D’Alema-Quagliariello in 10 tweet (presi sul serio)

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D’Alema-Quagliariello in 10 tweet (presi sul serio)

14 Ottobre 2016

Ormai si sa e si vede a occhio nudo, quella per il NO al referendum è una classica guerra asimmetrica: da una parte il governo, e quindi la possibilità di distribuire minacce e lusinghe molto, molto concrete (da nomine redditizie e importanti, fino a premietti di consolazione nella legge di stabilità); dall’altra un’opposizione con pochi strumenti. Da una parte l’appoggio di tutto l’establishment economico e politico, nazionale e internazionale, dalla Confindustria a Moody’s, dalla Merkel all’ambasciatore americano; dall’altra il sostegno di singoli personaggi, sia pure dotati di prestigio intellettuale, e di poche associazioni coraggiose, come quella dei partigiani, o il comitato di Gandolfini “Famiglie per il NO”. 

Da una parte tutta la stampa “dei padroni”, finanziata da gruppi legati a doppio filo al potere, e poi la Rai, grazie a una legge che l’ha consegnata al governo, e perfino qualche giornale di ex opposizione, con operazioni come la sostituzione di Belpietro, che testimoniano un’attenzione maniacale e ossessiva verso le poche voci in contrasto con il “renzismo unico”; dall’altra parte restano un paio di giornali corsari, come la Verità e il Fatto, e la Sette, dove almeno si può assistere a qualche dibattito non troppo addomesticato.

Da una parte ci sono i tre milioni messi in campo dal Pd, più tutto quello che il governo, di riffa o di raffa, può elargire, vedi il tour di propaganda della Boschi in Argentina, pagato da tutti noi; dall’altra solo un po’ di autofinanziamento. Da una parte lo strapagato Jim Messina, e una grande macchina propagandistica, non tanto gioiosa (anzi piuttosto ansiosa), ma potente e organizzata, anche sui social; dall’altra solo voci libere e autentiche, ma pochissimo marketing.

Tutto questo si vede e si sconta, anche sul web, dove impazzano i fake e dove i luoghi comuni più inconsistenti (usiamo un aggettivo gentile) vengono diffusi senza pudore. E’ successo anche dopo il convegno con D’Alema e Quagliariello, che naturalmente ha funzionato da calamita per insulti, battute vecchiotte e slogan renziani, così ne abbiamo fatto una piccola raccolta, provando a prenderli sul serio e a rispondere.

▪ “D’Alema ha riunito i desaparecidos della politica” (@giuseppetp55)
Premesso che in realtà si tratta in gran parte di persone che attualmente sono in parlamento e fanno politica, da Zoggia (Pd) a Civati (Possibile), da Brunetta (FI) a Giorgetti (Lega), chi sarebbero gli aparecidos? Qual è la nuova meravigliosa classe dirigente renziana? Carbone? Giachetti? Nardella? Lotti? Boschi? Ma solo a nominarli, non vi viene il comprensibile bisogno umano di riascoltare un interminabile discorso di Moro, o di rivedere la registrazione di un comizio di Berlinguer?

▪ “Odissea dell’ospizio” (@culonainch)
Vedi sopra: si fa politica o siamo all’ufficio anagrafe? Si entra nel merito o si cerca di liquidare gli avversari a colpi di carta di identità? Che dire dell’ultraottantenne Rodotà (ieri c’era, naturalmente) osannato dai giovanissimi grillini e proposto come presidente della Repubblica? E come  far rientrare nella categoria “vecchiume politico” uno come Pippo Civati, classe 1975, che ha condiviso con Renzi le prime leopolde? 

▪ “La proposta D’Alema: specchietto per le allodole e populismo di basso profilo. #bastaunsì” (@StefanoCeccanti) 
Non c’è nulla di populista nel proporre che il numero dei parlamentari si riduca davvero (portandolo da 945 a 600), riaffermando l’elezione diretta dei senatori. Due delle idee della proposta D’Alema-Quagliariello. Evidentemente il costituzionalista Ceccanti è infastidito da cose concrete come questa. Ma tranquilli, l’antidoto al populismo c’è: la campagna referendaria di Renzi & Company tutta all’insegna del “votate sì per risparmiare e mandare a casa un parlamentare su tre”. Questa no, non è demagogia populista. Soprattutto perché viene da uno che non ha mai fatto altro che politica nella vita, di politica vive e vuole vivere per il futuro, ed è il capo di un grande partito politico. Qualche contraddizione? Noooooooo….

 ▪ “La notizia: Accrocco Maximo. Con D’Alema per il No ci sono Gasparri e Fedriga, ma anche Civati…” (@tweetpolitica) 
Anche questa l’abbiamo già sentita. L’armata brancaleone del No, tutti insieme appassionatamente, eccetera eccetera. Eppure tutti ammettono che sulla costituzione ci dovrebbe essere condivisione, come c’è stata nel ’48. O perlomeno una maggioranza allargata. Invece dalla parte del Sì, c’è, e c’è sempre stato, solo il Governo, cioè il Pd (nemmeno tutto) con i suoi alleati, ovvero Alfano e soprattutto Verdini, il vero estensore della riforma. Questa è la vera, e gravissima, anomalia.  Ma ve la ricordate l’immagine desolante del voto sulla riforma, con tutto il Governo schierato sui banchi attorno a Renzi e l’aula vuota? Il problema non è il composito schieramento per il no, ma il ristretto, e tutto governativo, schieramento per il sì. In più, è difficile identificare i renzian-alfanian-verdiniani come i nuovi padri costituenti. #iovotono 

▪ #dalema schiera il governo del cambiamento post-No: Dini, Fini, Rodotà, Pomicino, Pippocivati, Quagliariello e Gatto Silvestro #evvai (@lauracesaretti) 
Era scritto meglio il tweet di prima. Il fatto è che dall’autrice di quest’ultimo cinguettio, una giornalista attenta come dovrebbe essere Laura Cesaretti, ci si aspetterebbe uno sforzo in più. Poco poco, suvvia. Visto che a quanto pare nel renzismo referendario 2.0 bisogna occuparsi del “merito” delle questioni – ecco, forse un minimo di approfondimento sulla proposta D’Alema-Quagliariello dalla stampa uno potrebbe aspettarselo. Gatto Silvestro permettendo, ovviamente (Ma Renzi, se dobbiamo rimanere sui cartoni, non vi sembra un po’ Speedy Gonzales?).

▪ “Nella proposta D’Alema Quagliariello, leggo: “Istituire una commissione paritetica di conciliazione tra Camera e Senato”. Una terza camera?” (@maurizio191060)
Evviva! Uno su mille ce la fa, ad entrare nel merito delle questioni. Tranquillizziamo Maurizio: quella proposta da D’Alema e Quagliariello non è una terza camera ma un organo di compensazione all’americana (conference committee), mista e paritetica, incaricata di trovare un compromesso quando non si riesce a sanare il disaccordo tra Camera e Senato. Molto meglio del disequilibrio che rischia di crearsi tra Camera e Senato nella riforma Boschi. In ogni caso, a quanto pare, ci sono varie procedure possibili per riformare le tanto contestate “navette” da una camera all’altra. Il che ci porta alla domanda successiva.

▪  “Dobbiamo dare delle risposte ai cittadini con leggi più veloci e non come ora che ci vogliono anni per approvare una legge” #Boschi #bastaunsi (@BelpassiJessica)
Si tratta di un tweet che risale a qualche giorno fa ma riassume bene il senso di molte critiche rivolte al fronte del NO riunito ieri a Roma. La promessa renziana di semplificare e velocizzare i tempi legislativi che sarebbe vanificata se vincesse il NO. Beh, ragazzi, questo è davvero un luogo comune falso, falsissimo. Il problema dell’Italia non è velocizzare i tempi legislativi. In questa legislatura si è fatta una legge ogni cinque giorni, e in genere si tratta di norme inutili quando non dannose, scritte male e poco pensate, che spesso la seconda camera (che Renzi trasformerebbe in un oggetto non meglio identificato) si incarica di correggere. Abbiamo una superproduzione di leggi, siamo il paese europeo che ne sforna in assoluto di più, e continuiamo così, mentre  tutti gli esperti dicono che bisogna semplificare, sfoltire, fare poche leggi chiare… La questione insomma è fare meno leggi, e migliori. Punto. Basterebbe considerare la ridicola “legge sul furto del rame” discussa e votata alla Camera qualche giorno fa, tanto per fare un esempio fresco fresco.

▪ Con #RobertoBenigni, genio coraggioso. Se fallisce la riforma non si farà più nulla per anni e anni (@szampa56)
Come sopra, tweet di qualche giorno fa ma attualissimo nella propaganda del Sì. Non si farà più nulla per anni e anni? Se mai è vero il contrario: la proposta di riforma D’Alema-Quagliariello sta proprio lì a dimostrare che il NO è prontissimo a farle, le riforme, e che qualche cambiamento si può fare in questa stessa legislatura. Meglio, presto e bene. La vicepresidente della assemblea nazionale del Pd Sandra Zampa se ne faccia una ragione.

▪ “#Dalema che evoca i poteri forti deve essere uno scherzo. O una botta di Alzheimer. Altrimenti non si spiega” (@tota_mif)
Solito delirio bildenberghiano-trilaterale: l’Italia è vittima di un complotto internazionale. Non l’avremmo neanche preso in considerazione se non ci fosse venuto in mente il mister Amazon chiamato recentemente da Renzi a Palazzo Chigi. E’ solo un esempio: ma l’autore di questo tweet se lo è fatto un giro in Rete per vedere chi sostiene il Sì alla riforma? Se non ha tempo glieli ricordiamo noi: mai visto uno schieramento dei cosiddetti poteri forti come ora (vedi la premessa a questo pezzo). Noi non siamo complottisti, ma qui non si tratta di complotto, si tratta di interessi tutelati (Confindustria, grandi banche d’affari, Marchionne, ecc.) e di interessi non tutelati (quelli degli italiani!).

▪ @MilanoFI sono un elettore di Forza Italia da che esiste e non mi allineo a dirigenti incapaci servi dei 5 Stelle e D’Alema (@kadreg1) 
Viene difficile credere a un elettore di destra che davvero dà retta a Renzi, colui che più di chiunque ha alimentato e fatto crescere i cinque stelle e ha contribuito a frantumare e depotenziare il centrodestra. Ma prendiamolo per buono, e facciamo una semplice domanda: qual è la politica che fa crescere i 5stelle? Non c’è dubbio: quella di Renzi, che ha già consegnato ai grillini persino la capitale, e ha inventato (complice Verdini)  un sistema elettorale che, togliendo il premio di coalizione e sostituendolo con il premio alla lista, impedisce al centrodestra di vincere da oggi a chissà quando. In compenso, tutti i sondaggi ci dicono che il Pd perderebbe nel ballottaggio con i 5stelle. Chi teme i grillini (D’Alema non mi sembra temibile da molto tempo, il potere ce lo ha Renzi, e lo esercita in modo molto più duro e arrogante), e vuole che il centrodestra risorga, dunque, può solo votare no.