Dal rigore di Montanelli alle lettere anonime di Sallusti
21 Aprile 2014
di redazione
Esattamente 40 anni fa, sulla prima pagina del primo numero del Il Giornale, Indro Montanelli spiegava ai suoi lettori che tipo di quotidiano voleva fare e per chi: “Chi sarà il nostro lettore noi non lo sappiamo perché non siamo un giornale di parte, e tanto meno di partito, e nemmeno di classi o di ceti. In compenso, sappiamo benissimo chi non lo sarà".
"Non lo sarà chi dal giornale vuole soltanto la ‘sensazione’ […] Non lo sarà chi crede che un gol di Riva sia più importante di una crisi di governo. E infine non lo sarà chi concepisce il giornale come una fonte inesauribile di scandali fine a se stessi. Di scandali purtroppo la vita del nostro Paese è gremita, e noi non mancheremo di denunciarli […] Ma non lo faremo per metterci al rimorchio di quella insensata e cupa frenesia di dissoluzione in cui si sfoga un certo qualunquismo, non importa se di destra o di sinistra […] Vogliamo creare, o ricreare, un certo costume giornalistico di serietà e di rigore".
Quarant’anni fa insomma, il Giornale nasceva per essere un quotidiano “non di parte e tanto meno di partito”, lontano dalla “sensazione”, dedito alla “serietà e al rigore” e contrario all’idea di ospitare “scandali fine a se stessi”. Quarant’anni dopo se si guarda a Il Giornale diretto da Alessandro Sallusti si ha l’impressione di un incredibile tralignamento verso il suo opposto. Un po’ come un quei film d’azione in cui il super-eroe di turno si trova a scontrarsi con il suo opposto maligno.
La casistica per dimostrarlo sarebbe illimitata ma la prima pagina de Il Giornale di domenica scorsa tocca l’apice di questo viaggio nel lato oscuro. Il titolo era: “ALFANO BUGIARDO”. Non serve farla lunga: in ballo c’era una ipotetica lettera scritta da alcuni senatori Ncd (5, 7, 15, 17, non si sa) contro la gestione del partito e delle candidature. Alfano aveva dichiarato di non averla mai ricevuta, così il giornale per smentirlo e dargli del bugiardo ne pubblica una copia. Peccato che in calce non recasse neppure una firma: era un foglio, senza data, intestazione né firme, neppure una. Una lettera anonima mai firmata e mai partita finisce dunque sulla prima pagina del quotidiano con l’accusa di mendacio.
E’ vero che Il Giornale con le lettere anonime ha una certa allegra frequentazione, ma almeno nel quarantennale della fondazione un po’ più di “serietà e rigore” e un po’ meno di “sensazione e scandalo fine a se stesso” il povero Montanelli se lo sarebbe meritato. Dopo quarant’anni di quell’editoriale potrebbe salvarsi solo l’incipit con una postilla: “Chi sarà il nostro lettore noi non lo sappiamo più, l’abbiamo perso per strada”.