Crisi, i 161 dubbi di Conte: meglio accontentarsi di una mezza maggioranza o rischiare il reincarico?

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Crisi, i 161 dubbi di Conte: meglio accontentarsi di una mezza maggioranza o rischiare il reincarico?

Crisi, i 161 dubbi di Conte: meglio accontentarsi di una mezza maggioranza o rischiare il reincarico?

16 Gennaio 2021

Il numero su cui è impostato il pallottoliere di Conte in queste ore frenetiche è uno solo: 161. E’ questo infatti il traguardo che il Governo deve raggiungere per la maggioranza assoluta al Senato. Teoricamente, in virtù della scelta di Renzi di fare astenere i suoi 18 senatori e di non votare contro, sarebbe sufficiente al Governo ottenere un voto in più dei contrari per avere la fiducia, ma è evidente che la politica risponde ad esigenze che vanno oltre ai cavilli tecnici. La sa benissimo Matteo Renzi che infatti ha giocato la carta della astensione sia per ricompattare i suoi sia per provare ad azzoppare sul nascere una eventuale maggioranza dell’Esecutivo, e lo sa benissimo Giuseppe Conte che infatti farà di tutto tra oggi e domani per presentarsi lunedì in Parlamento con in tasca il famoso biglietto numero 161. E se il pallottoliere dei ‘responsabili’ dovesse fermarsi a una soglia inferiore? A quel punto sarebbe difficile immaginare che il premier possa accontentarsi di una fiducia ‘dimezzata’ e probabilmente non si accontenterebbe neppure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che già una piccola forzatura l’ha fatta accettando, dopo l’addio di Renzi, l’ipotesi di un Governo indebolito dall’assenza di una maggioranza partitica.
Dunque, senza la certezza di fare 161, lo scenario più probabile sarebbe quello di una (ri)salita al Colle di Giuseppe Conte per rassegnare le proprie dimissioni al Capo dello Stato. Un atto che quasi certamente farebbe da preludio a un reincarico e a un Conte ter, che a quel punto, con la possibilità di poter ridistribuire tutti i ministeri e i sottosegretariati, otterrebbe verosimilmente, e senza tanti patemi, la maggioranza assoluta.
Ovvio che anche questa seconda ipotesi nasconde un rischio per l”avvocato del popolo’, un rischio legato all’incognita che le dimissioni sempre nascondono. Non è escluso infatti che la crisi possa poi degenerare e che la strada più larga al momento possa divenire improvvisamente stretta da intraprendere e, peraltro, senza alcun premio evangelico sotteso. In pratica, il rischio, pur remoto, è che Conte dopo aver lasciato la poltrona, possa ritrovarsi escluso e sostituito da un esecutivo istituzionale.
E allora la scelta – se entro domani non verrà raggiunto il traguardo dei 161 – è tutta lì: preferire oggi una fiducia immediata, frutto di una maggioranza politicamente debolissima, o puntare domani su una fiducia più solida, ma con una quota di rischio maggiore? E mentre Conte si arrovella nel drammatico dilemma dell’uovo e della gallina, Renzi cerca in tutti i modi di evitare una debacle sempre più probabile. L’ex rottamatore ha giocato d’azzardo ancora una volta, col Referendum andò malissimo, e questa volta – non dovesse riuscire nell’intento di far cadere dalla torre il Presidente del Consiglio – rinascere dalle ceneri sarebbe quasi impossibile. Anche per una fenice fiorentina.