Da Napoleone all’11/9, c’è sempre qualche negazionista dietro l’angolo
25 Settembre 2011
Ogni grande evento storico ha i suoi negazionisti. Ci sono ‘ricercatori’ che hanno messo in dubbio l’olocausto sulla base di complessi calcoli del numero dichiarato delle vittime, dei forni crematori e dei gas in uso; altri, nell’Ottocento, si erano divertiti a dimostrare che Napoleone non era mai esistito. Non potevano mancare, pertanto, i negazionisti dell’11 settembre. "In mille occasioni — si legge sul sito ‘Fisica/mente’ — si è visto che al-Qaeda è il nemico di comodo costruito ad arte dagli americani o dagli israeliani e opportunamente ingigantito dai media, quello più funzionale ai loro piani. […] Il sistema dominante, ha bisogno anche dei ‘cattivi’ per giustificare le proprie misure repressive o anche a volte per scopi meno confessabili".
Il discorso prelude alla teoria della ‘strage di Stato’: sono stati il Presidente Bush e i servizi segreti israeliani a ordire il massacro per alimentare l’antislamismo…e aumentare le commesse belliche in un momento economico difficile per gli S.U. Insomma quanto s’è visto sullo schermo — gli aerei in picchiata sulle Twin Towers – sarebbe un fotomontaggio, analogo a quello dello sbarco americano sulla Luna, prodotto negli studios di Cape Canaveral o–per i revisionisti della domenica–alle foto dei lager nazisti. Non solo storici come Franco Cardini e giornalisti come Giulietto Chiesa hanno confutato le tesi ufficiali sull’11 settembre ma altresì settimanali come ‘L’Espresso’ e canali come RAI e la stessa Mediaset hanno insinuato dubbi sulle cause reali del crollo delle torri newyorkesi.
All’origine di questi atteggiamenti, si trovano due fattori che potremmo definire, per comodità, ‘antropologico’ l’uno, ‘ideologico’ l’altro. Il primo può essere ricondotto al fascino del mistero, per cui volentieri ci si immagina trame nascoste dietro guerre e attentati e ci si compiace dell’appartenenza all’elite che ‘non se la beve’ e non si lascia ingannare dalle bugie del potere. Il secondo va individuato nell’antiamericanismo di sempre,un tumore dell’intelligenza,che le subculture fascista, cattolica e marxista hanno inoculato nella nostra political culture. Il 12 settembre si poteva leggere negli editoriali che ‘siamo tutti americani’ ma in gran parte della società italiana, al nord come al sud, serpeggiava un segreto compiacimento dinanzi alla caduta del mito della sicurezza vantato dalla fortezza insulare nord-americana.
Il fatto che si potesse colpire il simbolo stesso dell’economia capitalistica e della democrazia liberale, era già di per se stesso gratificante per una ‘ideologia’, come quella nazionale, che nelle sue elaborazioni teoriche più ambiziose, si è legittimata come superamento del mercato e del collettivismo, in nome di una terza via ispirata al solidarismo cattolico o a un socialismo aperto e ‘liberale’: se poi la tragedia poteva venir presentata come farsa tragica, una messinscena ordita dalla Casa Bianca, le ragioni dell’odio e del disprezzo trovavano nuova giustificazione nel cinismo dei signori del mondo.