Dal risiko per le regionali passano anche le nomine per Bruxelles e Roma
03 Novembre 2009
Soffia vento di bonaccia nei palazzi romani della politica, in attesa che il Cav. reduce dai postumi della scarlattina, rimetta piede nella Capitale e torni a dire la sua sui temi dell’agenda politica e di governo. Ma è solo calma apparente. Se Fini ha polemizzato col Tesoro e messo la Camera in “cassa integrazione” per dieci giorni, al Senato si lavora e mercoledì la Finanziaria comincia l’iter in Aula dopo un fine settimana di navigazione impegnativo tra i marosi dell’Irap e le pieghe della manovra scritta a via XX Setembre. Nel frattempo è il capitolo regionali a tenere banco e non solo, perché lo scacchiere delle regioni al Nord – in particolare Veneto e Lombardia – tiene in gioco alcune “caselle” di peso negli equilibri politici che incrociano l’asse Roma-Bruxelles.
Sul fronte interno, i rumors di queste ore parlano con una certa insistenza di possibili movimenti in una sorta di effetto domino che riguarderebbe incarichi di vertice tra Palazzo Chigi, la Rai e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Le ipotesi di cui si parla negli ambienti politici vedrebbero pronta per Gianni Letta la nomina a vicepremier mentre per il direttore generale della Rai Mauro Masi si potrebbe aprire la strada verso la presidenza dell’Authority attualmente guidata da Antonio Catricalà che – sempre secondo i rumors – potrebbe andare a ricoprire l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Uno scenario che specie nel caso della nomina a vicepremier di Letta potrebbe essere letto come una mossa del Cav.per frenare in un colpo solo le ambizioni di Giulio Tremonti e i desiderata sul Professore di Sondrio manifestati dalla Lega che – non è un mistero – nei confronti del sottosegretario alla presidenza del Consiglio non dimostra grande feeling. Per il ministro dell’Economia, infine, i rumors di palazzo ipotizzano la presidenza dell”Eurogruppo: un riconoscimento prestigioso e di alto profilo per Tremonti che potrebbe essere considerato anche come una sorta di compensazione rispetto alla mancata nomina a vicepresidente del Consiglio.
Sul fronte europeo la partita è aperta sui nuovi incarichi previsti dal Trattato di Lisbona. I socialisti punterebbero alla poltrona di ministro degli esteri dell’Ue (Alto rappresentante per la politica estera per il ministro degli esteri) che sarà anche vicepresidente della Commissione europea e nella “short list” dei papabili c’è anche il nome di D’Alema. Ma per spuntarla l’esponente dei democratici ha bisogno del sostegno del premier e del governo italiano. Ipotesi di massima non sgradita al Cav. anche per agevolare il terreno del dialogo col Pd sulle riforme (giustizia in testa), ma in questo caso Berlusconi dovrebbe fare a meno di un esponente del Pdl nella stessa Commissione. E una simile decisione potrebbe creare ulteriori complicazioni per la collocazione di Antonio Tajani, attuale vicepresidente della Commissione europea (con delega ai trasporti). Insomma un rebus piuttosto complesso da risolvere al quale si potrebbe aggiungere perfino un’ ulteriore opzione di cui si parla nella ridda di variabili e contro-variabili: un eventuale incarico in Europa per il governatore uscente del Veneto Giancarlo Galan nel caso in cui la presidenza della Regione venga assegnata a un candidato della Lega. Ma per Galan non è tramontata neppure l’idea di una chiamata nella Capitale, ai vertici di un dicastero (Salute o Agricoltura se Zaia dovesse essere “incoronato” in Veneto).
Già le regionali. “Niente di definito”, “valuteremo insieme”, “ci penseranno Berlusconi, Fini e Bossi”, sono le frasi di rito che da giorni rimbalzano da nord a sud. Resta il fatto che in questa settimana le nebbie in Val Padana (Lombardia, Veneto, Piemonte) e le foschie al centro-sud (Lazio e Campania in particolare) dovrebbero diradarsi. C’è attesa infatti per l’Ufficio di presidenza del Pdl convocato per giovedì sul nodo candidature (ma non solo), appuntamento che potrebbe essere preceduto – pare mercoledì – da un vertice tra i co-fondatori del partito unico e il leader del Carroccio. Ed è proprio in Veneto che la temperatura nel centrodestra resta alta. Da un lato Galan che accarezza l’idea di una corsa in solitaria se il candidato del Pdl alla fine sarà un leghista (ieri Cesa ha garantito il sostegno del suo partito nel caso in cui il presidente uscente “avrà il coraggio” di presentarsi da solo); dall’altro il botta e risposta velenoso tra il leader centrista e il ministro Zaia che per conto del Carroccio rivendica la poltrona più alta della regione insieme al Piemonte. Ma è sulla Lombardia che Bossi vuole capitalizzare il suo investimento (politico) più importante: è questa infatti, la casella sulla quale nelle ultime settimane si sarebbero concentrati gli incontri ad Arcore e i contatti tra Cav e Senatur. E il fatto che gli stessi vertici del Pdl continuino a ripetere che ancora non c’è nulla di definitivo mentre fino a qualche mese sembrava già ratificata la riconferma di Formigoni è un indizio da tenere in considerazione. Ieri il premier Berlusconi ha lanciato per le regioni del Nord l’idea di un “ticket Pdl-Lega per la presidenza e la vicepresidenza e viceversa”, lasciando di fatto aperte tutte le opzioni sul campo. E se il disegno leghista dovesse concretizzarsi c’è chi nelle file del Carroccio avanza il nome di Roberto Castelli, attuale viceministro alle Infrastrutture e Trasporti. Un simile scenario avrebbe un affetto a cascata e potrebbe riservare al governatore uscente Formigoni la guida di un ministero: si parla della Salute ma c’è anche chi non esclude quello dell’Istruzione nel caso in cui in Campania dovesse riaprirsi l’opzione Carfagna le cui quotazioni nelle ultime settimane erano sembrate decisamente in calo: in questo caso, i rumors di Palazzo darebbero la Gelmini alla guida delle Pari Opportunità. Per Lazio e Campania lo schema del Pdl assegna una candidatura agli ex Fi e una in quota agli ex An. Se questo sarà confermato, per ora in pole position restano le ipotesi di Renata Polverini, leader Ugl per la poltrona di Piero Marrazzo e di Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia per quella di Antonio Bassolino.
C’è poi da considerare l’incognita Udc nelle regioni in cui il partito di Casini gioca un ruolo determinante. Berlusconi non trascura affatto l’ipotesi di un’alleanza con i centristi ed anche ieri è tornato a sottolineare che “la collocazione strategica dell’Udc non può che essere nel centrodestra. E noi aspettiamo fiduciosi”. Un segnale in vista del faccia a faccia tra il Cav. e Casini già in agenda per venerdì che potrebbe riaprire la strada per un riavvicinamento futuro tra i due, testato proprio sul banco di prova delle regionali. Un ulteriore segnale in questa direzione si può leggere nella posizione del leader centrista che ha ribadito il suo no ad accordi con il Pd in Puglia se il candidato del centrosinistra sarà Nichi Vendola (il Pdl ha chiuso sul nome del magistrato antiterrorismo Stefano Dambruoso) e in Calabria se a correre contro Giuseppe Scopelliti (Pdl) dovesse essere il governatore uscente Agazio Loiero.