Dalle Primavere arabe al Califfato, che fine ha fatto l’islam moderato di Obama

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Dalle Primavere arabe al Califfato, che fine ha fatto l’islam moderato di Obama

Dalle Primavere arabe al Califfato, che fine ha fatto l’islam moderato di Obama

04 Novembre 2016

La teoria del caos, in campo scientifico, postula che, se una farfalla sbatte le ali a Tokyo, a Los Angeles possa scatenarsi un uragano. La teoria del caos, in campo politico, postula che se metti in mano la più grande potenza militare al mondo in mano ad un tizio che vuole promuovere l’Islam nel mondo otterrai, prima o poi, un nuovo Califfato. Questa la tesi di un articolo del Gatestone Institute, che ripercorre la stagione delle Primavere arabe. Il primo tassello è il 2009, quando Obama fa il primo discorso al Mondo Arabo. Sceglie l’Egitto e davanti ad una platea di Sceicchi, senza il Presidente Mubarak, fa una serie di considerazioni. Considerazioni che la Fratellanza Musulmana prende come un via libera da Washington ed innesca la rivolta che destituisce il dittatore Mubarak, sostituendolo con un loro governo.

Quattro anni dopo, un’altra sollevazione popolare riporta un uomo dei militari, Al Sisi, al potere. Ma perché la farfalla ha sbattuto le ali? La politica estera di Obama ha avuto, nel quadro Mediorientale, due punti chiave. Il primo era la “tirannomachia”. Il secondo la promozione del concetto di Islam come religione di pace. I due punti sono collegati dall’idea per cui una democrazia nel mondo arabo sia del tutto possibile perché esiste un islam moderato che chiede solo più libertà, e, con essa abbatterà i tiranni e farà trionfare il Bene e tutti saranno liberi e felici.

Il primo punto, quindi, diventa un irrinunciabile inizio, perché senza libertà politica quella religiosa non ha lo spazio di svilupparsi. Ed una volta sviluppatasi, essendo, ovviamente, l’Islam una Religione di pace, diventerà la benzina per un motore di sviluppo sociale. Questa la teoria. La pratica è stata un po’ diversa. La Fratellanza Musulmana, per dirne una, è il movimento internazionale cui appartiene Erdogan. E, per quanto sia dubbio che sia l’antecedente ideologico del Califfato (che, più che Salafita, è Wahabita) di sicuro non è una riedizione della Democrazia Cristiana. Gli egiziani se ne sono accorti, hanno rovesciato il Governo dei Fratelli e hanno accettato un Al Sisi che ha rimesso la Fratellanza fuori legge con metodi del tutto autoritari.

In sostanza, in Egitto si è tornati alla casella di partenza. Altri paesi non sono stato altrettanto fortunati. Libia e Siria sono i due esempi migliori. Questa è la fondamentale differenza tra le dottrine Bush ed Obama. L’America dei neoconservatori non faceva agire tagliagole incontrollati, fregandosene di tutto e tutti, ma metteva gli scarponi a terra, controllava l’esito dell’operazione e proteggeva, dove e per quanto possibile, le istituzioni create. L’Iraq, nonostante centinaia di migliaia di morti, continua a reagire. La Libia no, è sprofondata. La Siria è un tutti contro tutti che ha ingoiato altrettante vite e aperto una catastrofe umanitaria e migratoria senza precedenti. E la cosa
che lascia l’amaro in bocca è che sia iniziato tutto per mere ragioni ideologiche. Non politiche. Non strategiche. Non economiche. Mera ideologia. Letale, distruttiva e scollegata dalla realtà. E, se dovesse vincere la Clinton, ci aspetterebbe un inquietante secondo tempo.