Dal Piano Marshall all’11 settembre

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Dal Piano Marshall all’11 settembre

La rinnovata attenzione politica
ai rapporti transatlantici dopo l’11 settembre 2001 ha orientato la
storiografia a ripercorrere le fasi dell’evoluzione del rapporto Stati Uniti–Europa a partire dal secondo dopo guerra. In questa prospettiva,  come ben evidenzia l’ultimo numero
monografico di XXI Secolo, il Piano Marshall rappresenta il primo
momento in cui  gli Stati Uniti pongono
come condizione  della partecipazione
alla  ricostruzione economica del vecchio
continente  la creazione di un organismo
integrato per la ripartizione degli aiuti, costringendo così anche gli europei
riluttanti a rinunciare a porzioni di sovranità nazionale in favore di una più
aperta condivisione degli strumenti e degli obiettivi della politica economica
interna.

Tale strategia avrebbe avuto, di lì a poco, un esito positivo:  liberalizzando  gli scambi tra gli stati europei e
ripristinando i pagamenti su base multilaterale,  avrebbe posto al contempo le basi del futuro
processo d’integrazione europea. Anche nell’ottica del rapporto dei partiti
politici all’interno dei rispettivi sistemi nazionali, il piano Marshall
favoriva una progressiva rivalutazione del “modello americano” soprattutto tra
le forze politiche di chiara impronta socialdemocratica, accelerando così il
processo di disillusione nei confronti del sistema sovietico e la successiva
accettazione del Patto Atlantico.

Focalizzando
l’attenzione sul caso italiano, la rivista dimostra come  l’impatto positivo e la propaganda dei
partiti di governo a favore dell’applicazione delle misure previste dal Piano
siano stati ostacolati dalla Confindustria, persuasa che il divario tra
l’impianto produttivo americano e quello italiano non potesse essere colmato
ricorrendo esclusivamente all’accumulo di finanziamenti: in un paese povero di
materie prime e di capitale, ma sovrabbondante di mano d’opera, quella misura
rischiava di rivelarsi addirittura dannosa. La conseguente  sfiducia nel modello industriale d’oltreoceano spingeva l’associazione degli
industriali italiani alla ricerca di una
terza via nazionale tra la politica della crescita americana e la politica del pieno
impiego prevalente in Europa.

Quest’interpretazione
non solo italiana, ma condivisa anche degli altri paesi europei, unita al
persistere di un sentimento antiamericano ha impedito di sfruttare le
potenzialità di sviluppo e i benefici in termini economici che sarebbero potuti
derivare dalla completa attuazione del Piano.