Dalla A alla Z, l’alfabeto del 2020
31 Dicembre 2020
A come Affettività – La gioia nei momenti lieti, il calore nelle difficoltà, il sollievo nei frangenti più bui. Va preservata dai riflessi di questa crisi, per impedire che il distanziamento imposto diventi alienazione, che un monitor interposto diventi consuetudine, che il prossimo diventi un pericolo, che il cuore diventi un campo arido vinto dalla siccità.
B come Banchi a rotelle – Assieme ai monopattini, l’emblema dell’insipienza della classe dirigente con la quale ci siamo trovati ad affrontare questa prova. Dal che appare evidente che ci è andata fin troppo bene (e non ci è andata bene affatto).
C come Cina – Il grande untore. Ma non si può dire perché è razzista. Il grande speculatore che grazie alla pandemia veleggia verso il riconoscimento di prima potenza economica mondiale e sta acquistando come in discount i gioielli di famiglia dell’Occidente in crisi. Ma non si può dire perché al governo italiano garba.
D come Dpcm – L’acronimo che ha regolato tempi e modi della nostra vita. E che ha certificato il passaggio dell’Italia da culla del diritto a patria dell’arbitrio: la compressione delle libertà costituzionali attraverso un atto amministrativo di normazione secondaria non s’era vista mai. Ci voleva un Avvocato del Popolo per sperimentare l’ebbrezza.
E come Estate – Il peccato capitale che ci verrà rinfacciato a vita. Una parentesi di respiro e di vitalità economica in un anno di piombo. Per le formiche, il momento di mettere fieno in cascina. Per le cicale, il tempo di godersela senza crucciarsi del dopo. Per tutti, un’infornata di endorfine. E state tranquilli, la seconda ondata non è colpa dell’estate: lo dicono dalle curve e lo sanno anche loro, ma fa comodo sostenere il contrario per non ammettere di non essersi preparati all’autunno.
F come Fede – La grande rimozione di questa pandemia. Ci si aspettava che il confronto con l’ignoto e con la nostra fragilità avrebbe rinverdito il senso del limite e risvegliato il senso del Sacro. Manco a parlarne. Il dogma scientista si è imposto con ancor più virulenza, Cesare ha occupato anche lo spazio di Dio e Dio si è dovuto accontentare di qualche diretta Facebook. Invece di riscoprirlo, abbiamo “scoperto” che se ne può fare a meno. Un’occasione sprecata e un danno che ci vorrà molto tempo per riparare. Sempre che alla Chiesa interessi.
G come Goliardia – Una risata non è bastata per seppellirli, ma certamente ha aiutato a sopportarli. Quando nell’emergenza lo spazio del potere si dilata e i contropoteri (come l’informazione) perlopiù lo assecondano, l’ironia è lo strumento più potente nelle mani dei cittadini. Diciamoci la verità: la migliore opposizione l’ha fatta Osho.
H come Horeca – Sede tradizionale della nostra socialità, luogo di genuina allegria e rifugio del nostro scontento, il settore della ristorazione e della ricettività con il suo indotto rappresenta anche il 30 per cento del nostro Pil e una fonte di sostentamento per molti milioni di italiani. Gli esercenti si sono adeguati fin da subito a regole rigorosissime e restrizioni draconiane, e sono finiti col diventare capro espiatorio dei ritardi nel campo della sanità, della scuola, dei trasporti pubblici… Le attività sono state liquidate come “non essenziali”. Non essenziali per chi?
I come Immuni – In pochi l’hanno scaricata, a troppi non ha funzionato. Un altro grande flop. Anche in questo caso i colpevoli sono stati i cittadini “irresponsabili”, mentre invece la diffidenza (alla quale i fatti hanno dato ragione) avrebbe dovuto suscitare una riflessione sulla distanza che passa tra autorità e autorevolezza. L’autorità può imporre, aspettandosi una propensione più o meno spiccata al sotterfugio a seconda della propria credibilità e della ragionevolezza delle imposizioni. L’autorevolezza persuade e ispira fiducia. La vicenda di Immuni dimostra che gli italiani, rivelatisi seri e disciplinati per tutta la durata della pandemia, non sono stati tuttavia né fiduciosi nell’autorità costituita né da essa persuasi. Qualcuno si chieda perché.
L come Libertà – Un bene consustanziale all’essere umano, la cui limitazione è prerogativa dei pubblici poteri con procedure rigorose e nei casi di estrema necessità. Sulle procedure si è già detto, sulla gradazione delle misure adottate in relazione alle necessità non apriamo un dibattito a Capodanno. Ma è mancata una gravitas che denotasse consapevolezza di ciò che si stava imponendo agli italiani. Male.
M come Mainstream – Informare i cittadini in maniera corretta ed equilibrata in momenti di crisi, perlopiù di fronte ad accadimenti complessi e a fenomeni sconosciuti, non è facile. Ma al sistema mediatico italiano (salvo lodevoli eccezioni) due colpe possono essere imputate. Non aver compiuto lo sforzo di parlare d’altro e di sottrarsi ai dettami del pandemicamente corretto.
N come Nonni – I più fragili di fronte al virus, ma anche i più bisognosi di affetto e socialità perché il loro domani è più breve. Certamente una fascia di popolazione da proteggere e curare con particolare attenzione, ma attenzione alla morte affettiva prematura che è non meno dannosa. Prendiamo le Feste: chiunque abbia il grande dono di un nonno da amare, sa che forte quanto la paura del Covid, e forse di più, c’è stata quella di trascorrere da soli un Natale che a quell’età ogni anno si vive come se potesse essere l’ultimo. Non è un tema banale. Viva i nonni.
O come Ospedali – L’impatto con il Covid ha evidenziato in un sol colpo la qualità umana e professionale del nostro personale sanitario, i problemi atavici del sistema, le profonde differenze territoriali. In molti casi le restrizioni sono state imposte non dall’incidenza del virus ma dall’incapacità di farvi fronte. Per non parlare delle ricadute sui malati di altre patologie, fondamentalmente abbandonati, dei quali nessun bollettino quotidiano tiene pietosamente la contabilità.
P come Politica – Assieme alla religione, l’altra grande assente. Eppure di entrambe ci sarebbe stato un dannato bisogno.
Q come Quarantena – Reminiscenza d’altri tempi entrata a far parte del nostro linguaggio comune. Come ha cantato Checco Zalone nella sua strepitosa “Immunità di gregge”, spegne focolai piccoli (virali) ma può accenderne di grandi (psicologici e non solo). Un male in certi casi necessario, ma che fatica.
R come Regioni – Entrate nel 2020 come gli enti peggio giudicati e meno considerati nel ranking dell’affidabilità, ne sono uscite in maniera trionfale. Sottoposte a un continuo tira e molla di poteri e subordinazioni a seconda delle convenienze del governo nazionale, hanno saputo fare squadra al di là dei colori politici e hanno preso in mano la situazione ogni volta che essa rischiava di precipitare. Hanno gestito le chiusure, governato le riaperture. Chi più e chi meno ovviamente, i pasticci e anche grossi non sono mancati. Ma in media promozione a pieni voti.
S come Smart working – Un espediente utile in caso di necessità, uno strumento da considerare – se governato con equilibrio – per contribuire a combattere lo spopolamento dei borghi. Ma guai a farne un’abitudine, tantomeno un’ovvietà. E’ nefasto per il commercio, per la ristorazione e per l’economia di prossimità. Ed è velenoso per i rapporti sociali. Smart non è bello: è utile se inevitabile, è pericoloso se diventa una scelta. Velo pietoso per quanto riguarda la pubblica amministrazione (fatte salve, come sempre, le lodevoli eccezioni).
T come Task force – Troppe, pletoriche, spesso inutili e talvolta dannose. Il trionfo della tecnocrazia sulla politica, salvo poi scoprire che trattavasi di una foglia di fico per sottrarre alle sedi democraticamente proprie (come il Parlamento) la titolarità delle scelte politiche. Unica attenuante: la politica non ha fatto molto per far sentire la propria mancanza.
U come USA – Le elezioni americane al tempo del virus cinese: un evento planetario le cui implicazioni neanche un romanzo di Tom Clancy avrebbe potuto immaginare. Si dice che a volte la realtà supera la fantasia. Beh, nel 2020 l’ha superata.
V come Virologi – Usciti di colpo dall’anonimato, hanno una grande paura di ritornarci e per loro il lockdown sembra non bastare mai. I virologi veri e propri in realtà sono pochissimi, ma quelli presunti tali hanno occupato il tubo catodico a ogni ora del giorno e della notte come neanche Renzi e la Boschi al tempo del referendum costituzionale. Ogni partito aveva il suo preferito, e il “fantavirologo” ha sostituito persino il “fantacalcio”. Gli scontri rusticani in tv non hanno giovato molto alla causa della scienza, l’inondazione di interviste non ha aiutato i cittadini a farsi un’idea più chiara.
Zavorra – Tutto ciò che del 2020 ci auguriamo di lasciarci presto alle spalle. Senza buttare con l’acqua sporca anche il bambino: di certo la pandemia non ci ha migliorato, ma ci ha fatto capire quanto siamo importanti gli uni per gli altri. Buttata a mare la zavorra, portiamo con noi nel 2021 questo bagaglio prezioso.