D’Alema, la Meli e i bisognini del cane

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D’Alema, la Meli e i bisognini del cane

17 Giugno 2016

Maria Teresa Meli era, un tempo, una giornalista capace di critiche acute e di cronache politiche agrodolci che coglievano spesso nel segno. Occupandosi prevalentemente del Pd, la sua ben nota allergia a D’Alema dava ai suoi pezzi quel pizzico di pepe in più che ne rendeva stimolante la lettura.

Ma il D’Alema di allora era il lider maximo nel pieno del suo splendore, e la sua cerchia, i suoi tic, quello stile che lasciava trasparire una compiaciuta consapevolezza di sé, erano al centro degli intrecci politici e dei retroscena di potere.

Sottolineare elementi di colore che illuminavano il carattere del personaggio aveva un significato, e il fatto che un giornalista mantenga, nei confronti del politico importante, una forte autonomia critica è una garanzia per i lettori.

Oggi la Meli, invece, è diventata una corifea del renzismo, appiattita fino all’inverosimile, pronta a negare l’evidenza pur di non graffiare, nemmeno di sfuggita, l’immagine del nuovo leader. La sua prosa si è spenta, la capacità di cogliere il punto sembra franata.

E così, persino la sua antica abilità nello sferzare D’Alema, grande avversario dell’amato Renzi, si è ridotta a ben poco: “lo incontro tutti i giorni, perché abita nel mio quartiere – ha raccontato in un talk show – porta a spasso il cane ma non raccoglie la cacca”.