
Covid: mentre Conte evoca il Natale new age, in Francia i cattolici manifestano per poter ripristinare le Messe

17 Novembre 2020
In decine di città della Francia in queste ore si sta assistendo a manifestazioni pubbliche davanti alle chiese per chiedere il ripristino della celebrazione pubblica delle Messe, sospese ormai due settimane fa in nome del contenimento del contagio della pandemia. Per ora il Governo ha detto no alla richiesta dei fedeli, sostenuta dai vescovi francesi, ma il dibattito si è aperto e per la prima volta va registrato in Europa un segnale importante di risveglio rispetto alla libertà di culto. Tutti ricordano infatti, anche in Italia, durante la prima ondata Covid, la chiusura di fatto totale delle Chiese. Una scelta accolta senza proteste, con una resa che a molti è sembrata fin troppo frettolosa. Una pandemia senza Dio, si era detto.
Per il momento le chiese italiane non hanno chiuso i battenti nonostante la seconda ondata, ma non si può non registrare nel nostro Paese una atmosfera di segno opposto rispetto a quella francese. L’impressione in Italia è che se domani Speranza o Conte, o un rappresentante a caso del Comitato tecnico scientifico, novelli efori spartani, decidesse di chiudere sine die le porte delle Chiese, nessuno protesterebbe. Anzi, il tutto verrebbe accettato sull’altare della nuova religione: quella scienza che fa dei virologi i nuovi santoni.
Una impressione confermata anche dal recente appello natalizio di Conte. Il premier che ha piegato il ‘raccoglimento spirituale’ natalizio per adattarlo alla necessità del distanziamento sociale, senza mai nemmeno nominare lontanamente la Fede e la necessità di partecipare a celebrazioni che nascono e sono state pensate proprio per essere momenti di preghiera collettivi. Conte ha parlato di un Natale di raccoglimento ‘a prescindere dalla Fede religiosa’ come se appunto il Natale fosse una festa new age qualsiasi, una sorta di Halloween senza mostri. Ecco allora che in questo contesto i cugini francesi sembrano darci una lezione.
La loro manifestazione sembra ricordare a ciascuno, ai cittadini, ai religiosi e agli amministratori, che immaginare l’esistenza di un Dio più forte della paura del virus può fare sorgere una speranza molto più solida rispetto a una annacquata idea di spiritualità declinata tra un vogliamoci bene e una filosofia orientale ricopiata in carta velina. E di speranza che vada al di là di mascherine e gel, forse ne ha bisogno anche l’intoccabile scienza.