Culle vuote? Se i centri per abortire superano quelli per nascere…
05 Febbraio 2019
La scorsa settimana è stata trasmessa al Parlamento l’annuale relazione sullo stato di attuazione della legge per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. Se da un lato prosegue la diminuzione dell’interruzione volontaria della gravidanza dall’altro emerge che per la prima volta in Italia il numero dei “contraccettivi d’emergenza” ha superato il numero delle nascite. E inoltre dai dati delle regioni risulta una struttura sanitaria in cui il numero dei punti Ivg (interruzione volontaria della gravidanza) supera quello dei punti nascita anche in Regioni che fino a poco tempo fa erano orientate al sostegno della natalità e della famiglia. Il rapporto segue l’allarme lanciato alla fine del 2018 dall’ISTAT: il minimo storico delle nascite – mai così basso dall’Unità d’Italia – è stato nuovamente superato al ribasso. Nel 2017 i nuovi nati sono risultati 15mila in meno rispetto all’anno precedente, e per il terzo anno consecutivo sotto il mezzo milione.
Lo scenario descritto dall’Istituto di statistica è inquietante. Sono quasi 120.000 (praticamente la popolazione di un Comune di medie dimensioni) le nascite in meno rispetto all’inizio della crisi economica. La fase di calo della natalità innescata dalla crisi economica avviatasi nel 2008 sembra quindi aver assunto caratteristiche strutturali. La riduzione delle nascite è un fenomeno che riguarda tutti i Paesi industrializzati.
L’Italia, però, riesce a fare peggio di tutti. Anche rispetto a Grecia, Portogallo, Ucraina; a Paesi che hanno avuto condizioni economiche difficilissime. La denatalità e la condizione delle famiglie sta diventando sempre piu’ uno dei problemi centrali, sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista economico che l’Italia è chiamata a risolvere. E per questo sono sempre piu’ urgenti politiche integrate a sostegno delle famiglie e delle giovani coppie anche e soprattutto in un momento in cui viene messo in discussione il significato della famiglia stessa. E le istituzioni, sia quelle centrali sia gli enti locali, sono chiamati ad intervenire. E si puo’ e si deve fare tanto.
A Parma dal 2007 al 2011 c’è stata una esperienza unica nel suo genere. L’attenzione data alle politiche per la famiglia aveva fatto di Parma una best practice per tutta l’Italia (e anche per l’Europa). Abbiamo dato avvio subito ad alcuni interventi tariffari a favore delle famiglie numerose (con tre o più figli): dalle agevolazioni per il trasporto pubblico e per la frequenza ai servizi per l’infanzia, all’abbattimento della quota variabile della Tariffa Igiene Ambientale. Come amministrazione comunale, all’epoca, avevamo introdotto inoltre il rimborso dell’Irpef locale a partire dalle famiglie con almeno due figli. Successivamente dopo un’approfondito studio fatto da un comitato scientifico multidisciplinare che avevo insediato abbiamo messo a punto il quoziente familiare (noto poi come Quoziente Parma): un coefficiente correttivo dell’Isee – il primo introdotto in Italia – con lo scopo di rimodulare le tariffe comunali, e dunque l’accesso ai servizi dell’Amministrazione (nidi, scuole dell’infanzia, servizi per gli anziani…), in modo da renderle più eque per le famiglie. Non sarà stato perfetto. Ma attribuiva maggior peso ai carichi familiari, con particolare riferimento al numero dei figli, alla condizione lavorativa dei genitori, alla presenza di anziani, di persone con disabilità, di figli in affido, alla condizione di monogenitorialità. Sperimentazione che era stata condivisa da numerosi Comuni (piu’ di 50, a partire da Roma). Un vero e proprio cambio di passo culturale che sarebbe auspicabile che potesse rappresentare un obiettivo anche delle politiche fiscali nazionali, come ha auspicato giustamente la scorsa estate anche il Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Oltre al quoziente familiare abbiamo poi avviato il progetto “Famiglia è Futuro” che comprendeva tre bandi per sostenere le giovani coppie che prendono casa in affitto (Mettiamo su casa), i genitori che scelgono di accudire personalmente il proprio bambino nel suo primo anno in famiglia (Primo anno con mamma e papà) e le famiglie, stimolando progetti di mutuo aiuto tra famiglie residenti nello stesso quartiere (La famiglia insieme in quartiere).
Avevamo attivato il progetto delle tagesmutter che avevano rappresentato anche un occasione di lavoro per giovani donne, alcuni laboratori famiglia nei quartieri e la Parma Family Card. Grande importanza ha rivestito anche la sperimentazione con le principali realtà industriali della città delle politiche per la Conciliazione dei tempi famiglia – lavoro –città. Avevamo inoltre anche costituito, con il supporto del Governo, in particolare grazie al sostegno dell’allora Sottosegretario alle politiche familiari Carlo Giovanardi, un network europeo di città per la famiglia, finalizzato a valorizzare politiche innovative e il ruolo della città di Parma come luogo di studio e sperimentazione delle stesse. Ma piu’ importante delle singole misure è il principio che riconosce il ruolo sociale della famiglia nella società. A fianco dell’Agenzia per la famiglia (fortemente voluta dall’associazionismo familiare) apportavano il loro contributo anche importanti partner come il Comitato scientifico per un Welfare a misura di famiglia, il Forum nazionale delle Associazioni Familiari, Forum Solidarietà e appunto la Consulta delle Associazioni familiari (46 associazioni) nella consapevolezza che l’associazionismo familiare, considerato risorsa insostituibile della comunità è capace di quelle relazioni di prossimità che nessuna Amministrazione, nemmeno la piu’ virtuosa è in grado di far nascere e di promuovere. Tutto questo nella convinzione che la famiglia è la cellula primaria della società, la prima agenzia educativa (in quanto presiede alla trasmissione dei valori), la prima agenzia di welfare, e non solo: è il nucleo su cui si fonda l’economia dei consumi e può quindi rappresentare, se rafforzata, la chiave di volta per la ripresa economica.
*Ex Sindaco di Parma