Cuba: 9 giorni di lutto nazionale per Castro. Dalla “libreta” allo Stato di polizia
26 Novembre 2016
Cuba si fermerà per nove giorni in omaggio al defunto leader della Rivoluzione, Fidel Castro, morto stanotte a 90 anni. L’urna con le ceneri del “lider maximo” attraverserà l’isola per quattro giorni. Il Consiglio di Stato della Repubblica, l’organo più alto dell’esecutivo cubano, ha annunciato il protocollo per i funerali: i nove giorni di lutto nazionale cominciano oggi e si protrarranno fino a mezzogiorno del 4 dicembre, giorno in cui si terrà la cerimonia di inumazione nel cimitero di Santa Ifigenia, a Santiago del Cile.
La salma di Fidel Castro sarà cremata e le ceneri saranno trasportate per quattro giorni attraverso tutta l’isola fino alla città, nell’estrema punta orientale dell’isola, dove germogliò la Rivoluzione, con l’assalto alla caserma Moncada, il 26 luglio del 1953. Durante i nove giorni, “cesseranno tutti le attività e gli spettacoli”, le bandiere ondeggeranno a mezz’asta negli edifici pubblici e in quelli militari e la radio e la televisione faranno una programmazione informativa, patriottica e storica. Lunedì si terra’ “un evento di massa” nella Plaza de la Revolucion Jose Marti’ dell’Avana.
Ma Cuba fa bene a festeggiare Castro? “Fidel disse che Cuba avrebbe avuto un tenore di vita superiore a quello degli Stati Uniti, ma non s’è mai liberata dalla ‘libreta’, la tessera del razionamento; profetizzò una rivoluzione sociale a Washington e il trionfo del socialismo sovietico: s’è visto com’è andata; disse che la sua era ‘l’isola delle libertà’, ma creò uno Stato di polizia che i cubani hanno minacciato di svuotare ogni volta che s’è aperto uno spiraglio di fuga”, dice Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina all’Università di Bologna.
“Castro giurò perfino che Cuba avrebbe creato migliori formaggi dei francesi, ma di quel sogno rimane appena il monumento a una celebre vacca nell’isola della gioventù. Eppure Fidel uscirà vincitore dalla storia: ha sotterrato Kennedy e Kruschev, Reagan e Gorbaciov; è morto nel suo letto. Per molti, rimane e rimarrà un’icona. Non certo perché il suo socialismo funzioni: a ciò credono solo i devoti, più numerosi tra coloro che vivono lontani dalle sue meraviglie che tra quanti le patiscono ogni giorno”.
“Il mito di Fidel Castro – sempre secondo Zanatta – è presto detto: ha tenuto testa all’Impero, tanto basta! Poco importa che abbia violato diritti umani, soppresso libertà, prodotto una società basata sul ‘si salvi chi può’, tenuto a balia una burocrazia di partito privilegiata, condotto costose guerre più utili al suo ego che ai suoi cittadini, partorito un sistema inefficiente e corrotto. Poco importa se chiese a Mosca di scatenare la guerra nucleare nell’ottobre 1962 e se lungi dall’aver raggiunto la vantata indipendenza nazionale”.
“Castro lascia un paese più che mai dipendente: rimesse degli emigrati e dollari dei turisti sono le voci più importanti del bilancio cubano e nell’isola un profondo baratro divide chi ha amici nel partito e chi no, chi ha familiari all’estero a mandare dollari e chi non ha santi a cavargli le castagne dal fuoco. Castro è stato un grande personaggio storico prepotente ma seducente, dogmatico ma brillante, violento ma colto, cinico ma affabile. Non ha mai fatto vita normale: una famiglia, un lavoro. Il suo mestiere è stato comandare. Guadagnava poco, ma viveva benone: tutto ciò che l’isola offre era a sua disposizione; Cuba è stato il suo regno. Gli affetti, le amicizie, la lealtà, la sincerità: tutto fu per lui sacrificabile alla missione storica che riteneva di dover compiere. Ne era così conscio che Cuba gli è sempre stata stretta”.