Dal saggio di Cazzola una (spietata) analisi del mercato del lavoro odierno

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Dal saggio di Cazzola una (spietata) analisi del mercato del lavoro odierno

20 Settembre 2012

Non capita tutti i giorni seguire una tavola rotonda con tre ministri del lavoro ed altrettanti ‘super parlamentari del lavoro’. E’ successo martedì 18 settembre, alla Sala del Refettorio della Camera dei deputati, dove si sono ritrovati due ex ministri del lavoro, Maurizio Sacconi e Cesare Damiano, e il ministro in carica Elsa Fornero, e i parlamentari Silvano Moffa, presidente Commissione Lavoro alla Camera, Maurizio Castro della Commissione Lavoro del Senato e Giuliano Cazzola, vice presidente della Commissione Lavoro della Camera.

L’eccezionalità dell’incontro, da un punto di vista statistico (è improbabile che ripeta), sta nella presenza di tre ministri antagonisti: il primo del Pdl, il secondo del Pd e il terzo di un governo tecnico (un mostro di invenzione politica). L’occasione è stata la presentazione dell’ultimo saggio di Giuliano Cazzola, Figli miei precari immaginari (Guerini e Associati). Un libro da leggere, che si fa leggere e pregevole non solo per l’analisi socio-normativa del lavoro (sia concesso il termine), ma anche per l’urto emotivo che provoca. “Mi dispiace per te che sei giovane”, conclude l’Autore proiettando lo sguardo verso il futuro: “Essere anziano oggi è un’immensa fortuna, una vera consolazione”. Il perché, evidentemente, lo si apprende dal testo che precede: una buona lettura da consigliare non solo ai “figli”, ma anche ai padri e a qualche nonno.

Personalmente, confesso, la conclusione di Cazzola mi ha non poco spaventato. Non tanto per la mia di sorte, ma per quella dei miei figli (tre). Non ho potuto evitare il ricordo di un altro testo dello stesso Cazzola (ma più combattivo e carico di fiducia) di qualche anno fa (2004), in cui afferma “Ma la realtà è un’altra: fino a quando non verrà alleggerita la tutela contro i licenziamenti dei padri, i figli faticheranno a entrare stabilmente nel mercato del lavoro. Potranno avvalersi di uno dei rapporti di cui alla legge Biagi, un provvedimento importante, che fa pulizia di tanti abusi e che apre nuove prospettive nelle politiche per l’impiego. Ma il dualismo rimane tutto intero”. Così mi è sembrata più chiara – perciò spaventa – la conclusione di Cazzola: oggi, dopo 10 anni e tre riforme del lavoro, la realtà è ancora la stessa! E do ragione a Giuliano.

Tre riforme del lavoro: Damiano (2007), Sacconi (2008/2010) e Fornero (2012). La discussione, è ovvio, si è incentrata sull’ultima riforma del mercato del lavoro, quella Fornero, che prometteva la rivoluzione ed è stata, invece, la restaurazione di vecchi e superati archetipi del diritto del lavoro. I relatori, infatti, hanno tutti riservato parte del loro intervento ad un “breve commento” sull’ultima riforma, di cui peraltro ne parla anche Cazzola nel suo libro, non soltanto da studioso di pluriennale esperienza, ma anche da timoniere (è stato Relatore). E qui le sorprese non sono mancate: come se a votare quelle norme fossimo stati noi Cittadini, nessuno – dico nessuno – dei convenuti si è detto d’accordo con quelle norme! Ma, allora, perché le hanno votate? Una “accusa”, per amore di verità, che non tocca l’ex ministro Sacconi, il quale non ha votato il provvedimento, in evidente contrarierà dichiarata in Senato, e che ha presentato un disegno di legge di modifica.

Il primo intervento è stato offerto proprio all’ex ministro del lavoro dell’ultimo governo (politico) Berlusconi. Sacconi ha ribadito le sue tesi di contrarietà alla riforma Fornero e comunicato di avere in mattinata depositato in Senato il ddl. Un provvedimento, ha detto, che si muove su tre direttrici: a) ritorno alla legge Biagi, che vuol dire ritorno alla flessibilità in entrata, tanto azzoppata dalla riforma Fornero, e che potrebbe invertire il trend negativo dell’occupazione; b) rafforzamento dell’articolo 8; Sacconi ha qui ricordato che, grazie a quest’articolo, la Golden Lady ha potuto rinviare l’entrata in vigore delle norme della riforma Fornero sull’associazione in partecipazione, salvando così 1.200 posti di lavoro che certamente non si sarebbero convertiti in “rapporti a tempo indeterminato” come obbliga la legge Fornero; c) infine, la revisione della normativa sull’orario di lavoro, attraverso un migliore recepimento delle direttive comunitarie.

Il secondo intervento è stato offerto all’ex ministro del lavoro Cesare Damino, autore del Protocollo Welfare del 2007. E il tono del discorso è mutato in direzione diametralmente opposta a quella di Sacconi. Damiano ha criticato un po’ tutto, dalla riforma Fornero (soprattutto la parte relativa agli ammortizzatori, per la quale ha rivendicato come parte politica il merito di avere ottenuto la proroga dell’entrata in vigore dell’Aspi) all’articolo 8 di Sacconi. La soluzione per i problemi occupazionali, ha sostenuto, sta in una sola direzione: ritorno alla concertazione e rafforzamento dell’Accordo 28 giugno. Che vuol dire portare i Sindacati al governo (che ne pensa il ‘giovane’ Matteo Renzi?).

Ultimo intervento è stato quello del ministro del lavoro in carico, Elsa Fornero. Chi era presente in sala, ha dovuto pazientare qualche minuto prima di poter ascoltare il ministro parlare della sua riforma. Infatti, in prima battuta la Fornero ha dato qualche suggerimento “alle parti politiche” sulla futura campagna elettorale, augurandosi che la prossima possa essere una “campagna elettorale di verità!”. Che cosa simpatica è stato: ministri politici (Sacconi e Damiano) che non si sono azzuffati per motivi politici, ma confrontati serenamente e “tecnicamente” sulle norme della riforma Fornero; e il ministro Fornero che, anziché spiegare i risvolti della sua fatica da “tecnico”, ha consigliato un galateo alla politica! (Ha ragione Cazzola: “Mi dispiace per te che sei giovane”). Quando ha parlato della sua riforma, il ministro l’ha difesa e spiegato che dà una nuova e innovativa visione al welfare to work e che contrasta l’uso della “flessibilità cattiva che conduce alla precarietà”.

Sull’Art. 18, in risposta a chi sosteneva una più energica riforma, ha detto che “in un Paese civile un lavoratore che è licenziato deve poter ricorrere al giudice”. Ma la parte più simpatica (!) dell’intervento è stato quando il ministro ha voluto difendere la riforma dai dati sull’occupazione. Fornero, a denti stretti, ha redarguito “non fa giustizia all’intelligenza delle persone, affermare che la riforma Fornero non ha prodotto posti di lavoro: non può farlo, perché stiamo in un periodo di recessione!”. Capita la lezione? Ve la spiego.

La riforma è cosa buona e giusta perché è stata fatta: che serva o meno, che produca o meno i frutti sperati (cioè nuovi posti di lavoro “soprattutto in un periodo di recessione”) sono particolari irrilevanti (scemenze!, per dirla alla Fornero). Forse scherzava il ministro? No, questo è il problema: lo diceva seriamente. Ha ragione Giuliano Cazzola: “Mi dispiace per te che sei giovane!”.