Da Gaza al Libano tutta la colpa è di Israele

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Da Gaza al Libano tutta la colpa è di Israele

Da Gaza al Libano tutta la colpa è di Israele

15 Giugno 2007

Ciò
che sta accadendo in questi giorni in Medio Oriente mostra qualcosa che da
tempo cova nell’ombra, non solo nel mondo arabo ma anche in Occidente: l’odio
per Israele è l’ultima incarnazione che l’antisemitismo ha assunto nei secoli e
non è meno virulenta di quella che ha orribilmente sfregiato il secolo scorso.

Lo
aveva detto per la verità anche il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, ma come spesso accade alle parole, anche le più autorevoli,  esse avevano galleggiato sulla superficie dei
fatti senza smuoverli.  Oggi invece sono
i fatti a smuovere le parole. Più il Medio Oriente si infiamma più le accuse contro Io stato degli Ebrei diventano merce corrente.

Vista
oggi, Israele, non solo è all’origine della guerra civile tra Hamas e Fatah, ma
la fomenta e la incoraggia; Israele è la causa degli scontri in Libano tra i
miliziani qaedisti di Fatah al-Islam e le truppe regolari, così come era responsabile
delle conseguenze della guerra contro Hezbollah; e sempre Israele è dietro la
resa dei conti tra sunniti e sciiti in Iraq, e chissà cos’altro ancora.

Non
importa che tutte queste accuse siano vere e neppure verosimili, importa che
circolino, che avvelenino l’aria, che attecchiscano ovunque.

Quando
Massimo D’Alema dice che il conflitto israelo-palestinese è “la madre di tutti
i conflitti medio orientali” si nutre di quello stesso alimento e a sua volta
lo diffonde.

 Il
cortocircuito tra colpa e odio è evidentissimo ed è la vera materia prima della
crisi che sconvolge la regione. L’ebreo collettivo incarnato da Israele manovra
nell’oscurità, complotta con la demoplutocrazia americana per destabilizzare i
paesi arabi, accumula ricchezze e risorse sottratte ai popoli oppressi dalla
sua potenza militare. Per queste ragioni va odiato, combattuto e cancellato
dalle mappe.

All’ombra
di questo gigantesco pretesto, insieme avvelenato e autoassolutorio, può
fiorire qualsiasi disegno di potere e qualsiasi efferatezza. Ed è infatti
quello che sta accadendo. Dall’Iran che ambisce ad assurgere a potenza atomica regionale,
all’Arabia Saudita e Egitto che sperano di contrastarlo, passando per il
controllo dell’Olp su cui si scontrano Hamas e Fatah, per arrivare ai nuovi
possibili  assetti in Libano o in Iraq,
sono i principali fronti aperti in Medio Oriente che vengono occultati con l’inganno
della colpa israeliana.

 
Il
miliziano di Hamas in divisa che spara alle gambe del fratello palestinese
anche lui con la divisa da poliziotto di Fatah, forse ha in testa che la colpa
di quel gesto l’abbiano gli ebrei di Israele e che lui è solo il punto di
arrivo involontario e disperato della macchina repressiva israeliana. Certo non
lo pensano i suoi capi a Damasco, ma hanno tutto il vantaggio che quell’idea
persista.

L’idea,
cioè,  che tolti gli ebrei di mezzo il
Medio Oriente diventi una regione di pace e  di fratellanza, dove gli arabi ritrovino il
loro “lebenstraum”, lo spazio vitale,  e
possano crescere e prosperare senza il parassita giudeo.

Finchè
quell’idea ha cittadinanza nel mondo arabo il campo resta libero per ogni regolamento
di conti, per ogni partita di potere, anche la più efferata e cinica come
%0Aquella che infiamma le strade di Gaza in questi giorni.  E poiché quella stessa idea ha ascolto anche
nella comunità internazionale tutto questo potrà svolgersi senza eccessivo
disturbo. Il pregiudizio anti-israeliano ingabbia infatti anche le
organizzazioni internazionali, l’Onu prima tra tutte. Se la colpa è sempre di
Israele alla fine la forza di interposizione in Libano finirà per proteggere il
riarmo di Hezbollah e impedire all’esercito israeliano i voli di ricognizione.
E se si pensa ad un’azione internazionale a Gaza bisognerà dire che serve a “impedire
le incursioni israeliane”. I sondaggi europei diranno che Israele è la
principale minaccia per la pace nel mondo e Amnesty International macinerà
studi e rapporti tutti dedicati alle violazioni di Gerusalemme.

 
E’
fin troppo chiaro che le caratteristiche di questo antisionismo sono
terribilmente simili all’antisemitismo che regnava in Europa tra la prima e la
seconda guerra mondiale. L’unica differenza con l’oggi e che gli ebrei non sono
più solo un popolo ma anche uno Stato perfettamente in grado di difendersi. Con
molti nemici ma anche qualche sicuro alleato.

Questo
non mette il paese a riparo dai rischi ma aiuta nel momento del bisogno.

 Qualche
giorno fa si celebrava il quarantesimo anniversario della guerra dei Sei
Giorni, quando Israele accerchiata dagli eserciti di quasi tutti i paesi arabi
confinanti riuscì a ribaltare la situazione e sbaragliare i nemici. Si è
scritto che è stata una vittoria sprecata perché non ha portato la pace tra
Israele e palestinesi. Ma i fatti di questi giorni dimostrano che non fu
affatto sprecata perché è proprio da allora che gli stati arabi capirono che
Israele non poteva essere annientata con mezzi militari. E se non ha portato la
pace con i palestinesi è proprio oggi che  si capisce perché.

Se
i patti di pace tra due fazioni palestinesi non reggono 24 ore come possono
reggere quelli tra Israele e palestinesi? 
Israele ha sempre saputo la risposta: non possono.