Dagli anarchici ai jihadisti, perché ci odiano

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Dagli anarchici ai jihadisti, perché ci odiano

Dagli anarchici ai jihadisti, perché ci odiano

16 Ottobre 2016

In un breve saggio apparso su “The Smart Set”, lo scrittore Omer Aziz traccia un parallelismo tra la storia dell’anarchismo primonovecentesco e quella del jihadismo da Bin Laden a Isis. Aziz ricorda come all’inizio del secolo scorso, nel contesto di grandi cambiamenti economici, progresso tecnologico, globalizzazione e immigrazione di massa, la violenza anarchica riuscì a minacciare l’ordine costituito, non meno di quanto accade oggi, attraverso gli omicidi e il terrore.

Aprire i giornali americani ed europei dell’epoca significava leggere quotidianamente di orrende stragi causate dagli attacchi degli anarchici. Bombe in una sala concerti di Barcellone, bombe nel parlamento francese, il presidente francese assassinato nel 1894, la bomba al Caffé Terminus di Parigi. E ancora il re d’Italia ucciso nel 1900, il presidente McKinley nel 1901, il primo ministro spagnolo nel 1907. Nel 1882, la Francia subì circa duecento attacchi anarchici.

E’ accaduto lo stesso nei primi sedici anni del Ventunesimo secolo, dominati dall’ideologia del jihadismo radicale che ha colpito capitali e paesi occidentali e del mondo islamico, generando la paura in milioni di persone. Spesso si è fatto un parallelo tra l’ideologia jihadista e i movimenti fascisti del Ventesimo secolo, coniando il termine “islamofascismo”, usato polemicamente da autori come Christopher Hitchens contro Al Qaeda e i Talebani: i fondamentalisti islamici condividono con i loro predecessori nazifascisti una utopia totalitaria, la sottomissione dell’individuo alla collettività, pur mancandogli la base burocratica e corporativa degli “imperi” fascisti.

Ma in realtà, sottolinea Aziz, il culto della morte jihadista ha molto più in comune con l’anarchismo di fine Ottocento inizio Novecento, una grave minaccia per le democrazie e l’ordine costituito, qualcosa che il mondo non aveva ancora visto e che scrittori come Joseph Conrad hanno narrato nei loro romanzi, ad esempio “L’agente segreto”. L’anarchismo dell’epoca riuscì a parlare a grandi numeri di persone soprattutto nelle classi popolari perché le convinse del fatto che i simboli del XIX secolo, il progresso, la tecnologia, erano miti che andavano sovvertiti.

Così vale anche per i membri di Al Qaeda o del Califfato che rifiutano il modello di vita occidentale “rinascendo” nell’islam radicale, sognando il paradiso, da raggiungere seminando morte e terrore. La convinzione dei jihadisti è che l’Occidente malato è destinato a collassare, come credevano gli anarchici. La vittoria per i jihadisti non è infliggere un colpo mortale e definitivo ai “crociati”, bensì muoversi ai confini del mondo occidentale, creare una sorta di attrito continuo che spinga le democrazie a chiudere le loro “società aperte”, a costruire muri per proteggersi, a prendere di mira alcune classi sociali, e, in fine dei conti, a morire “asfissiate”, scrive Aziz.

I bombaroli jihadisti hanno come obiettivo quello di distruggere la tolleranza delle nostre società fino a scoprire, tra qualche decennio, che Al Qaeda e Isis non hanno vinto ma il liberalismo ha definitivamente perso i suoi valori.