cammino verso la shahada (la morte per Allah)”.