Da Latina a Napoli passando per il web: la guerra tra finiani ipoteca il finismo
06 Aprile 2011
Due mesi che sembrano due anni. Lunghi e accidentati: dall’11 febbraio, giorno della costituente, a oggi sulla scena politica c’è un partito che mostra molto di vecchio e poco di nuovo. Strano destino quello di Futuro e Libertà, appena nato e già dilaniato da una sfida all’Ok Corral tra falchi e colombe. La realtà è che il progetto voluto da Gianfranco Fini – la nuova destra moderna ed europea -, nel breve spazio di due mesi non solo ha perso dieci parlamentari ma pure la ‘bussola’.
La realtà è che dentro al partito del rinnovamento a prescindere, dell’etica della politica, della legalità, convivono – ormai forzatamente – due partiti: uno con un profilo moderato e saldamente ancorato al centrodestra, che vuole tenere in piedi un confronto costruttivo col Pdl e l’altro che in nome dell’antiberlusconismo e del ‘tutto ciò che riguarda il Pdl è da mandare al macero’, è disposto a valutare alleanze anche con la sinistra pur di raggiungere l’obiettivo. L’eterna ‘guerra’ tra correnti, tra falchi e colombe, tra moderati e pasdaran un risultato l’ha già prodotto. E a tempo di record: ipotecare il finismo e disorientare l’elettorato, cioè dividerlo.
Ma cosa è accaduto dal battesimo di Fli ad oggi? ‘Di tutto e di più’ per usare uno slogan. Dalla separazione in casa, meglio nel laboratorio-pensatoio di Farefuturo dopo lo scontro frontale Bocchino-Urso per la guida del partito (che Fini ha assegnato al primo senza passare dalla consultazione dei suoi, cioè l’assemblea) e che all’interno della Fondazione ha portato alla chiusura del giornale on line diretto da Filippo Rossi (paladino del presidente della Camera) che ai lettori futuristi comunicò l’adesione alla manifestazione della sinistra contro il premier e in difesa della Costituzione e della dignità del mondo , al ‘travaglio’ di Ronchi che dal ‘capo’ si aspettava qualcosa in più dopo aver lasciato senza batter ciglio la poltrona del ministero, al ‘trasloco’ di dieci parlamentari (tra Camera e Senato), allo sgretolamento del gruppo a Palazzo Madama. In pillole la cronistoria, ma i fatti più recenti raccontano dell’altro: lo scontro tra due partiti dentro un partito alla vigilia della campagna elettorale per le amministrative. E da questo punto di vista i casi di Napoli e Latina sono emblematici.
Il caso Napoli.
Sono bastate due settimane per sfaldare il fronte terzopolista e aprire l’ennesima falla dentro Fli. Il leader regionale dei futuristi Enzo Rivellini (eurodeputato vicino al presidente della Camera) rompe gli indugi e convoca una conferenza stampa per dare l’annuncio choc: “Siamo con la città e con i cittadini, non possiamo consegnare Napoli alla sinistra quindi Fli appoggerà Gianni Lettieri. C’è rigetto rispetto a ipotesi di perpetuazione del governo delle sinistre. Ho rimesso nel primo pomeriggio di lunedì nelle mani di Pierferdinando Casini il mio mandato di coordinatore regionale campano del Nuovo Polo per l’Italia”. Sostegno a Lettieri, dunque, già dal primo turno con l’obiettivo di conquistare Palazzo San Giacomo senza dover passare dal ballottaggio.
I motivi? Rivellini dice che non è per l’addio al Pdl del consigliere regionale Diodato passato a Fli, ma al di là delle beghe locali probabilmente ai futuristi napoletani non è andata giù la scelta di sostenere un candidato centrista considerato ‘debole’ e comunque il fatto di dover rinunciare all’opportunità di un fronte compatto del centrodestra per strappare alla sinistra il governo della città (considerando poi che la Regione è già a guida centrodestra, Udc compreso). Insomma, una questione di strategia politica sembra essere il vero nodo che ha provocato tutto questo ambaradan.
Va da sé che gli effetti di una scelta del genere non resteranno dentro i confini della città ma già si ripercuotono nei delicati equilibri della coalizione guidata da Casini che a questo punto in una delle città-simbolo della tornata elettorale è rimasto da solo (nonostante Rutelli e Lombardo). E la prima conseguenza è lo scontro aperto tra la direzione nazionale di Fli e il coordinatore della Campania che di fatto ha rinnegato il candidato sindaco del Terzo Polo, Raimondo Pasquino, rettore dell’Università di Salerno, presentato ai napoletani con rulli di tamburi e squilli di trombe lo scorso 27 marzo al Teatro Augusteo, presenti Fini, Casini e Rutelli.
Da Roma il numero due dei futuristi tuona: “Le dichiarazioni dell’onorevole Enzo Rivellini rappresentano una posizione personale che non coinvolge Futuro e libertà. Il nostro impegno per la costruzione del Nuovo polo in occasione delle amministrative nelle grandi citta’ resta tale a Napoli come a Milano, a Torino come a Bologna, e pertanto è indiscutibile anche nel capoluogo campano la nostra alleanza con Udc, Api e Mpa, e il nostro sostegno convinto al candidato sindaco Raimondo Pasquino”. Bocchino avverte poi che l’uso del simbolo del partito è stato delegato a Roberto Menia, coordinatore nazionale di Fli. Una mossa per ‘esautorare’ Rivellini che a Bocchino lancia la sfida, ma il realtà il messaggio è per Fini: “ Se questa è la linea del partito, allora devono commissariare Fli Campania e ci devono cacciare. Tutto questo mi ricorda un altro signore che, qualche tempo fa, ha fatto la stessa cosa quando ha detto ‘Che fai mi cacci’?”.
Gli effetti nazionali di questa ‘mina’ all’ombra del Vesuvio sono evidenti perché Urso e Ronchi (i moderati di fli) corrono in soccorso di Rivellini. Entrambi auspicano una ricomposizione ma al tempo stesso segnalano che “non servono atti di imperio che possono ingenerare ulteriori strappi ma il confronto sul merito dei problemi e il rispetto delle regole interne” (Urso) e che “è necessario evitare divisioni per rafforzare la chiara linea di alternativa alla sinistra” (Ronchi).
Il caso Latina.
E’ la questione che forse meglio di altre rivela l’esistenza di due partiti in uno. Tutto comincia dall’idea di fare della città dell’Agro Pontino una sorta di ‘laboratorio politico’ nel quale sperimentare alleanze ‘larghe’, nel senso di allargare alla sinistra. L’idea che aveva preso piede ma che dopo le polemiche al fulmicotone sembra ormai tramontata è che lo scrittore “fasciocomunista” Antonio Pennacchi guidasse una lista sostenuta da Fli e ancorata al candidato sindaco del centrosinistra. Anche qui, falchi contro colombe, in mezzo Bocchino a doverci mettere una pezza (o a creare ulteriore caos?). L’idea ha fatto drizzare i capelli alle colombe finiane, Urso e Ronchi in testa che hanno rispedito al mittente, cioè al capogruppo di Fli alla Camera Benedetto Della Vedova la sua ‘benedizione” sull’operazione-Pennacchi. Chiaro l’imbarazzo degli ex aenne moderati, a maggior ragione in una storica roccaforte della destra dove in gioco ci sono gli elettori e i voti.
E Urso lo ricorda quando avverte che la città “è un simbolo nella tradizione della destra italiana, dove per la prima volta si concretizzò l’aspirazione ad una destra di governo, per questo è importante più che altrove l’indicazione che Fli darà agli elettori”. Non la pensa così il pasdaran Fabio Granata che fa il tifo per la candidatura di Pennacchi del quale ha grande stima “innanzitutto perché è il vincitore del premio Strega. E poi perché è un personaggio atipico della cultura italiana, legato a una cultura di frontiera. Da questo punto di vista ci ha sempre interessato. Anche il suo libro più famoso, il Fascicomunista, è un cult del nostro mondo, non soltanto di quello giovanile”, spiega ad Affaritaliani.it.
Non solo ma il finiano di ferro manda messaggi anche a chi in Fli (cioè l’europarlamentare Potito Salatto vicino a Urso e Ronchi) continua a tenere relazioni e rapporti con quelli del Pdl. Bocchino prova a chiudere la querelle ma ormai la stalla è aperta e i buoi sono scappati: nessuna lista col Pd, nemmeno a Latina, assicura. Una sconfessione bella e buona per il capogruppo del suo partito e per il vicepresidente della commissione antimafia a Montecitorio.
Guerra futurista on line.
Il Futurista versus FareItalia. Il primo guidato da Filippo Rossi e in linea con l’ala oltranzista, il secondo capitanato da Urso. Prima gli editoriali al fiele sulla presentazione di un libro nella sede della Fondazione Farefuturo alla quale sono stati invitati nientemenoche due esponenti del Pdl, è l’accusa del webmagazine di Rossi, poi la replica del giornale on line di Urso sulla partecipazione di due parlamentari di Fli – Fabio Granata e Flavia Perina – alla manifestazione della sinistra (il d-day per la democrazia) davanti a Montecitorio dove tra bandiere rosse e cori sulle note di Bella Ciao si è urlato anche “Morte al tiranno”. Stavolta, comincia il magazine delle colombe finiane che scrive: “Evviva il compagno Granata! Evviva la compagna Perina’! Cosi la coppia finiana viene omaggiata dai girotondini viola alla loro apparizione tra coloro che manifestavano ieri davanti a Montecitorio ‘tra le bandiere comuniste, vessili del Pd e bandiere di Futuro e liberta’". E giù con le stoccate: “La descrizione non è del Giornale o di Libero, organi berlusconiani, ma de ll Messaggero molto vicino a Pier Ferdinando Casini. E’ questo ll ‘vero centrodestra’ che noi di Futuro e libertà intendiamo realizzare?".
Risponde il Futurista che difende la bandiera di Fli accanto a quelle con la falce e il martello definita un’immagine in cui “convivono senza timori e senza problemi, storie, emozioni e passioni diverse. Unite da un’idea: la salvaguardia di una comunità la difesa del bene dell’Italia”. No, nessun imbarazzo scrive il giornale di Filippo Rossi che chiosa: “Altro che ‘fasciocomunismo’ , si tratta di ‘spirito costituente”. Se questo è l’esordio il futuro dei futuristi non promette granchè.
Forse la sintesi migliore di tutto ciò che sta accadendo nel partito del ‘nuovo che avanza’ è racchiusa nell’interrogativo che sul Riformista si pone il professor Alessandro Campi, direttore scientifico della Fondazione Farefuturo e ideologo di Fli, qualche mese fa vicinissimo a Fini, oggi lontanissimo. Campi si domanda, tra l’altro, per quanto tempo potranno convivere due partiti in un partito, quello “oggettivamente filo-berlusconiano, che preme per riallacciare un dialogo con l’attuale maggioranza e non vuole sentire parlare di aperture a sinistra o di contaminazioni ideologiche, e quello radicalmente ostile al Cavaliere, che preme per allearsi con i suoi storici avversari e sperimentare nuove formule”. Ma soprattutto: “A quale elettorato può mai rivolgersi un partito che oscilla tra soluzioni tanto diverse, il cui vertice appare indeciso se schierarsi a destra, al centro o a sinistra?”