Costi della politica: scontro alla Camera sul “taglia-stipendi”. Imbarazzo nel PD

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Costi della politica: scontro alla Camera sul “taglia-stipendi”. Imbarazzo nel PD

25 Ottobre 2016

Per mettere in difficoltà la cosiddetta casta dei politici i rappresentanti del MoVimento 5 Stelle hanno depositato un disegno legge ambizioso per tagliare gli stipendi dei parlamentari. Ed è partita la discussione del testo e degli emendamenti. Beppe Grillo, confondatore del M5S, ha promesso che assisterà al dibattito in aula. Il disegno di legge prevede una riduzione del 50% delle retribuzioni dei parlamentari e una riforma di rimborsi spese e diaria. Il premier Matteo Renzi risponde alla sfida con la solita demagogia: per combattere il fenomeno dell’assenteismo, propone che deputati e senatori vengano pagati a ore, ma non accetta di toccare il suo stipendio.

Il problema è che, al contrario della proposta del M5S, quella del governo non aiuta a eliminare i vantaggi economici che può avere un parlamentare a prescindere dallo stipendio che riceve. Uno dei veri problema in Italia riguarda i soldi pubblici extra che prendono i politici e come li usano per i loro affari privati. Il ddl propone anche una diminuzione della diaria che spetta ai parlamentari e che è destinata alle spese per il loro soggiorno a Roma. Il M5S vuole che i 3.500 euro vengano assegnati solo a chi non vive e risiede a Roma. Sul capitolo rimborsi spese, pari a 2.500 euro al mese, dovranno essere tutti rendicontati e non verranno più esborsati automaticamente.

Se da un lato non si tratterebbe di fare dei sacrifici per un parlamentare che non risiede già a Roma, il risparmio prodotto invece per le casse statali sarebbe importante. Secondo i promotori del testo potrebbe arrivare fino a un massimo di 87 milioni di euro l’anno, di cui 61 milioni provenienti dal taglio delle indennità a Camera e Senato e altri 25 circa dalla riduzione di diaria e rimborsi. L’avvio è stato tiepido: aula semideserta, ping pong continuo di accuse tra i banchi Pd e quelli grillini, interventini-spot a raffica dei deputati cinquestelle mentre il vate Beppe, dal blog, lancia anatemi e convoca le masse fuori Montecitorio (per ora non si vede nessuno, però).

La proposta di legge è stata una mossa studiata ad hoc dai grillini per prendere due piccioni con una fava: far dimenticare ai loro elettori le recenti scivolate del Movimento (compresa  la polemica sui rimborsi di Luigi Di Maio, che in tre anni ha speso ben 277mila euro, stipendio a parte), e mettere in difficoltà il Pd, che si è fatto cogliere impreparato dalla manovra, e Matteo Renzi, in piena campagna elettorale per il referendum sulla riforma istituzionale. La maggioranza chiederà che il provvedimento, che non è stato esaminato in commissione, torni in quella sede per essere vagliato insieme alle altre quattro proposte di legge di diversi partiti (incluso il Pd) sullo stesso argomento. E il Movimento Cinque Stelle si prepara alla sceneggiata in aula, per mettere alla gogna il Pd. Beppe Grillo è appositamente calato nella Capitale, e si prefigge di riempire le tribune ospiti di Montecitorio di attivisti del suo partito pronti a fare gazzarra in favore di telecamere, in appoggio alle truppe d’aula. Una kermesse funzionale alla campagna referendaria per il No portata avanti da M5S.

Il Pd controbatte accusando i Cinque Stelle di fare demagogia: “C’è un solo modo per tagliare i costi della politica: si chiama fare le riforme, solo che non piace a chi chiede semplici operazioni di maquillage”, denuncia la vicepresidente del gruppo Pd Alessia Morani. Che spiega che la riforma sottoposta a referendum “taglia in maniera definitiva 315 poltrone, abbassa gli stipendi ai consiglieri regionali, cancella il finanziamento ai gruppi regionali, elimina il Cnel e le province, supera il contenzioso tra Stato e Regioni. Con la riforma si risparmiano 500 milioni all’anno”. Ma i costi del pasticciaccio istituzionale fatto dalla ministra Boschi rischiano di essere molto più alti dei presunti risparmi, se mai questa riforma passasse.