Darfur. La Corte dell’Aja ordina l’arresto di Bashir, ma non per genocidio

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Darfur. La Corte dell’Aja ordina l’arresto di Bashir, ma non per genocidio

04 Marzo 2009

La Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja ha accolto la richiesta di mandato d’arresto nei confronti del presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, per crimini di guerra nel Darfur ma non ha accolto l’accusa di genocidio. E’ quanto ha confermato il portavoce del Tribunale internazionale, Laurence Blairon. La decisione rappresenta una svolta storica senza precedenti nel campo del diritto internazionale. Per la prima volta infatti un presidente in carica viene incriminato per crimini di guerra.

A richiedere l’arresto di Bashir era stato nel luglio scorso il procuratore generale, l’argentino Luis Moreno Ocampo. Nel luglio scorso Moreno Ocampo aveva richiesto l’incriminazione per 10 capitoli diversi (cinque per crimini contro l’umanità, tre per genocidio, due per crimini di guerra) parlando di precise responsabilità nel deliberato massacro dei civili delle tribù fur, masalit e zagawa che abitano il Darfur.

"Il suo alibi – aveva scritto Moreno Ocampo nella sua durissima e circostanziata richiesta di arresto – è combattere la ribellione, il suo intento è il genocidio. Non mi prendo il lusso si supporre: ho prove precise". Secondo le accuse, "il presidente sudanese controlla tutto l’apparato dello Stato e usa questa sua influenza per coprire la verità e proteggere i suoi subordinati e la loro smania di genocidio".

Il portavoce del gruppo ribelle SLA (Sudan Liberation Army) si è detto soddisfatto della decisione: "E’ il primo passo verso la giustizia che stiamo aspettando dal 2003 quando è cominciata la pulizia etnica. Quel giorno lo stesso Bashir ha ammesso: «Non voglio né prigionieri né feriti». Il genocidio è cominciato quel giorno. Quello di Ocampo è il primo passo verso la giustizia. Un atto che può lenire i sentimenti di vendetta che nutre la gente del Darfur".

Si calcola che in Darfur siano state ammazzate 300 mila persone e che due milioni siano stati costretti a scappare dalle loro case. Bashir già mesi fa si è rifiutato di consegnare due sospetti di genocidio: il ministro per gli affari umanitari, Ahmad Harun, e uno dei capi delle feroci milizie filogovernative, i janjaweed, Ali Khashayb.

Questa stessa mattina, durante la discussione alla camera della Corte, alcune decine di manifestanti si erano radunati davanti alla sede della Corte dell’Aja, per chiedere l’arresto per  Bashir. "Giustizia e pace per il Sudan", "Al Bashir ricercato per crimini di guerra" sono alcuni degli striscioni mostrati dai manifestanti.

Ora si temono possibili rappresaglie delle autorità sudanesi nei confronti dei funzionari dell’Onu che lavorano nel Paese: 32 mila persone tra staff internazionale nazionale. La cifra comprende però 25 mila caschi blu, dislocati in Darfur ma soprattutto in Sud Sudan. Gli italiani sono 500, di cui 300 a Khartoum.