Da Renzi a Gentiloni, l’Italia isolata negli Stati disintegrati di Europa
11 Dicembre 2016
Paolo Gentiloni ha ricevuto oggi dal presidente Mattarella l’incarico di formare il nuovo Governo, che adesso dovrà ottenere la fiducia del Parlamento. Abbiamo già scritto della scelta Gentiloni: quando Renzi si è accorto che un bis a Palazzo Chigi gli avrebbe fatto perdere definitivamente la faccia davanti agli italiani, ha fatto un passo di lato, puntando su un successore neutro, che possa consentirgli una continuità di gestione senza prendersi troppo la scena come sarebbe accaduto con Padoan o Franceschini a “Chigi”.
Adesso però ci spiegano che l’Italia non poteva permettersi di lasciare vuota la seggiola nei prossimi e importanti appuntamenti internazionali, dal Sessantennale del Trattato di Roma previsto a marzo al G7 di maggio, e chi meglio dell’ex titolare della Farnesina poteva e può garantire al nostro Paese di non sfigurare? Tanto più che a breve sapremo quanto ci è costata la manovra spot di Renzi per perdere il referendum, e quanto pagheremo di manovra aggiuntiva – per non dire del ventilato intervento di stato su Mps.
Negli ultimi due anni la nostra politica estera si è concentrata sostanzialmente su tre aspetti: la stabilizzazione della Libia, una gestione condivisa con gli altri Paesi Ue della emergenza migratoria, la difesa dei valori su cui è stata costruita l’Unione Europea. Con quali risultati? In Libia è stato proprio Gentiloni a presiedere con il segretario di stato americano Kerry i colloqui che hanno portato alla nascita di un governo di unità nazionale. Ma la Libia resta divisa e nel frattempo Obama è stato sostituito da Trump. Quindi siamo rimasti gli unici a sostenere il governo Sarraj, mentre il generale Haftar, dietro i proclami sul ripulire Sirte da Isis, ha già preso il controllo di molti pozzi petroliferi e non sembra il tipo da piegarsi senza colpo ferire, avendo le spalle copertissime da egiziani e francesi.
I vertici della nostra Marina militare avvertono che in Libia ci cono circa 200 mila persone pronte ad attraversare il Mediterraneo, ma l’unica cosa che l’Italia ha ottenuto fino adesso da Bruxelles è di aver contribuito al piano tedesco per pagare miliardi a Erdogan, chiudendo il “corridoio balcanico” e riaprendo in grande stile la rotta dei migranti verso Lampedusa. Anche la tanto decantata ricollocazione dei profughi da Italia e Grecia verso gli altri paesi europei è completamente fallita. Il che ci porta al ruolo che svolgiamo al momento in Europa.
Gentiloni nei giorni scorsi ha detto che il Belpaese deve avere “un maggior protagonismo” e “attrezzarsi ad una politica estera sempre più attiva”. Per adesso l’Italia renziana, schierata contro Brexit e contro Trump, che voleva creare un nuovo triumvirato italo-franco-tedesco, si è presa solo i sorrisini di Merkel e Hollande, e il triumvirato è finito ancora prima di cominciare. Anche in questo caso, a difendere lo “spirito di Ventotene” e i padri fondatori della Ue siamo rimasti solo noi. Del resto la vecchia Europa ormai è finita e se ne rendono conto gli stessi alti papaveri di Bruxelles.
“L’Europa non è la risposta a tutto, dobbiamo essere molto più critici sulla sua espansione, approfondimento o ampliamento, geografico o politico”, ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. “Il progetto europeo è stato molto ambizioso e di successo, siamo riusciti a riunire un Continente diviso e a creare la pace, ma ora l’era post-bellica è finita, dobbiamo ripensare il modo cui immaginavamo l’Europa”. E quale sarebbe questa difesa della “stabilità” europea? Per il numero uno della commissione Jean Claude Juncker “dobbiamo inventare un’orbita differente per tutti quei diversi partner che non si sentono a loro agio” in questa Ue.
Tradotto dal lussemburghese vuol dire una Europa a doppia, tripla, quadrupla velocità, con “orbite” diverse e concorrenti, magari in materie strategiche come la libera circolazione delle persone e delle merci. In attesa di capire che fine faranno l’euro e l’Europa, sul breve periodo aspettiamo di vedere che posizione prenderà l’Italia di Gentiloni nel nuovo gioco europeo che si sta profilando, e in che modo il governo italiano pensa di schiodarsi almeno un po’ dalla residuale posizione che al momento abbiamo nella Ue. Qualcosa ci dice che da Renzi a Gentiloni le cose non cambieranno granché.