Crisi economica e repressione: la Bielorussia è all’ultima fermata
21 Maggio 2011
Mentre l’attenzione generale è concentrata sulle disgrazie di paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda, un altro stato europeo è ormai alla canna del gas, la Bielorussia. Di questo paese, governato da quello che è stato definito “l’ultimo dittatore d’Europa”, in effetti, non si conosce molto.
Di recente è salito agli onori delle cronache per la condanna del leader dell’opposizione e candidato alle ultime presidenziali, Sannikov, e relativa moglie. Ma se chi si oppone al presidente a vita Lukashenko non vive certo un periodo felice, lo stesso vale per la situazione economico-finanziaria dell’ex-repubblica sovietica. La Bielorussia si distingue nettamente da ogni altro paese dell’est per non avere mai attuato una seria politica di privatizzazioni. Al contrario il controllo massiccio, da parte dello stato, di industrie, servizi e perfino del settore agricolo è stato considerato funzionale alla sopravvivenza del regime. Chi lavora per entità in qualche modo sotto controllo pubblico, perde il lavoro se si avvicina all’opposizione politica o anche solo ai sindacati indipendenti. Come se non bastasse, anche scuole superiori e università cacciano chi è troppo attivo politicamente dalla parte “sbagliata”. Tutto questo ha permesso al governo di ridurre al minimo la forza delle opposizioni, ma a un caro prezzo per l’efficienza dell’apparato economico.
Per anni tuttavia il PIL è andato avanti, la disoccupazione è rimasta molto ridotta e si è addirittura lodato l’intelligenza di scelte economiche non ortodosse, quasi che la Bielorussia dimostrasse che un’economia basata sull’impresa privata e il libero mercato non fosse necessaria. In realtà il paese si è retto su giganteschi aiuti e agevolazioni della Russia che vedeva in quello di Minsk l’unico governo alleato, anzi, un amico per la pelle. Ma alla fine la pacchia è terminata, sia perché i miliardi di dollari non cadono dagli alberi, sia perché la Russia ha cominciato a pensare che un Lukashenko che otteneva tutto senza dare nulla non andava più bene.
L’effetto è stato devastante e solo la manipolazione dei dati statistici ha nascosto il disastro. Nel 2010, ufficialmente, l’economia andava a gonfie vele con un ottimo +8% del PIL. Talmente bene che si è dovuto chiedere un bel prestito al Fondo Monetario Internazionale per non chiudere bottega. Finito l’effetto di questo prestito si è tornati al punto di prima e ,non a caso, per gli istituti internazionali di rating Grecia e Bielorussia sono allo stesso livello quanto a situazione finanziaria. La differenza sta naturalmente nel fatto che la Grecia può contare sull’aiuto dell’UE, mentre Minsk con la persecuzione politica e la manipolazione più sfacciata delle elezioni, ha tagliato i ponti con Europa ed Occidente.
Ormai può pensare di ottenere aiuti urgenti solo da Mosca per evitare il collasso entro un paio di mesi. L’azione della Russia è, in questo caso, legata all’idea di prolungare l’agonia del paese, con prestiti utili solo a tirare avanti per qualche anno, ottenendo in cambio il progressivo controllo sui “gioielli” economici in grado di creare un’effettiva impossibilità di staccarsi, da un punto di vista politico ed economico, da Mosca. In pratica, quando il Cremlino controllerà il paese, Lukashenko e il suo regime potranno anche essere lasciati crollare, tanto il nuovo governo, fosse pure democratico e adoratore dell’occidente, avrà le mani legate. Tuttavia la situazione potrebbe essere troppo deteriorata,visto che la moneta locale si sta inabissando giorno per giorno e molte aziende e attività chiudono per mancanza di valuta straniera e quindi di importazioni.
Siamo sull’orlo del baratro, basta una piccola spinta…