Dal palco di Mirabello Fini deciderà di non decidere

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Dal palco di Mirabello Fini deciderà di non decidere

Dal palco di Mirabello Fini deciderà di non decidere

01 Settembre 2010

Alla fine Fini deciderà di non decidere. E ai suoi dal palco di Mirabello consegnerà una linea attendista rispedendo, ancora una volta, la palla nel campo del Cav. Almeno per ora. E chi, sia nel Pdl che tra i finiani più estremi era pronto a giurare sul varo definitivo del nuovo partito dopo la costituzione dei gruppi parlamentari autonomi, probabilmente resterà a bocca asciutta. E’ la lettura che corre tra i politici del centrodestra negli ultimi scampoli di ferie, prima della ripresa parlamentare. Ma perché mettere la scissione in stand by? Per questioni di convenienza politica e per ragioni tattiche.

A ben guardare, la rottura definitiva col Cav. in questo momento, porterebbe Fini su una rotta pericolosa che si  potrebbe rivelare un boomerang micidiale per il disegno politico che dalla direzione nazionale del Pdl in poi ha messo in campo (in realtà sono in molti a ritenere che vi stesse lavorando già prima delle regionali).

Una mossa del genere, infatti, si tradurrebbe in un’accelerazione e senza ripassare dal ‘via’ (come nel gioco del Monopoli)  della corsa verso il voto anticipato. Con un duplice rischio: mettersi alla testa di un partito il cui appeal elettorale è tutto da testare – nonostante  le divinazioni dei sondaggisti e l’ipotesi di un rassemblement con Casini, Rutelli e Lombardo – e perdere per strada una fetta di elettorato aennino che non ha accettato lo strappo di luglio col Pdl. Senza contare un certo appannamento d’ immagine che la vicenda della casa a Montecarlo e del cognato in carriera – al di là della campagna mediatica che gli ha rovinato le ferie agostane – ha comportato, penalizzandolo proprio nel versante sul quale aveva lanciato l’offensiva più dura al Pdl mirando dritto al Cav: l’etica in politica. Un bel paradosso, non c’è che dire.

E poi, ragionano a voce bassa alcuni ex aenne rimasti con il presidente della Camera, un conto è dire faccio un partito e dunque sono io a rompere definitivamente, altra cosa è far fare l’ultima mossa ad altri e su questo magari innestare la motivazione al ‘grande passo’.  C’è un altro aspetto che in questa fase spingerebbe Fini verso una posizione più attendista:  le divisioni all’interno del gruppo di Fli tra falchi e colombe, con l’ala moderata per nulla incline alla scissione.

Non solo, ma c’è anche da capire i termini delle mozioni che entro la fine del mese il Pdl porterà in Parlamento con all’interno i cinque punti programmatici che Berlusconi e i suoi hanno definito nell’ultimo vertice a Palazzo Grazioli e sui quali il premier è intenzionato a chiedere la fiducia per proseguire la legislatura.

Tutti motivi per i quali a Mirabello il presidente della Camera tirerà il freno a mano sul nuovo partito pur non rinunciando a un intervento (lo sta limando in questi giorni) che secondo alcuni nel suo entourage avrà accenti forti nei confronti della campagna mediatica “scatenata contro di lui da Il Giornale e da Libero”. Sul piano politico, il discorso dovrebbe ruotare attorno a due questioni e i toni, in questo caso, potrebbero essere ‘ammorbiditi’.

La prima: Fini confermerà l’intenzione di continuare a fare politica e di volerla fare nel Pdl ma se non sarà possibile – cioè se il Cav. non manderà segnali distensivi o addirittura farà retromarcia come in questi giorni gli hanno più volte chiesto Bocchino e Urso – allora sarà costretto a fondare il suo partito. La seconda: ribadirà il no a elezioni anticipate. Dunque, lealtà al governo e al programma ma al tempo stesso nessuno sconto sui provvedimenti che gli stanno a cuore, a cominciare dal capitolo giustizia con in testa il processo breve.

Tema quest’ultimo sul quale il dibattito resta aperto. Da un lato i big del Pdl non chiudono del tutto la porta ai ‘dissidenti’ seppure ribadiscono il no ad una mediazione infinita, come peraltro già accaduto per il ddl sulle intercettazioni. Un segnale c’è già stato ad esempio sulla norma transitoria del provvedimento rispetto ai procedimenti in corso, anche se – è il ragionamento ai piani alti del partito – il punto non è certo questo bensì se si vogliono comprendere fino in fondo i tre punti cardine attorno ai quali ruota la riforma: migliorare il funzionamento della giustizia e renderlo più veloce, garantire uno ‘scudo’ al premier e alle alte cariche dello Stato, assicurare al cittadino un periodo ragionevole entro il quale celebrare i processi. Ed è su questo che Fini e la sua truppa sono chiamati a dire con chiarezza come la pensano e a dare prova concreta di lealtà.  

Non a caso, Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl dà per scontato che gli ”amici di Futuro e Libertà” condividano la necessità di dare uno ‘scudo’ giudiziario al premier e sollecita i finiani a “dire cosa, se non il processo breve, si può fare”.  

Il nodo di fondo resta quello della compatibilità di Fini nel Pdl e di come si sta nello stesso partito. Futuro e Libertà si porta avanti e fissa i suoi paletti : “Basta con gli attacchi di stampa e niente riunione dei probiviri” convocata per ilo 16 settembre sul caso Bocchino-Granata-Briguglio, perché sta “a loro ricucire lo strappo col cofondatore del Pdl”. Ieri, per tutto il giorno ieri si sono rincorse voci di un possibile slittamento della riunione del collegio chiamato a pronunciarsi sul deferimento dei tre finiani , ma allo stato non c’è alcuna conferma e la data del 16 resta segnata in agenda. Nel Pdl si lavora al documento programmatico e si preferisce attendere le mosse dei finiani e del loro leader in quel di Mirabello, luogo simbolo della destra prima missina poi aennina dove più di vent’anni fa Fini fu incoronato successore di Giorgio Alimirante. 

Posizioni inconciliabili? Si potrà capire meglio e di più già dalla prossima settimana quando Montecitorio e Palazzo Madama riapriranno i battenti. Di certo, la tensione tra berluscones e finiani resta altissima, stando all’ultima scena degna de “La guerra dei Roses”.  

E’ Generazione Italia ad accendere la miccia scrivendo che “gli ‘squadristi’ della libertà” sono pronti a organizzarsi per contestare Gianfranco Fini alla festa tricolore di Mirabello.  Il sito web dell’associazione vicina al presidente della Camera riferisce di una telefonata ricevuta “stamane: un nostro amico napoletano ci informa che è stato contattato da un consigliere provinciale del Pdl che gli ha fatto una richiesta particolare. Choc, aggiungiamo noi. Stiamo organizzando con la Brambilla una contestazione a Fini quando parlerà a Mirabello. Riesci a riempirmi un pullman? E’ tutto a spese del partito”.  Segue un commento al fulmicotone sul ministro del Turismo.

Immediata la replica della Brambilla che prepara la querela contro GI e commenta: “Quanto accaduto mi pare un palese tentativo di mettere le mani avanti, creando un alibi con il quale giustificare le contestazioni che, evidentemente, gli esponenti finiani si aspettano di ricevere a Mirabello da parte dei tanti militanti dell’ex An che ben si sono guardati dal seguire le loro posizioni”.  

A giudicare dai toni, neppure la festa Tricolore in versione attendista o “pseudo-ammorbidita” basterà a far riporre le armi (politiche) nella fondina. E nemmeno le querele. Comprese quelle annunciate dal presidente della Camera – da sempre paladino della libertà di stampa – contro due quotidiani di area centrodestra, nella sua rovente vacanza agostana.