“Dave and Nick Show”. Ecco l’accordo che cambia la Gran Bretagna
14 Maggio 2010
“Questa sarà un’amministrazione unita dietro un obiettivo chiave: dare al nostro paese il governo forte, stabile e decisivo di cui abbiamo bisogno”, lo ha assicurato Cameron nel primo giorno di lavoro da prime minister del nuovo governo inglese. Ma alla sua voce farà eco quella di Nick Clegg, numero uno dei Lib-dem, che lo affiancherà in veste di vice. Si tratta di una svolta storica per il Regno Unito: per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ha un governo di coalizione, guidato da un tandem insolito, quello formato dal leader conservatore e da quello che molti hanno considerato l’astro nascente della politica inglese. I tempi di questa sterzata “europeista” sono stati frenetici e solo nelle ultime ore le riserve sono state sciolte.
Il fulcro dell’alleanza è rappresentato dall’accordo in 19 punti che dà la priorità assoluta all’economia: una finanziaria d’emergenza si terrà entro i prossimi 50 giorni per accelerare il taglio del deficit. In linea con il programma dei Conservatori, entro fine anno si tenterà di tagliare circa 6 miliardi di sterline dalla spesa pubblica. Parte di questi fondi, su insistenza dei Lib-dem, verrà utilizzata per la creazione di nuovi posti di lavoro. I due partiti si sono quindi accordati sull’introduzione di una tassa sui profitti delle banche e sulla formazione di una commissione ministeriale che studi la riforma strutturale degli istituti di credito; tra le possibilità, la divisione del loro ramo di investimento da quello commerciale.
Per quanto riguarda la riforma del sistema politico, i Tory hanno concesso ai Lib-dem il referendum sull’introduzione di un sistema più proporzionale di quello attuale, come richiesto dai liberaldemocratici. I due partiti si sono poi impegnati ad una legislatura fissa di cinque anni e da ora in poi per fare cadere un governo sarà necessaria la fiducia del 55% dei parlamentari.
Il programma per la politica estera prevede la creazione di un nuovo Gabinetto di Guerra, nello stile di quello di Winston Churchill, che si occuperà della guerra in Afghanistan, mentre un nuovo Consiglio per la Sicurezza Nazionale gestirà le politiche di sicurezza nazionale. In relazione all’Europa, la Gran Bretagna non adotterà l’euro almeno per i prossimi cinque anni e il nuovo governo indirà un referendum sul trasferimento di altri poteri all’Ue. Il partito di Nick Clegg ha dovuto acconsentire al piano conservatore per l’imposizione di un limite massimo sull’ingresso di immigrati extracomunitari. Nessuna intesa, invece, è stata raggiunta sul fronte del nucleare, al quale i Lib-dem sono contrari. I due partiti hanno raggiunto un’intesa sulla non espansione di alcuni aeroporti, sulla costruzione di una rete ferroviaria ad alta velocità e sull’istituzione di una banca per gli investimenti nel settore ‘verde’. Totale accordo anche sul fronte delle politiche sociali, dagli sconti fiscali alla coppie sposate o unite in matrimonio civile, fino alla salvaguardia del sistema sanitario e al miglioramento di quello scolastico.
Bisognerà, in ogni caso, aspettare la prossima settimana per conoscere in maniera più dettagliata il ventaglio delle misure accordate da Cameron e Clegg. Ma intanto i due hanno già schierato i principali membri della squadra di governo. Il nuovo ministro degli Esteri è William Hague, pupillo di Margaret Thatcher, già euroscettico leader dei Tories tra il 1997 e il 2001 e attualmente numero due del partito. Alle Finanze c’è invece il 38enne George Osborne, stretto amico di Cameron, e fervente sostenitore di una immediata e drastica riduzione del deficit pubblico. Il liberaldemocratico Vince Cable è il nuovo ministro al Commercio, mentre il ministro della Difesa è uno degli esponenti più coloriti e influenti dei Tories, il 69enne Kenneth Clarke, già ministro delle Finanze durante la crisi economica del 1993-97. In un panorama massicciamente maschile, nel nuovo governo figurano solo due donne: Theresa May, ministro dell’Interno e segretario di Stato alle Donne e all’Uguaglianza, e la baronessa Saayeda Warsi, che avrà un ruolo ministeriale minore, ma la cui presenza è significativa trattandosi della prima donna musulmana a entrare in un governo britannico.
Per un columnist del Guardian l’insolita alleanza Lib-Con non sarebbe considerata il male minore (come largamente la si interpreta), anzi, un governo di coalizione con i Liberal-Democratici sarebbe stato da sempre il sogno politico di Cameron. Secondo il quotidiano progressista il sodalizio gli consentirebbe di riuscire nel progetto che Tony Blair non seppe portare a termine: conquistare definitivamente il centro della politica britannica, dove si decide del fato di ogni elezione. Per raggiungere questo obiettivo, il leader conservatore deve tuttavia sfoltire la frangia di destra del partito, operando un restyling dei Tories in senso moderno, verde e liberale: nulla di meglio che sfruttare la presenza rassicurante dei Lib-Dem; e se i tagli alla spesa dovessero far ricordare i tempi del thatcherismo, il manico dell’accetta porterà anche le impronte dei liberal-democratici. Se la strategia dovesse funzionare, il guadagno potrebbe essere enorme: escludere il Labour dal centro. Poi, quando arriverà il momento di affrontare le urne, Cameron potrà presentarsi come la scelta liberale e ragionevole. All’orizzonte, si profilerebbe l’egemonia elettorale.
Se il neo governo si insedia tra congratulazioni e scetticismi, tra chi inneggia all’inizio di una nuova era e chi già vede all’orizzonte la fine di questa honeymoon, tra chi conia a pioggia neologismi per descrivere l’alleanza appena nata (da “Libservatives” a “Torycrats”, da “Conrats” e “Liberatives”, senza dimenticare “Dave and Nick Show”, il titolo con cui la Bbc ha definito la prima conferenza stampa tenuta dai due leader), i Laburisti pensano alla successione di Gordon Brown. Primo a proporsi l’ex ministro degli esteri David Miliband: “Mi candido alla leadership perché è mia intenzione ricostruire questo partito come il partito delle riforme sociali ed economiche del paese. Lo farò con grande umiltà, ma anche con una vera passione per i valori e i principi che mi hanno portato al Partito laburista 27 anni fa”. Miliband, 45 anni, è da molti considerato un astro della politica britannica nonché il favorito nella corsa alla poltrona occupata finoa qualche giorno fa da Gordon Brown. Elegante e di bell’aspetto, poco più che trentenne, è stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair durante il suo primo mandato alla fine degli anni ’90. Intanto, però, si attendono altri nomi e il toto-candidati si fa appassionante.