Dalla crisi economica a quella di Tremonti: se il Pdl c’è, batta un colpo
01 Agosto 2011
Avendo separato, con la nomina di Alfano a segretario, il partito dal governo, ci si attendeva che il Pdl intervenisse nella crisi che coinvolge il ministro Tremonti e, di conseguenza, lo stesso esecutivo, con energiche proposte. Questo è il compito di un movimento politico soprattutto quando è il soggetto più importante e consistente di una maggioranza. Insomma, mentre tutti intervengono, a qualsiasi titolo, il Pdl sembra starsene alla larga sia dalla polemica contingente che dal contesto segnato da un pericoloso e surreale cupio dissolvi.
E che di dissoluzione si possa e si debba parlare davanti ad un quadro politico così decomposto, non vi è alcun dubbio, dal momento che non c’è più un solo tassello al suo posto, come se una forza brutale avesse mescolato tutte le carte.
Non so, francamente, se e come il governo supererà l’estate. Certo è che il sistema italiano è franato, anche per l’irresponsabilità dell’opposizione la quale al di là di esternazioni demagogiche non è mai riuscita ad andare. Perciò ci si attendeva dal nuovo corso del partito un attivismo fatto di proposte e di idee che contribuissero, nei limiti del possibile, a corroborare l’azione del governo, magari con spirito critico e facendo intravvedere una sia pur pallida luce in fondo al tunnel. Niente. Non una parola. Meglio, tante parole, pronunciate dai soliti noti a difesa dell’indifendibile.
Ma un partito – forse ancora non lo si è capito nel centrodestra – non deve essere un’accolita di pretoriani del governo. Ci sono già i gruppi parlamentari che egregiamente svolgono tale preziosa funzione. Il partito – e qui la domanda, peraltro già posta altre volte, è d’obbligo – vuole essere quel che è stato detto esattamente un mese fa, oppure ritiene di ritagliarsi un ruolo marginale, una sorta di schermo dietro il quale consentire alle diverse anime di agitarsi per conquistare spazi di potere nell’inner circle berlusconiano? Se questo è (ma mi auguro con tutto il cuore che così non sia) vuol dire che si è soltanto perso tempo. Diversamente, in queste bollenti settimane, sembrerebbe che si stia perdendo l’occasione storica di far diventare il Pdl ciò che non è mai stato, vale a dire un partito politico con tutti gli attributi cominciando col mostrare al popolo di centrodestra la propria esistenza in vita nell’unico modo possibile: intervenendo sulle piccole e grandi questioni che tengono in apprensione gli italiani.
Non è irrilevante, tanto per fare un esempio, incidere, anche con durezza, sulla cosiddetta questione morale. Si teme di farsi del male? E sia, se ciò deve valere a ridare smalto ad una forza che aspira a sopravvivere politicamente a chi l’ha voluta. Un tema del genere, oltretutto, non riguarda questa o quella parte politica, ma scaturisce dalle degenerazioni partitocratiche, da tempo immemorabile denunciate, che fanno tutt’uno con la decadenza della democrazia italiana. Un movimento politico ha il dovere di rilanciare la critica all’occupazione partitica dello Stato da cui dipende la corruzione che impoverisce il Paese.
La destra, da questo punto di vista, ha sempre avuto le carte in regola per scannerizzare il potere, radiografarlo e diagnosticarne le contraddizioni. Per quale motivo non riprendere oggi una battaglia del genere nel momento in cui monta la rabbia dei cittadini verso la politica e non si sa come e verso quale direzione incanalarla, correndo perfino il rischio di gettarla nelle braccia di demagoghi e populisti capaci di farne un uso improprio?
Vorremmo che Alfano, piuttosto che affidare a chi ha già altri incarichi il compito di scrivere le "regole" del partito nuovo (tanto per non fare nomi: i vecchi capi corrente di Forza Italia e di Alleanza nazionale, più qualche new entry), si concentrasse, utilizzando magari risorse che erano e restano ai margini del Pdl, su una grande operazione di rinnovamento politico-culturale comprendente appunto anche la questione morale come questione politica. Il ché implicherebbe pure una riflessione a tutto campo sulla riforma dello Stato che, se non ricordo male, era uno dei punti qualificanti del centrodestra qualche tempo fa.
Riconosco che il nuovo segretario si è trovato davanti a mille difficoltà che certo non ignorava all’atto di assumere il gravoso incarico. Ma dopo un mese, non pretendendo una rivoluzione interna, ci saremmo accontentati di una qualche parola sulla crisi che è grave e profonda. Ha caratteri inediti. Ma proprio per questo c’è bisogno che la si affronti come un partito vero deve fare: spingendo il governo con la forza delle idee.
Il Maldestro ha fiducia in Alfano, naturalmente, e queste note, sincere fino alla brutalità, sono dettate da un sentimento di vicinanza che si fonda sulla verità. Non è molto in voga questo modo di proporsi in politica, ma chi scrive viene da una scuola antica che non ha nessuna intenzione di rinnegare.