Da Saviano a Piperno, vi spieghiamo perché in Italia la letteratura è morta
26 Marzo 2010
di Daniela Coli
La differenza tra letteratura e saggistica di denuncia l’hanno afferrata al programma "Otto e mezzo": in una puntata di qualche tempo fa, Lilly Gruber chiese ad Asor Rosa perché non era stata pubblicata una sola recensione di critica letteraria a Gomorra di Saviano. Ovviamente, Asor Rosa, per il quale l’intellettuale moderno si distingue dal savant perché fa parte di un gruppo politico, si è subito offerto di scrivere lui una recensione di critica letteraria a Gomorra e aspettiamo di leggerla.
Negli ultimi sessant’anni l’Italia non ha avuto né grandi romanzi, né grandi scrittori: quando nel 1994 è uscito Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro è scoppiato un cataclisma. La Tamaro aveva rotto un tabù: aveva scritto un romanzo ed è stata messa in croce dalla critica gauche, come se il romanzo moderno, il cui archetipo sono le Confessioni di Rousseau, dovesse essere ancora scoperto in Italia. Rousseau plagiò il titolo dall’autobiografia di Agostino, ma ha indubbiamente il merito – insieme a De Foe e Fielding – di avere inventato il romanzo moderno. In esso, quale sia il genere, è la psicologia dei personaggi ad avere la parte del leone, in certi casi fino a mangiarsi la trama – basta pensare a Flaubert e Proust.
Il romanzo moderno non è piattamente didascalico, non ci sono buoni e cattivi, angeli e demoni: è il contrario della saggistica di denuncia, che può anche svolgere un ruolo pubblico positivo, ma non è letteratura, come non lo sono quei racconti resistenziali degli anni ’50-60 come La ragazza di Bube di Cassola. Bube e compagni entrano in chiesa, il prete li manda via perché sono comunisti, loro tirano fuori la rivoltella e fanno secco il maresciallo perché difende il prete. Non contento, Bube spara anche al figlio del maresciallo e picchia anche il prete di cui era stato chierichetto. Roba da Sangue dei vinti di Pansa, col Bube dalla parte degli altri. Il Bube ha una ragazza, Mara, futuro nome di battaglia della Cagol, la moglie di Renato Curcio. La ragazza di Bube ha avuto un’infinità di edizioni, un film, recensioni, pubblicità. Era un romanzo-volantino come tanti racconti resistenziali. Niente a che fare con Bonjour tristesse di Françoise Sagan, un romanzo degli anni ’50, leggibile anche anni dopo e ancora attuale.
Mentre da noi uscivano racconti sui compagni di Bube, in Francia, si leggeva di Cecilia, una ragazzina in vacanza al mare col padre vedovo. Cecilia non è gelosa delle avventure del padre ma della futura moglie, che riuscirà a fare morire in un incidente. Mentre la Francia stava affrontando i problemi del rapporto genitori-figli, l’Italia era ancora sotto la cappa del passato ed era vietato leggere letteratura: imperava la saggistica Einaudi e Editori Riuniti. Da noi gli ex-terroristi scrivono biografie e gli scrittori non scrivono racconti o romanzi sul terrorismo. Il Caro Michele di Natalia Ginzburg, forse l’unico romanzo su un terrorista, non ha l’ironia di The good terrorist di Doris Lessing, su una ragazza di buona famiglia entrata nell’Ira. Erri De Luca ha invece scritto Ballata per una prigioniera per Barbara Balzarani, tanto per capire l’aria che tirava tra i compagni letterati.
Pratolini fu accusato di populismo da Asor Rosa perché Metello era un romanzo “conciliato”: il protagonista, un operaio, uscendo dal carcere, abbraccia la moglie incinta, il figlio Libero e giura che diventeranno una famiglia modello, come la Sacra Famiglia. Il riferimento alla Sacra Famiglia è ironico – Metello è toscano,vive a Firenze – ma è “negativo”, perché voleva riconciliare gli operai con la religione e con l’Italia. Metello è un operaio con una vita privata, ma questo per la sinistra era troppo borghese, quindi populista, come se gli operai non avessero sentimenti, passioni, interessi, passato e una memoria visivo-estetica di immagini sacre. I film più celebrati dalla sinistra non hanno come protagonisti l’ordinary people, la gente comune, ma aristocratici, come in Visconti, o ragazzi di borgata marchettari o magnaccia, come in Pasolini. Moretti si atteggia a lord, disdegna Alberto Sordi, perché Albertone da Un americano a Roma a Un borghese piccolo piccolo rappresenta la gente comune, come accade nel romanzo moderno e nel cinema americano.
L’eroina di Flaubert è una giovane casalinga che ha letto libri pericolosi per la moglie di un medico di provincia. Emma ama soprattutto le cose belle: i bei vestiti, le belle maniere, i bei posti, la bella gente e sogna Parigi. Purtroppo, la proto-consumista Bovary non ha una credit card e finisce suicida per debiti, ma è difficile dimenticarla mentre si augura che accada qualsiasi cosa, perfino un terremoto, pur di scappare da casa. Anche il ragazzo Julien Sorel, l’antibamboccione per eccellenza, vuole scappare di casa. Riesce a sedurre la moglie del sindaco conservatore dei cui rampolli è precettore, ad arrivare a Parigi, fare innamorare una bella marchesina per finire ghigliottinato e idolatrato dalle donne della sua vita. Quelle dei romanzi sono vite spericolate, anche quando i protagonisti non fanno niente di speciale, come nella Recherche di Proust, che è un viaggio nella memoria.
I grandi scrittori non nascondono gli aspetti più scabrosi dei caratteri dei protagonisti e si mettono in gioco. Se si è letto A sangue freddo si comprende come Gomorra non sia letteratura, ma saggistica di denuncia, a differenza del capolavoro di Truman Capote. A sangue freddo del 1966 è il primo romanzo-reportage della letteratura e anche molto, molto di più. È la storia del massacro di una famiglia, i Clutter, in Kansas da parte di due balordi poi condannati a morte, un fattaccio realmente accaduto nel ’59, che attrasse subito l’attenzione di Capote, scrittore già ricco e famoso, autore raffinato di Colazione da Tiffany. Capote fece indagini in Kansas, conobbe i due assassini in carcere, entrò in intimità con loro. Di uno dei due killer, con un’infanzia simile alla sua, lo scrittore dell’establishment newyorkese disse di essere vissuto in un famiglia simile alla sua e di avere avuto una vita diversa solo per essersene andato da un’altra uscita. A sangue freddo tiene col fiato sospeso, fa inorridire per il massacro dei Clutter, ma si prova anche una specie di pietà per i due balordi e insieme è inevitabile pensare a Dostoevskij. Tutto questo, purtroppo, non c’è in Gomorra.
Il limite dei “nuovi” romanzi italiani è in generale di essere preconfezionati, anche quando sono scritti da autori che si fanno leggere, come Alessandro Piperno, il quale ha rotto con Carlo e Primo Levi, ma non è Philip Roth e Con le peggiori intenzioni non è comparabile a Il lamento di Portnoy. Forse, negli Stati Uniti, Piperno avrebbe scritto un romanzo completamente diverso, perché sarebbe stato più libero: qui ha dovuto mediare per essere lanciato come “nuovo grande scrittore” e le mediazioni si sentono, come nei prodotti preconfezionati, dei quali si conoscono tutti gli ingredienti impiegati per prepararli e non offrono alcuna sorpresa. Il limite che si avverte in letteratura è ancora più evidente nelle nostre fiction apologetiche e pedagogiche, false, innaturali, patinate, preconfezionate secondo il vento culturale-politico del momento, con un grande spreco di energie e denaro, come accade troppo spesso nel nostro Paese.