Crack It Holding, la Procura di Isernia va al contrattacco
16 Febbraio 2012
Il procuratore capo di Isernia, Paolo Albano, rispetta la decisione del Riesame di Campobasso di rimettere in libertà l’ex re dell’alta moda Tonino Perna. Ma quello che non manda giù sono alcune delle motivazioni che hanno accompagnato il provvedimento di revoca della misura cautelare nei confronti del principale indagato nell’ambito dell’inchiesta sul crack della It Holding. Ieri, durante un incontro con la stampa, il procuratore Albano ha difeso con fermezza l’inchiesta. Ma ha anche lasciato intendere che quanto scritto sull’ordinanza firmata dai giudici del tribunale della Libertà non gli è piaciuto affatto: “Non è affatto vero che la Procura ha violato le norme costituzionali sulle quali si fonda lo stato di diritto; né il gip ha disatteso gli insegnamenti della Suprema Corte. Sia il sostituto Mattei, sia il giudice D’Onofrio sono persone di elevata preparazione”.
Prima di spiegare i motivi che lo hanno indotto a presentare il ricorso in Cassazione, il procuratore Albano, con un pizzico di ironia, ha commentato: “Per una volta mi trovo d’accordo con l’avvocato Franco (avvocato di fiducia di Perna, ndr): nemmeno io ho mai letto cose del genere”, ha detto il magistrato riferendosi all’ordinanza del Riesame. Ma c’è anche un altro boccone amaro, che il magistrato proprio non riesce a mandare giù. È il passaggio in cui si dice: “Dov’era la Procura quando Perna commetteva questi reati? Prima della dichiarazione dello stato di insolvenza del gruppo – ha precisato Albano – il reato (bancorotta, ndr) ancora non c’era”. Ma non è con le parole che vuole dimostrare la fondatezza dell’inchiesta sul crack finanziario del colosso dell’alta moda. Albano intende farlo con i fatti, davanti ai giudici della Cassazione.
L’istanza presentata dalla procura isernina è imperniata su questo teorema: se è vero che i giudici del Riesame hanno preso in considerazione solo due delle sedici “condotte distrattive” sulle quali si fonda l’impianto accusatorio, allora vuol dire che nelle altre quattordici, implicitamente, gli stessi magistrati hanno ravvisato indizi di colpevolezza. Inoltre – ha precisato Albano – nell’ordinanza si parla di insussistenza delle esigenze cautelari, non di indagine inconsistente. In ogni caso il procuratore contesterà anche l’annullamento della misura cautelare, poiché a suo avviso sarebbe ben motivata. Secondo lui la reiterazione del reato è ancora possibile, come dimostrerebbero le intercettazione di alcune telefonate tra Perna e le figlie, in cui l’imprenditore darebbe dei consigli inerenti la gestione delle loro società. Sull’esito del ricorso il procuratore capo si è detto fiducioso. Ha detto di attendere con serenità la decisione della Suprema Corte, convinto che l’indagine poggi su solide fondamenta.
Per dimostrare quanto sia convinto della fondatezza e della credibilità dell’inchiesta, Albano ne ha annunciato la chiusura con 28 avvisi di conclusione delle indagini. Significa che – dal giorno dell’arresto di Perna in poi – il numero di persone iscritte nel registro degli indagati è salito ulteriormente (all’inizio, oltre all’imprenditore isernino, erano coinvolte altre 19 persone dell’operazione “Alta Moda”). Si tratta di componenti dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali finite sotto la lente della Guardia di finanza del comando provinciale di Isernia. Per Albano, dunque, non si è di fronte a una “inchiesta di terracotta, come scritto sui giornali. L’indagine è di rilievo. Vista la portata (si parla di un danno patrimoniale di oltre 60 milioni di euro, ndr), il paragone con il crack Parmalat non è fuori luogo. La polemica è venuta fuori, come sapete, da persone diverse da Perna che, invece, durante l’interrogatorio è stato molto pacato e corretto. Gli ho stretto anche la mano”.
Nulla di personale, dunque, con l’imprenditore finito al centro dell’inchiesta. Del resto il procuratore Albano ha lasciato intendere che è sua intenzione fare chiarezza anche sulla gestione commissariale del gruppo all’indomani dell’allontanamento di Perna. In un articolo apparso di recente su Il Sole 24 Ore, infatti, si accenna ad alcune operazioni, a proposito della cessione del marchio Ferrè, non del tutto chiare. In passato, inoltre, persone vicine alla It Holding avevano espresso dubbi su alcune consulenze. Anche per questo il procuratore intende acquisire informazioni sul periodo della gestione da parte dei commissari inviati dal Governo nel 2009. Forse vuole farlo anche per dimostrare che il suo lavoro non prende spunto da considerazioni personali, bensì dalle “notizie di reato”. Ma questa è un’altra storia. Che tra l’altro potrebbe dissolversi come una bolla di sapone in men che non si dica.
Per ora solo una certezza. La conferenza stampa di ieri un risultato, almeno, lo ha già ottenuto. L’avvocato di Perna – mai tenero con i giudizi quando si è trattato di commentare le decisioni della procura e del gip – ieri ha sotterrato l’ascia di guerra, rilasciando dichiarazioni di tutt’altro tenore: “Premettendo di non condividere affatto le ragioni di merito a sostegno dell’affermazione di fondatezza dell’impianto accusatorio – ha detto l’avvocato Franco – non possiamo non rilevare l’atteggiamento pacato e i toni moderati questa volta utilizzati dal magistrato isernino. Atteggiamento e toni ai quali ci sentiamo di aderire, nella speranza che questo procedimento, d’ora in poi, venga trattato nell’unica sede competente, quella giudiziaria, innanzi alla quale, siamo certi, verrà riconosciuto il fatto che il cavaliere Tonino Perna non è soltanto un ‘uomo corretto’, così come affermato dal procuratore, ma è sempre stato oltremodo un imprenditore onesto, che mai – ha concluso il legale capitolino – si è reso protagonista di condotte distrattive o dissipative di alcun genere nella lunga gestione delle sue società”.