Da “D’Alema dì qualcosa di sinistra” a “Veltroni dì qualcosa…”
10 Luglio 2007
di Enzo Sara
C’è un interrogativo che – ahimè – comincia a farsi sempre più
strada nella mia mente: mica andrà a finire che il centrosinistra
riuscirà nella titanica impresa di farci rimpiangere Prodi? E’ un
paradosso e una provocazione solo fino ad un certo punto. Magari sarò
troppo drastico e fazioso, ma i due aspetti che lei coglie nella sua
analisi non si limitano a testimoniare che Veltroni parte col piede
sbagliato. In realtà, dimostrano che siamo già in presenza di un doppio
fallimento.
Primo: il fallimento di un leader. Veltroni si conferma un grande
bluff mediatico, un contenitore e non un contenuto, una forma e non una
sostanza. Il suo comportamento sul referendum è emblematico del suo
modo di essere e di agire: individuare obiettivi di astratto buon
senso, parlare per frasi fatte e vuota retorica buonista, limitarsi a
esprimere petizioni di principio senza indicare ricette concrete,
proposte precise, soluzioni praticabili.
Questa melassa inconcludente è stata finora il segreto del suo
successo. Ma adesso le cose cambiano, perchè cambia il ruolo che
Veltroni deve svolgere. Provo a riassumere in una battuta la parabola
della sinistra italiana. Anno 1998: “D’Alema, dì qualcosa di sinistra”.
Anno 2007: “Veltroni, dì qualcosa”.
Secondo: il fallimento di un progetto. Se non ci fermeremo
all’immagine, davvero non vedremo alcuna reale discontinuità rispetto a
Prodi e all’attuale centrosinistra. Del resto, basti pensare al tipo di
investitura che Veltroni ha ricevuto: una candidatura calata dall’alto,
con ratifica “democratica” (sic) a ottobre. Come dire: siamo un Partito
democratico, ma non troppo. L’indicazione di Veltroni è maturata nelle
stanze e nei corridoi della “nuova” partitocrazia, in forme e modi che
hanno uno sgradevole sapore di Prima repubblica. E così a ottobre
assisteremo ad un bis non richiesto: primarie bulgare, con candidato
sostanzialmente unico, sulla falsariga di quelle con cui a suo tempo fu
“incoronato” Prodi. Manca solo lo scalfarotto di turno, tanto per dare
una parvenza di competizione al percorso tracciato per giungere al
traguardo di un verdetto già scritto. Hanno scelto perfino il vice:
Franceschini, che completa il ticket di politici-scrittori. Prendere o
lasciare. E’ la (social)democrazia, bellezza.