D’Alfonso e Del Turco, cosa univa e cosa divide il Pd in Abruzzo
15 Marzo 2013
C’è qualcosa che unisce Luciano D’Alfonso, ex enfant prodige del centrosinistra abruzzese, a Ottaviano Del Turco, ex governatore della Regione. Del Turco fu costretto a dare le dimissioni nel 2008 per colpa di quelle accuse sulla “Sanitopoli” in Abruzzo che oggi sembrano uscire molto ridimensionate dal processo in corso. D’Alfonso fu arrestato, sempre nel 2008, quando era sindaco, con svariate accuse come corruzione, concussione, appropriazione indebita, truffa e peculato.
Sembrava un’altra carriera politica distrutta dalla macchina tritatutto giudiziaria, ma quest’anno è arrivata la sentenza: “i capi di imputazione non sussistono”, i giudici dicono che D’Alfonso quei reati non li ha mai commessi. Questo dovrebbe far riflettere i democratici e i progressisti sul motivo per cui l’altra grande forza politica italiana, il Pdl, non ha mai smesso di difendere l’impianto garantista del nostro sistema costituzionale, reagendo al giustizialismo dilagante. A unire la vecchia e la nuova guardia del Pd in Abruzzo è stato l’essere stati bersaglio di quei titoli scandalistici tanto amati dal Fatto Quotidiano.
Ma vediamo invece cosa divide i due esponenti politici del Pd. Oggi D’Alfonso si confronta con altri colleghi di partito e amministratori marsicani ad Avezzano, per lanciare la “campagna di ascolto” propedeutica alle Primarie per le elezioni regionali che si svolgeranno l’anno prossimo. Fra i temi della tavola rotonda ci sarà naturalmente la questione del modello industriale che D’Alfonso ha in mente per “ridare prospettiva all’Abruzzo”.
Prendiamo la questione dell’industria petrolifera. Il petrolio non è il driver del sistema produttivo abruzzese ma dà lavoro e investimenti li porterebbe, se non fosse che un’intera Regione, amministratori locali, opinion maker, associazioni ambientaliste e cittadini, si stanno battendo contro il progetto “Ombrina Mare”, la piattaforma petrolifera a pochi chilometri dalla costa chietina.
Durante la sua presidenza, Del Turco era favorevole alla progettazione di un centro petrolchimico ad Ortona, a ridosso del Parco Nazionale della Costa Teatina, nonostante la forte opposizione delle popolazioni locali e in particolare dei produttori vitivinicoli, gli stessi ambienti che oggi insistono col dire che l’Abruzzo può crescere puntando sui prodotti tipici più che sull’oro nero. Del Turco invece pensava che il benessere della Regione lo si creasse incassando le royalties dell’ENI.
Sotto la spinta dell’intransigenza grillina e dei rigurgiti di un ecologismo militante poco abituato alla dialettica, sappiamo che chi tocca Ombrina Mare rimane scottato. Così il frontrunner alle Primarie del Pd, D’Alfonso, in campagna elettorale ha detto: “No al centro oli galleggiante, abbiamo diritto all’acqua come ce l’ha data Dio”. Ed è questo a dividere i due pezzi di storia Democrats di questo decennio, il modello di sviluppo industriale per l’Abruzzo, appunto. Ma forse non è una questione di persone quanto di tempi e visioni che cambiano, non è chiaro se in meglio.