Da ragazzo Obama andava anche a dormire col suo pallone da basket
20 Agosto 2009
Chissà che sensazione avranno avuto i compagni del giovane Obama quando la professoressa Mabel Hefty, che aveva trascorso un anno sabbatico in Kenya, chiese a “Barry” di raccontare al resto della classe cos’era l’Africa. Già da allora parve in grado di mesmerizzare l’uditorio col suo eloquio, parlando di riti tribali e della lotta dei kenyoti contro l’oppressore coloniale britannico.
In questo che possiamo considerare un anticipo del discorso di Accra, Obama parlò della battaglia per la libertà dei popoli africani, di quanti neri erano stati schiavizzati solo per il colore della loro pelle… ma non è chiaro se con questa storia abbia avvinto tutti i suoi compagni o li abbia resi solo un po’ più invidiosi verso il primo della classe. Qualche antipatia l’avrà suscitata, anche se oggi chiunque l’abbia incontrato alle Hawaii si professa come il suo miglior amico.
Intanto Obama cresceva. Cantava nel coro, iniziava a giocare a Basket, scriveva per il giornale letterario della scuola. Presto avrebbe indossato sandali aperti e vestiti afro, girando come se fosse in un’eterna Saturday Night Fever.
“Era il tipo di ragazzo che i professori amano avere in classe – spiega Bob Torrey, il suo insegnante di storia – Era attento durante le lezioni, ma non potrei definirlo uno studente ‘intellettuale’”. Ma è probabile che i compagni di classe lo vivessero proprio così, come un piccolo sapientino. Obama era pur sempre il figlio di una coppia che veniva dal mondo accademico. Aveva quel che si dice una “visione del mondo” ad un’età in cui i ragazzi, di solito, pensano a come scroccare l’auto di papà per portare la morosa al cinema.
Lui invece avrebbe potuto parlarti per ore delle condizioni di vita in Pakistan ed era sempre informatissimo sul Medio Oriente. Leggeva molta filosofia e discuteva con il prof di storia di politica ed esistenzialismo. Ha scritto di quel periodo: “Ero impegnato in una vera e propria battaglia interiore. Stavo cercando di collocare me stesso con un uomo nero in America e, dietro le apparenze, nessuno intorno a me sapeva esattamente cosa significasse”.
Non avendo modelli a disposizione, il giovane Obama per un po’ prende in prestito quello che gli offre la cultura popolare dell’epoca. Lo stereotipo dello studente nero della high school. Messi da parte i libri va "in cerca di rispetto" e inizia a praticare un sacco di sport. Il Basket è la disciplina in cui le questioni razziali dominavano meno, così impara a fare “ciuf” e lo impara tanto bene da eccellere anche in questa disciplina, com’era sua abitudine.
“Viveva, mangiava e dormiva con il suo pallone di basket. Palleggiava a scuola, tra le aule, durante la ricreazione. Barry aveva una vera passione per questo gioco”, ha detto il suo allenatore di allora. “Era un leader. Sembrava capace di richiamare la gente alle proprie responsabilità quando sbagliavano. Avrebbe potuto essere un coach meraviglioso”. Si appese un poster di Doctor “J”, Julius Erving, nella stanza e per un po’ non pensò ad altro se non agli Earth Wind & Fire e a “Guerre Stellari”.
Eppure era un giovane complesso, una persona in cui la confusione razziale, il fatto di sentirsi un meticcio, il senso di alienazione, si alternavano a una forte ambizione e ad un’intelligenza prensile, in grado di adattarsi mimeticamente alle cose. Cercava la “sua” identità in un’isola dove viveva gente dalle origini più disparate, dove collidevano culture, modi di essere e comportamenti, e tutto questo comportava uno sforzo di negoziazione continuo.
Sentiva che avrebbe potuto vivere insieme agli altri, ma che sarebbe stata una convivenza imperfetta. Aveva comunque il carisma per apparire convincente: “Quando lo abbiamo visto parlare alla Convention democratica – ha detto uno dei suoi professori – abbiamo riconosciuto lo stesso ragazzo che ci parlava allora”. Negli ultimi anni alle Hawaii non mancò di scrivere poesie, fumare marijuana e studiare il multiculturalismo, in attesa che la madre tornasse a casa per assistere alla cerimonia del diploma. (continua…)