Crimea indipendente, nessun realismo con Putin
10 Marzo 2014
Il parlamento della Crimea ha approvato il referendum che tra pochi giorni sancirà la secessione e la russificazione della penisola ucraina. Ieri, il ministro degli esteri russo Lavrov si è divertito alle spalle dei negoziatori occidentali: Mosca darà le sue proposte per risolvere la crisi.
Intanto gli Awacs della Nato scrutano le frontiere, per capire se i russi puntano a estendere il loro controllo "umanitario" anche sulla parte orientale dell’Ucraina.
Bruxelles offre 11 miliardi di euro a Kiev, lavandosi le mani. In Italia, le ultime dichiarazioni del ministro degli esteri Mogherini risalgono alla settimana scorsa: non tollereremo, non tollereremo, ma intanto la frittata è fatta e Roma è stata tra i più prudenti.
Gli Usa hanno scelto la strada delle sanzioni, la Gran Bretagna di Cameron è sulla stessa lunghezza d’onda, oggi s’è aggiunta la Polonia, bastione del V4. Ma se ascoltiamo le parole del repubblicano McCain o dell’ex segretario alla Difesa Gates – due arcirealisti – ci accorgiamo che per gli Usa la Crimea è persa.
Né Obama, né i Repubblicani s’imbarcheranno in una operazione militare di terra con gli alleati Nato. L’interventismo conservatore ormai sembra roba da marziani.
Ma ragionare in modo realistico con Putin è sbagliato: vuol dire legittimarlo un’altra volta dopo la Georgia e la Cecenia. L’alternativa è rifiutarsi di scendere a patti con la realtà. Servirebbe lo stesso approccio che gli Usa hanno avuto con la Corea del Nord: non limitarsi al contenimento, pur sapendo che i Kim hanno il loro bravo arsenale nucleare.
Al contrario più si è accomodanti, più le potenze come la Russia, la Cina e l’Iran, continueranno a calpestare con grande opportunismo ciò che resta dell’ordine mondiale post ’45.