David Bowie, un artista scomodo per la sinistra

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David Bowie, un artista scomodo per la sinistra

11 Gennaio 2016

Un cancro si è portato via David Bowie, il “Duca bianco”, “Ziggy Stardust”, al secolo David Robert Jones. Aveva 69 anni. L’artista e musicista inglese si è spento “pacificamente” circondato “dai suoi familiari”, scrive l’Hollywood Reporter, che ricorda la battaglia di Bowie contro la malattia, durata 16 lunghi mesi.

 

Bowie ruppe gli schemi ottenendo un enorme successo negli anni Settanta. Album come “Space Oddity”, “Fame”, “Lets Dance”, usciti nel ‘decennio terribile’, sono pezzi di storia nella musica contemporanea, ma Bowie ha conservato la sua una notorietà tra alti e bassi fino ai giorni nostri. Ogni nuovo album di Bowie aveva la capacità di sorprendere chi lo ascoltava, influenzando la scena musicale, com’è accaduto ad esempio con il movimento rock progressive o l’elettronica, si pensi ad artisti come i Kraftwerk o Brian Eno, o alla fase drum and bass degli anni Novanta. 

 

Nella sua vita privata, Bowie è sempre stato un uomo trasgressivo, androgino e principe del travestitismo, bisessuale dichiarato, insomma, apparentemente un liberal progressista radicale. Canzoni come “Changes” possono essere tranquillamente usate in campagne politiche democrats, se non fosse che, insieme a Bryan Ferry o ad altri artisti come Clapton, Bowie è finito spesso e volentieri mirino della stampa ultraliberal, che non gli perdonava le prese di posizione simpatetiche con i Tory inglesi o il suo essere un “brit” irriducibile.

 

Si prenda la questione dell’ateismo di Bowie, avido lettore di Nietzche: “I’m not quite an atheist and it worries me,” disse una volta. “There’s that little bit that holds on: Well, I’m almost an atheist. Give me a couple of months”. Un uomo capace di esplorare la dimensione della spiritualità, insomma, come dimostrano canzone tipo "Loving the Alien" (1984) o  questi versi di “Seven”: “The gods forgot that they made me/So I forget them, too/I dance among their shadows/I play among their graves”.

 

“Heroes”, ha scritto oggi la National Review citando un altro dei successi di Bowie, è una canzone che va messa in un elenco della discografia conservatrice. Una canzone d’amore nell’epoca della Guerra Fredda, tra un uomo e una donna divisi dal Muro di Berlino. “I can remember / Standing / By the wall / And the guns / Shot above our heads / And we kissed / As though nothing could fall / And the shame / Was on the other side / Oh we can beat them / For ever and ever”. Nessuna equivalenza morale.