Cosa vuol dire l’affaire Sakineh per il regime iraniano?

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Cosa vuol dire l’affaire Sakineh per il regime iraniano?

09 Dicembre 2010

Nonostante le celebrazioni di giubilo del comitato anti-lapidazione tedesco (Icas), ieri sera scrivevamo che era meglio andarci cauti con la notizia della “liberazione” di Sakineh Mohammed Ashtiani, la donna iraniana condannata a morte per adulterio, poi graziata e a quanto pare rilasciata solo per girare lo strano video diffuso da una emittente iraniana giorni fa.

Ma le autorità di Teheran hanno smentito la notizia diffusa dal comitato. Il regime di Teheran ancora una volta si è dimostrato inattendibile. Ahmadinejad è uno specialista nel prendere in giro la gente, come sta avvenendo in questi giorni con le trattative sul nucleare. In vista del prossimo round negoziale previsto per il gennaio del nuovo anno, il Presidente ha già invitato le altre potenze ad aiutare l’Iran nella costruzione di 20 centrali nucleari.

La mancata liberazione è dunque un’ulteriore prova dello “scontro bestiale” che sta divorando dall’interno la mullocrazia, come ha spiegato all’Occidentale il giornalista e scrittore Carlo Panella. Il caso Sakineh mostra la grande confusione delle leadership iraniane, quegli alti e bassi che hanno segnato le diverse tappe della vicenda: se è vero che nel clero e nell’elite sciita al potere, in quel mondo conservatore che settimane fa si è schierato contro Ahmadinejad e la sua politica economica, comincia a serpeggiare la sensazione del gigantesco discredito di cui gode il Paese all’estero, va sottolineato che le divisioni interne comunque non indeboliranno gli ultrafondamentalisti, almeno fino a quando le grandi potenze non si impegneranno nell’obiettivo di porre fine o rovesciare un regime aggressivo, anti-occidentale e antisemita. 

L’Italia avrebbe potuto  incassare un dividendo diplomatico dalla liberazione della donna e il ministro Frattini ieri si è esposto forse nella speranza di forzare la decisione di Teheran. Nonostante la retromarcia, la campagna mediatica e le pressioni politiche della comunità internazionale hanno permesso di “pungere nel vivo il regime sulla questione dei diritti umani” dice la vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Fiamma Nirenstein. “Mentre sul nucleare gli iraniani imbrogliano tutto il mondo, mentre impiccano gli omosessuali e mentre cresce la persecuzione degli studenti che nelle università, l’Iran viene stanato sulla agenda dei diritti umani, quella su cui è in grado di difendersi meno”. Non è ancora chiaro che fine farà Sakineh. Altre 12 donne che rischiano di essere lapidate, intanto, aspettano che il mondo si mobiliti per loro.