Dalla lezione francese esce vincente il bipolarismo

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Dalla lezione francese esce vincente il bipolarismo

08 Maggio 2007

Alla fine ne rimase uno solo…

…è questa la lezione delle elezioni presidenziali francesi. Uno solo
perché ne possa rispondere con responsabilità al popolo che l’ha
votato. Nessuna confusione di prospettive e di modelli da realizzare.
Sarkozy e la sua Francia legata ai principi, meno fumosa e illusa, coi
piedi ben radicati per terra. Una Francia che rilancia una visione
d’Europa diversa dal grigio incolore di Prodi, collocata sul
mediterraneo come centro di una civiltà convinta, che dialoga con le
democrazie del mondo con una visione atlantica che privilegia il
rapporto con gli Usa e comunica la sua vicinanza a coloro che si
battono per la liberazione dalla schiavitù e dall’oppressione. Una
Francia che punta sull’uomo senza alimentare confusioni, anche per
chiarire a uomini di mezzo, e absit iniuria verbis  sui riferimenti e
sui giochi di parole sui mezzi uomini nostri, che la discontinuità è
l’impronta di un intuito, di un programma promesso, di uno stile di
guida e di un patto di lealtà con gli elettori. Dalla lezione francese
si può imparare ciò che maliziosamente è sempre stato negato in Italia
e cioè che una politica di destra, per quanto anacronistiche siano le
semplificazioni della politica, può essere progressista e
rivoluzionaria. Questi valori, infatti, sono nell’interesse dei
fruitori della democrazia: servono a rendere più tranquilla e sicura la
vita di tutti. Si è infatti colpevolmente dimenticato negli anni che
sentirsi garantiti e protetti significa poter contare sul Paese che
riconosce la tua nazionalità. E’ la Patria che per essere tale
garantisce libertà, uguaglianza e fratellanza dei suoi cittadini: la
“Libertè, Egalitè e Fraternitè” della rivoluzione francese.

In Francia è rimasto uno solo che chiederà agli elettori delle
politiche del prossimo giugno di rafforzare la sua Presidenza con una
stabile maggioranza parlamentare. Chiederà ai centristi, sedotti dalle
sirene di un disegno uscito sconfitto dalle concluse consultazioni
presidenziali, di operare una scelta. Questi dovranno optare tra
l’essere protagonisti di una salda e certa governabilità, per attuare
il programma promesso di riforme e di rilancio della Francia,
nell’economia come nei rapporti sociali, coi diritti legati ai doveri,
e protagonisti della scelta della sua collocazione in politica estera,
oppure i sostenitori di una opposizione conservatrice, arroccata
attorno alla “Bastiglia” dei miti e delle illusioni.  I centristi
vorranno così essere i sostenitori di una Francia confusa tra
immigrazione e integrazione? Vorranno dar battaglia contro la crescita
ed il rafforzarsi dell’identità nazionale? Vorranno sostenere le
ragioni della sinistra  nel rievocare le stagioni di un ’68 oramai già
troppo lontano che ha disperso i doveri, senza accrescere i diritti
primari? La maggioranza dei deputati dell’Udf, il partito di Bayrou, ha
già detto di no!

In Francia è rimasto uno solo, e non è la leggiadra candidata della
sinistra, benchè favorita dalla dolcezza del suo portamento, dai  modi
di donna sicura e dinamica, dalla sua sagace capacità d’essere
suadente. Ha perso ma non per la difficoltà  di saper parlare al cuore
dei francesi. Ségolène Royal con le sue doti di umanità e spontaneità,
che pure hanno toccato il cuore alla gente, ha cercato di cogliere da
ogni lato della sua area politica, spesso è andata oltre, ha incantato
persino la destra, ha ammaliato il centro e quella parte della Francia
che non ha creduto in Sarkozy o che ha temuto la sua rivoluzione. Ha
ricevuto consensi da quella Francia conservatrice e tradizionalmente di
destra o centrodestra che voleva e sceglieva la continuità
individuandola nel programma spesso fumoso della sinistra. Nessuno più
di lei avrebbe fatto di più!

Segolene ha giocato le sue ultime carte persino sulla preoccupazione,
evocandola, di una Francia sconvolta dalla protesta delle periferie,
richiamando in extremis la preoccupazione per la continuità della
democrazia contro un presunto pericolo reazionario. Ha fatto di tutto
per l’impresa impossibile di rivoltare il cammino del suo popolo verso
l’innovazione sociale, la politica delle cose da fare, del lavoro da
svolgere, dei diritti da rispettare e dei doveri da pretendere, contro
l’illusione dell’integrazione e di una immigrazione senza regole e
controlli. Ha fatto di tutto per far prevalere la sinistra  per fermare
una Francia che gira pagina e si rivolge allo sviluppo.

E’ rimasto un solo uomo ma con una grande prospettiva ed un popolo
dietro di se. E’ iniziata la stagione di una nuova cultura europea che
si muove contro le intolleranze e le illusioni, che abbatte gli
steccati dei luoghi comuni, che introduce una nuova idea di progresso 
in contrapposizione all’idea delle gabbie ideologiche della sinistra.

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