Dalla Sanità alla riforma di Wall Street, chi è davvero Barack Obama?

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Dalla Sanità alla riforma di Wall Street, chi è davvero Barack Obama?

28 Aprile 2010

Solo un  Jimmy Carter nero, un idealista senza capacità di realizzazioni politiche concrete, oppure l’uomo del destino, il grande statista capace di restaurare la leadership americana nel mondo?  Sono passati 15 mesi dall’ascesa alla Casa Bianca del primo presidente afroamericano e  l’America  cerca ancora di capire chi è veramente Barack Hussein Obama.

Esaurita la luna di miele tra l’uomo nuovo, campione dell’"audacia della speranza" e un Paese stanco del doppio mandato di George W. Bush, e varcati senza apprezzabili risultati i primi significativi passaggi della Nuova era, è  venuta a galla la delusione, è cominciato lo smarcamento di ampi settori della società, i giovani, i lavoratori, i liberal e gli ecologisti che ne avevano fatto un autentico fenomeno. E’ circolato anche un elenco (con annesse smentite) di delusi eccellenti dal Nobel per l’economia Paul Krugman, allo scrittore Philip Roth ad alcune stelle di Hollywood e alla fine il Presidente è corso ai ripari, ha cambiato tattica, avendo capito che si stava giocando tutto quello che aveva costruito e il mandato.

Punto di svolta  è stata l’accelerazione sulla riforma sanitaria, voluta con estrema determinazione, nonostante Obama sapesse che la maggioranza degli americani è scettica quando non contraria a quello che pure è un diritto fondamentale  del cittadino e non una merce qualsiasi messa sul mercato in base alla legge della domanda e dell’offerta. Un trionfo a Capitol Hill,un voto storico, Obama accanto a Roosevelt padre del Social Security, l’assistenza estesa per la prima volta a 32 milioni di americani riavviano il circolo virtuoso con il Paese (almeno quella gran parte  che lo ha voluto alla Casa Bianca) ma crea pure qualche divisione nel partito democratico  con alcuni deputati che votano a favore ma poi decidono di lasciare la politica, nel timore di non essere rieletti al voto di mid term e, soprattutto, riattizzano i fuochi della destra populista spuntati contro lo stimulus plan.

Obama è convinto di avere fatto la cosa giusta e di doverla spiegare agli americani perchè alla fine la riforma sanitaria si rivelerà la Waterloo dei repubblicani che continueranno ad accusare il Presidente di essere un socialista ma avranno più di una difficoltà a spiegare alla gente perchè togliere dei diritti appena estesi a larghi settori della società e su questo contare di poter vincere le elezioni di novembre. Anzi, il Presidente pare avere ritrovato il carisma dei tempi migliori e con il consenso della gente che ha ripreso ad andare a cercare ai quattro angoli degli States vuole mettere mano agli altri temi spinosi dell’agenda, a cominciare da quella riforma del sistema finanziario che occorre fare al più presto onde evitare possibili future  devastanti crisi.

C’è il rischio del bagno alle urne di mid term e allora Obama spinge l’agenda di governo e al tempo stesso si impegna personalmente nella campagna elettorale. E’ tornato in Iowa, dove mise a punto la macchina politica che lo ha portato alla Casa Bianca e poi in Missouri e Illinois per convincere la gente a tornare a votare come nel 2008 per battere il desiderio di rinvincita dei repubblicani e far procedere la politica del cambiamento. A Fort Madison e agli altri centri dove la crisi picchia forte con la disoccupazione sopra quota 10 per cento il Presidente ha portato la sua solidarietà e segnali di incoraggiamento per il primi risultati dell’azione del governo, con nuovi posti di lavoro, dopo la ripresa dell’economia.

Altrettanto impegnativo il fronte di Capitol Hill. La partita della riforma del sistema finanziario si è cominciata a giocare al Senato dove il partito repubblicano dispone dei numeri per il filibustering e per due volte, lunedì e martedì, ha dato scacco ai democratici che volevano incardinare il progetto di legge. E questo avviene mentre la sottocommisione guidata dal senatore Carl Levin mette sotto torchio i capi della banca d’affari Goldman Sachs accusata di frode dalla Sec, il controllore della Borsa americana. A complicare ulteriormente il quadro la Goldman Sachs ha finanziato per un milione di dollari la campagna presidenziale di Obama.

Il Grand Old Party sa non di non poter trincerarsi in una opposizione di principio e  dopo avere imposto due fermi al progetto di legge di 1400 pagine ha proposto un documento di 20 pagine come base di discussione per una soluzione bipartisan,anche perché un sondaggio Washington Post-Abc dice che il 65% degli americani vuole un intervento su questa materia. Le posizioni non sono poi così lontane. Il testo dei democratici prevede la creazione di un organismo di protezione del consumatore finanziario in seno alla Fed, la Banca centrale. Propone una più stringente supervisione del diffuso mercato dei prodotti derivati e la fine dei salvataggi dei grandi istituti finanziari a spese dei contribuenti.

Il capo gruppo repubblicano Mitch McConnel dice che il testo democratico è troppo invasivo. I repubblicani sono contrari alla creazione di un fondo di 50 miliardi prepagato dalle banche per far fronte ad eventuali difficoltà. Ritengono che il progetto dei democratici consenta comunque di far pagare alla gente il default degli istituti che deve invece essere accollato a creditori e  azionisti. Obama continua a mettere in cantiere le riforme, a onorare le promesse, dare corpo all’audacia della speranza, a costruire la sua presidenza. Dopo la mutua per tutti (o quasi) tenta di tagliare le unghie alle banche e lo fa interpellando senza tanti complimenti i repubblicani: volete mettervi al fianco dei cittadini per chiedere conto a Wall Street degli otto milioni di posti di lavoro persi in 18 mesi o volete seguire gli ordini dei papaveri della finanza?