Cose inutili e disordinate di cui c’è molto bisogno in tempo di crisi
26 Marzo 2009
Caro congressista, in questi tre giorni la politica ti racconterà molte cose ispirate all’utile e all’ordine. Ebbene, io ti parlerò di cose inutili e in disordine. Non politica, affari esteri ed economia, ma letteratura e cinema. Saranno questi i miei appunti dall’America per te. Sei dentro la sceneggiatura della Grande Crisi che dall’Hudson River ha attraversato l’Atlantico fino a bussare alla porta della tua casa.
Negli anni Trenta John Dos Passos la raccontò in The Big Money, un libro che nel 1936 gli valse la copertina del settimanale Time. Era il volume finale della sua trilogia americana, la storia del crac di Wall Street raccontata con il respiro del classico e l’innovazione narrativa del pioniere delle lettere. Il tuo prossimo americano in quegli anni poteva leggere Dos Passos e comprendere la rovina costruita da un popolo con le sue stesse mani; poteva abbandonarsi alla Buona Terra di Pearl S. Buck, scrittrice che fece fiorire sulla labbra del contadino cinese parole che oggi, di fronte al crollo del castello di carta, suonano profetiche: “Se si comincia a vendere la terra è la fine di una famiglia”; poteva viaggiare nela spietata iperrealtà del Giorno della locusta di Nathanael West; poteva immergersi nelle visioni fantascientifiche del Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Anni di carestia per i mestieri, anni fertili per le arti.
Sono queste le cose inutili e in disordine di cui voglio parlarti.
Oggi la storia si ripete. La Grande Crisi è una landa desolata dove calvalcano uomini solitari. Mentre l’Europa invecchia e si piega senza spiegarsi, la letteratura e il cinema americano battono una nuova pista per quelli che non vorranno guardarsi indietro. E’ il tema dell’avventura e della giovinezza a scolpire le pagine dell’immaginario, come nell’opera di Cormac McCarthy nella Trilogia della Frontiera, forziere dello spirito americano o nel sorprendente Liberation di Brian Francis Slattery dove l’America è proiettata in un cataclisma economico-finanziario, il dollaro è colato a picco, il paese è frantumato e in preda alla guerra civile e un gruppo di criminali, gli Slick Six, si incarica di far risorgere gli Stati Uniti. Fiction è realtà. Immagina, caro lettore, se in Italia vi fosse solo uno di questi scrittori, magari l’ombra di un Christopher Buckley che in Boomsday ormai più di due anni fa dipingeva con sorridenti rasoiate il degrado della generazione dei baby boomers (quella che ha tirato su e poi abbattuto i pilastri della Grande Crisi). Immagina Woody Allen che sul New Yorker scrive un racconto-vendetta sul re del crac, Bernard Madoff. Per te, è l’Immaginazione dell’Impossibile.
Guardati intorno, mentre passeggi per la Fiera di Roma e segui il congresso del partito e senti Silvio Berlusconi, un rivoluzionario con il tocco arruffato della leggerezza. Ora capisci: non è la politica in crisi nel tuo Paese, è la letteratura men che aggrinzanata, il cinema più che gomorresco, il buffet (as)saggistico, il giornalismo retroscenico e l’intellettuale scenico. “Nada nostro che sei nel nada, nada sia il tuo nome ed il tuo regno, nada la tua volontà in nada come in nada. Dacci oggi il nostro nada quotidiano e rimetti a noi i nostri nada come noi rimettiamo ai nostri nada e liberaci dal nada; pues nada” scriveva Ernest Hemingway.
Dopo il congresso, dopo l’ordine e l’utile della politica, mio caro lettore-congressista ti prego, vai al cinema a dare uno sguardo a Gran Torino. E’ un film esploso dalla 44 magnum dell’ispettore Callaghan, quel Clint Eastwood che racconta un’America in transition con gli occhi di un veterano della guerra in Corea e le (dis)avventure americane di una famiglia di immigrati vietnamiti. Gran Torino è la sua Ford, un cimelio sportivo. Il resto per lui non esiste. E invece, improvvisamente, il sole nascente dell’oriente torna nella sua vita e il protagonista Walt-Eastwood combatterà ancora come un leone.
L’opera di questo figlio di un operaio in una fabbrica d’acciaio ti darà ancora una chiave per entrare nelle stanze dell’America, nella sua crisi (dis)piegata che oggi è la nostra incertezza mai spiegata. E’ la ragione delle cose di cui ti ho parlato qui in questo foglio così fieramente Occidentale, è il senso delle cose inutili, disordinate e più che mai oggi necessarie.