Da Parigi a Londra, Auschwitz riaccende la polemica politica

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Da Parigi a Londra, Auschwitz riaccende la polemica politica

02 Marzo 2008

Auschwitz e Shoah, il dramma e la memoria. Temi caldi, forieri di aspri dibattiti civili tanto a Londra quanto a Parigi. Tema della discussione, due iniziative promosse dal premier inglese Gordon Brown e dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Sul fronte britannico, il primo ministro laburista ha deciso di istituire viaggi della memoria al campo di Auschwitz per gli studenti inglesi. Oltralpe, invece, il presidente Nicolas Sarkozy ha proposto agli alunni francesi delle scuole elementari di “adottare” un coetaneo vittima dell’Olocausto.

Due iniziative apparentemente lodevoli, volte a favorire il ricordo della più grande tragedia del Novecento presso le generazioni più giovani. Ma le critiche, in entrambi i casi, non si sono fatte attendere: se in Francia intellettuali, politici, insegnanti e comuni cittadini hanno espresso più di un dubbio di fronte alla trovata di Sarkò, investendo le colonne dei principali quotidiani, a Londra la tempesta nasce da un’affermazione del leader conservatore Cameron che ha bollato come “una trovata propagandistica” le gite scolastiche del rivale Brown.

Il primo a caso a scoppiare è stato quello francese, sull’onda della giornata della Memoria – e, dicono i maligni, sull’onda del calo di popolarità che ha investito il presidente. A metà febbraio Nicolas Sarkozy ha reso pubblico il suo progetto: “Ho chiesto al governo, e in particolare al ministro dell’istruzione Xavier Darcos, di fare in modo che ogni anno, a partire dal prossimo, tutti i bambini dell’ultima classe delle elementari assumano il compito di custodire la memoria di uno degli undicimila bambini francesi vittime della Shoah” ha annunciato il presidente, specificando che “niente è più commovente per un bambino della storia di un bambino della sua età, che aveva gli stessi giochi, le stesse gioie e le stesse speranze”.

L’iniziativa, lanciata nel corso di una cena ufficiale del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia, ha inizialmente raccolto il sostegno politico dell’opposizione socialista – Francois Hollande, ai microfoni di “France Info”, ha dichiarato che “ogni volta che si può trasmettere l’esigenza del dovere della memoria, bisogna farlo” – scatenando però aspri dibattiti in seno agli altri partiti, ai sindacati degli insegnanti e alla popolazione francese. Distinguo che hanno investito anche l’ex premier della destra neogollista Dominique de Villepin, per il quale semplicemente “non si può imporre la memoria”. Scontata poi la protesta della destra estrema, capeggiata da Jean-Marie Le Pen che reputa l’iniziativa di Sarkozy quantomeno “aberrante”: “È orrendo sul piano morale, e criminale dal punto di vista psicologico obbligare dei bambini così piccoli a confrontarsi in modo così intimo con drammi della storia”.

E gli insegnanti? Il loro ragionamento, in fondo, è lo stesso di Villepin e Le Pen. Il Se-Usna – tra i maggiori sindacati delle scuole elementari – si chiede se “si è riflettuto sul possibile impatto psicologico sugli alunni”, mentre la Snuipp-Fsu – altra sigla sindacale – ha messo in luce il rischio che nei bambini si sviluppi una sorta di “senso di colpa per il destino di un alunno, del quale non è assolutamente responsabile”. Insomma, la posizione della scuola è chiara: troppo piccoli per un dramma troppo grande, ogni cosa a suo tempo. Stesso concetto espresso dell’ex ministro della sanità Simone Veil – deportata ad Auschwitz all’età di 16 anni –, oggi ottantenne: “Mi si è gelato il sangue” ha confidato ad un settimanale francese, “non si può chiedere a un bambino di identificarsi con un coetaneo morto”.

Più articolata, infine, la posizione del filosofo Bernard-Henry Lévy. È certamente una buona cosa, articola l’intellettuale in un intervento ripreso dal “Corriere della Sera”, “far sì che la memoria morta diventi una memoria viva” e “permettere ai morti d’essere nominati, individuati, personificati”, ma perché l’idea di Sarkozy fosse davvero buona si dovevano seguire alcuni criteri. Primo, consultare la Fondazione per la memoria della Shoah (presieduta dall’inorridita Simone Veil); secondo, consultare gli insegnanti; terzo, chiedersi come distribuire il ricordo di undicimila morti su un numero molto maggiore di bambini. Forse, conclude Lévy, sarebbe stato meglio pensare di adottare un bambino per classe: un modo, verrebbe da dire, per distribuire meglio il dolore. I francesi, comunque, non ci sentono: secondo la Reuters la percentuale dei contrari tocca l’85%, mentre il “Nouvel Observateur” ha già raccolto oltre 10.000 firme per invitare il presidente a tornare sui suoi passi.

Da Parigi a Londra, dal gemellaggio alla gita scolastica: stesso tema, stesse polemiche. A far discutere i britannici è una trovata dei laburisti, che hanno istituito un fondo per finanziare gite scolastiche al campo di sterminio di Auschwitz. Per ogni gita nel corso dei prossimi tre anni, la scuola dovrà procurarsi 100£ mentre le restanti 200£ saranno a carico del governo: viaggi brevi ma incisivi, un vero e proprio tour de force che prevede andata e ritorno dalla Polonia in aeroplano nel corso dello stesso giorno. Tornati in patria, i ragazzi seguiranno poi un seminario per riflettere sull’esperienza vissuta. Karen Pollock, a capo dell’Holocaust Education Trust, spiega: “Siamo molto preoccupati del fatto che verrà un giorno in cui non ci saranno più sopravvissuti che porteranno la loro esperienza nelle scuole”. Ecco allora che gli educati possono diventare i futuri educatori: “I giovani attraverso queste visite diventano testimoni loro stessi”.

In Inghilterra la bufera non è scoppiata tanto per l’età dei visitatori, quanto per le rimostranze mosse dall’opposizione al governo. A innescare la bufera, il leader dei conservatori David Cameron secondo il quale i laburisti avrebbero promosso le gite a scopo propagandistico. L’iniziativa del governo rientra addirittura nella lista delle “26 trovate pubblicitarie di Gordon Brown”, precisamente in quarta posizione. Immediate le reazioni delle comunità ebraiche, che hanno espresso disappunto per la scelta di definire propagandistici i viaggi della memoria, mentre Karen Pollock ha fatto notare che “non si dovrebbero usare i viaggi ad Auschwitz per segnare dei punti in politica”.

Di qui il passo indietro di Cameron e del suo partito, che per bocca di un portavoce ha precisato che ad essere propagandistica non è la visita ad Auschwitz, quanto piuttosto l’annuncio del governo non accompagnato da una spiegazione sulla raccolta dei fondi necessari. Qualcuno, nel partito sotto accusa, si è spinto perfino a dichiarare che i conservatori – contrariamente ai laburisti che chiedono alle scuole di procurarsi 100£ a gita – avrebbero finanziato l’intero importo da versare alla compagnia aerea. Tentativi di salvataggio in extremis, insufficienti per fermare le polemiche.

Ma c’è anche chi, come il leader conservatore Hague, crede che Cameron non debba chiedere scusa a nessuno: nel corso di un congresso del partito a Bolton, Hague ha affermato infatti che “la gente capisce benissimo cosa Cameron e il partito intendevano dire”. I conservatori, ha continuato, sono favorevoli alle visite del campo di Auschwitz ma il problema del finanziamento governativo non può essere sottovalutato: “La gente dovrebbe essere abbastanza matura per riconoscerlo. La gente che reagisce istericamente lo fa perché cerca una qualsiasi cosa alla quale reagire istericamente”. Il dibattito, a Londra e Parigi, continua: i bambini sono pronti per Auschwitz? È giusto che un governo si accolli il finanziamento dei viaggi della memoria? Le risposte, in fondo, stanno alla sensibilità dei singoli cittadini.