Cosa sono le società “in house” e perché non pagano l’Iva

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Cosa sono le società “in house” e perché non pagano l’Iva

16 Dicembre 2008

Si parla tanto di lotta all’evasione fiscale. Niente di più giusto. Niente di più doveroso. Ma non tutti forse sanno che tra i principali evasori fiscali vi sono proprio gli enti pubblici o società comunque a partecipazione pubblica. Tra queste per esempio le società cosiddette “in house”; quelle società cioè, a capitale interamente pubblico, che si occupano della gestione delle reti e erogazione dei servizi pubblici locali. 

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 37/E dell’8 marzo 2007, proprio a proposito di tali tipi di società, ha precisato che esse svolgono in ogni caso attività rilevante agli effetti dell’IVA e, conseguentemente, il compenso versato dal Comune per l’affidamento dell’attività di gestione dei servizi deve essere assoggettato a tassazione.

Tali conclusioni, del resto, non sono corrette solo da un punto di vista tributario, ma anche economico, in relazione ai possibili effetti distorsivi della concorrenza che un trattamento fiscale diverso (nel senso di agevolato) avrebbe su altri soggetti (quali, ad esempio, oltre alle imprese private tout court, anche le aziende speciali, le aziende speciali consortili, le società partecipate in misura minoritaria dall’ente pubblico etc.).

Il mancato pagamento dell’IVA su tali compensi comporterebbe dunque delle evidenti violazioni fiscali, tanto più gravi in quanto perpetrate da enti pubblici e con inevitabili riflessi anche in ordine ad eventuali illeciti contabili. Ma il problema probabilmente è un altro.

Anche se infatti tali enti fossero soggetti ad accertamento e anche laddove pagassero quanto dovuto, in realtà, comunque, a pagare sarebbe il cittadino.

Le risorse a cui dovrebbero attingere i suddetti enti non sarebbero altro che risorse pubbliche. E, di riffa o di raffa, sotto forma di maggiori imposte o di minori servizi, sempre il cittadino sarebbe a pagare. Ma allora, visto che poi in fondo si tratta di una sorta di partita di giro, cui prodest?

Certo, dato che l’IVA è un tributo comunitario, non si può semplicemente prendere atto della situazione di fatto e dire che tali prestazioni non sono soggette ad IVA. Come minimo infatti lo Stato italiano sarebbe sottoposto a procedura di infrazione. Il problema quindi più che fiscale è di tutela del libero mercato.

Ma una domanda resta “inevasa” (tanto per restare in tema): perché se è stato confermato che anche tale tipo di attività è soggetta ad IVA, la società in house (anche se a capitale pubblico) deve godere di una sorta di esenzione di fatto? Come mai se il cittadino “qualunque” non paga l’IVA dovuta, si trova subito un bell’accertamento con tanto di sanzioni ed interessi? Ai posteri l’ardua sentenza.