“Dall’Europa solo lezioncine e ostacoli, ora servono risorse per l’emergenza”
15 Febbraio 2011
Iniziamo col dare qualche numero: dalla metà di gennaio fino a oggi sono sbarcati sulle coste italiane 5.278 cittadini tunisini, fra i quali ci sono 60 donne e 66 minori. Questo basterebbe a chiarire quanto l’Italia si trovi nel bel mezzo di una grave emergenza. Ma il problema è un po’ più articolato. I centri d’accoglienza, non essendo pronti a sostenere quest’enorme flusso di persone, non riusciranno a garantire condizioni di ospitalità decenti agli immigrati e dovranno essere presidiati da un numero sempre maggiore di militari (da domani 200 in più) per ragioni di sicurezza. Come se non bastasse, il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha annunciato che in questa situazione l’allarme terrorismo è da considerarsi altissimo. Dunque, oltre ad un’emergenza di carattere umanitario (nella notte tra sabato e domenica c’è stato un naufragio che ha causato la morte di almeno 5 clandestini, mentre in 17 sono dispersi) e di sicurezza nazionale, lo Stato dovrà affrontare ingenti spese per contenere un problema che non riguarda solo l’Italia, bensì l’Europa intera. E’ per questo che il governo ha intenzione di realizzare un nuovo centro d’accoglienza in Sicilia e ha chiesto all’Unione europea un contributo straordinario iniziale di almeno 100 milioni di euro per cominciare a tappare una prima “falla”. Ma la giornata di ieri, che si è consumata a suon di battibecchi tra il titolare del Viminale e la commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malmstrom, ha fatto venire a galla le negligenze di Bruxelles nel contenimento del problema dell’immigrazione clandestina. Ne abbiamo parlato con il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano.
Sottosegretario Mantovano, perché tanti attriti con Bruxelles?
Fino a adesso, in materia d’immigrazione, dall’Unione europea abbiamo avuto solo problemi. Una serie di direttive totalmente svincolate dalla realtà hanno solo creato maggiori ostacoli nelle espulsioni. In più ci siamo sentiti dare lezioncine da alcuni che si sono sentiti autorizzati a darle solo perché vivono a Bruxelles. Il contributo dell’Unione sarà degno di questo nome solo quando, oltre che ad iniziative politiche significative e non solo declamatorie, si metterà mano al portafoglio.
Per questo la richiesta di un contributo per 100 milioni di euro inoltrata da Maroni.
Certo. Un conto è l’intervento di un singolo Paese dell’Unione e ben altro conto è il peso dell’Unione nel suo insieme. Alcune procedure hanno un costo e queste spese non possono essere affrontate esclusivamente da un Paese membro.
Il ministro degli esteri Frattini, dopo le tappe in Siria e Giordania, è volato a Tunisi per incontrare il premier Ghannouci. Il pericolo che flussi migratori clandestini partano da più paesi nordafricani è alto. E’ possibile stipulare un patto coi paesi del Maghreb simile a quello fatto con la Libia?
Questo è l’obiettivo sul quale si sta lavorando. Venire in Italia dall’Egitto, ad esempio, proprio per una questione geografica, è molto più difficile che farlo dalla Tunisia. Ma non è affatto complicato andare in Libia e di là tentare di arrivare in Italia provando a forzare quella rotta. Questo significa che la collaborazione deve essere tra tutti i paesi dell’area. Se l’Unione europea volesse svegliarsi e dare un contributo a questa politica sarebbe una buona cosa.
Anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha manifestato preoccupazione per la possibilità che partano nuovi flussi anche da altri paesi. Cosa ne pensa?
Penso al paradosso che la preoccupazione solchi le acque dell’Oceano Atlantico e non quelle del Mar Mediterraneo.
Frattini ha invocato un "Piano Marshall" per il mediterraneo per favorire la transizione democratica nei paesi del Nordafrica che hanno rovesciato i loro regimi autoritari, tra Egitto e Tunisia. L’Europa, dunque, dovrebbe contribuire alla stabilità di tutta l’area.
Si, è tutto collegato. Bisogna convincersi che il problema non si risolve attendendo i clandestini a valle, ma creando le condizioni affinché non ci siano altre partenze.
Il governo tunisino però rifiuta l’intervento italiano sul suo territorio. Il pattugliamento italiano in Albania dà buoni esiti. Perché in Tunisia non sembra possibile?
Questo rappresenta certamente un incremento delle difficoltà. Bisogna considerare che l’Unione europea prende tempo e nel frattempo non fa nulla e la magistratura italiana mette in crisi il meccanismo dell’espulsione. In questo contesto il governo tunisino mostra di non intendere che l’Italia non ha alcuna intenzione di violare l’integrità territoriale della Tunisia e la sua sovranità, ma di offrire un contributo temporalmente limitato ed esclusivamente mirato a porre un freno alle partenze. Naturalmente, la miscela di queste problematiche provoca l’arrivo in Italia di migliaia di persone senza alcun freno.
Migliaia di cittadini tunisini arrivati in Italia in pochissimo tempo. I Centri per l’
Il sistema non può certo funzionare oltre certi limiti. In alcuni casi si è già andati ben oltre la capienza prevista. Questo vale certamente per Lampedusa, che ha un centro di primissima accoglienza in cui le persone arrivano e stanno poche ore: giusto il tempo di fare uno screening medico prima di dislocarle altrove. Poi, ad esempio, c’è il C.A.R.A. di Bari che è stato adattato a centro d’accoglienza, ma pur avendo una capienza abbastanza consistente, parliamo di 900 posti, li ha abbondantemente superati.
Per quanto tempo saranno trattenute queste persone?
Immagino che la gran parte di costoro presenterà una domanda di riconoscimento dello status di rifugiati, quindi questo richiederà dei tempi tecnici che non saranno brevi. Forse sarà necessaria qualche settimana per esaminare le domande. Poi, per arrivare alle espulsioni effettive, è necessario poter contare anche sul contributo dell’autorità giudiziaria, che non sempre c’è. Ultimamente, a seguito di un’interpretazione di una recente direttiva comunitaria, secondo me discutibile, il meccanismo delle espulsioni si sta paralizzando a causa di una parte della magistratura.
Il governatore del Piemonte Roberto Cota ha dichiarato che non tutti i clandestini sono da considerarsi rifugiati. Come si stabilirà chi è veramente da considerarsi tale oppure no?
Basta applicare legge. Il sistema prevede l’esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiati da una Commissione territoriale. Le Commissioni che svolgono questa funzione sono in tutto quindici. Se queste riconoscono che esiste una persecuzione ad personam riconosce lo status di rifugiato. Se invece si accerta che vi è una situazione di grave pericolo personale, che però non dipende da una persecuzione diretta a quella singola persona ma determinata da un’epidemia o da una guerra, a questo punto si dà la posizione umanitaria.
Ieri 118 tunisini sono riusciti ad arrivare alla stazione di Bologna, anche se poi sono stati fermati dalla Polizia e ricondotti a Crotone . Quali misure si devono adottare per fronteggiare questi avvenimenti?
Se li si intercetta e c’è disponibilità di posti si mandano nei Cie, altrimenti si notifica l’ordine di espulsione che, naturalmente, trattandosi di un semplice foglio di carta, non ha nessun effetto concreto.