Dai Balcani segnali incoraggianti, ma le ferite hanno dietro una storia
09 Novembre 2011
di Lavdrim Lita
Le ferite delle guerre stanno lentamente cicatrizzandosi e nello spazio post-Iugoslavo c’è la consapevolezza che, malgrado le recenti tragedie non vadano dimenticate, se si resta sempre vincolati al passato non è possibile costruire un futuro. Chiaro, ci sono forze politiche, in tutta la regione, che intendono rimanere, che giustificano gli errori commessi negli anni ‘90 con la classica teoria della cospirazione esterna e innalzano recinti tesi a isolare il proprio Paese dai vicini e dal mondo. Tuttavia, queste forze sono in declino. Nella regione s’avverte chiaramente una nuova dinamica, stimolata dall’idea di Europa e dall’obiettivo comune di entrare nella famiglia europea.
In campo ci sono iniziative per cercare una riconciliazione umana, in grado di vivere, in un ambiente non ostile. Una di queste è l’iniziativa “Igman”, che unisce più di 140 organizzazioni non governative dalla Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina e Croazia ed è fondata nel 2000 con l’obiettivo di contribuire a velocizzare la normalizzazione delle relazioni tra i paesi firmatari del Accordo di pace di Dayton che ha posto fine alla guerra in Bosnia Erzegovina nel 1995. Il nome è dato come “segno di memoria” alla primavera del 1995 quando 38 intellettuali e attivisti antimilitaristi della Serbia e Montenegro, dopo 48 ore di viaggio attraverso l’ Ungheria e la Croazia, attraversando il monte e un tunnel improvvisato, entrarono nella Sarajevo sotto l’assedio dell’esercito della Republica Srpska.
La 22° riunione Igman, tenutasi a Belgrado a meta ottobre, ha visto incontrarsi i presidenti della regione, della Serbia, Croazia, Montenegro e della Bosnia che hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui invitano l’Ue, nonostante la crisi, a "non perdere di vista l’importanza del processo di allargamento" come strumento per stabilizzare la pace. Nella dichiarazione dei presidenti Boris Tadic, Ivo Josipovic, Filip Vujanovic, Zeljko Komsic, alla cui firma ha assistito anche il commissario all’allargamento, Stefan Fule, si afferma che la prospettiva dell’adesione all’Ue è il motore e il garante della pace e stabilità della regione e dell’Europa sud-orientale. Le loro firme rappresentano, tra l’altro, l’espressione della loro disponibilità a continuare lo spirito di dialogo costruttivo sul futuro europeo di questa regione per mezzo di "forme bilaterali e multilaterali in corso, compresa l’iniziativa Igman".
Il commissario per l’allargamento UE, Stefan Fule, ha sottolineato come questo incontro ha aperto una possibilità di una vera riconciliazione, che è stato dimostrato con le firme dei quattro presidenti sulla dichiarazione per il futuro europeo di questa Regione come indicatori della disponibilità di un approccio democratico a tutti i problemi. Fule ha anche sottolineato che paesi dei Balcani occidentali hanno compiuto molto in materia di istituzione di una riconciliazione duratura, la comprensione e lo sviluppo della cooperazione regionale come principio chiave del documento per l’allargamento dell’UE, per il 2011.
Inoltre, il ripristino della comunicazione tra i popoli della regione ha portato a capire che gli individui, non le nazioni, sono responsabili per i crimini commessi – e quelli responsabili sono stati condannati o arrestati per conto del Tribunale Penale Interinazione all’AIA.